Immaginate di essere sulla cima di un iceberg: impossibile vederne la base, per la gran parte l'acqua nasconde al nostro occhio le sue dimensioni, l'entità della sua portata, la maestosità delle sue forme.
Per scoprirne le contaminazioni bisogna essere tecnici esperti, possedere le attrezzature, scavare in profondità, avere i mezzi necessari.
La corrente lentamente spinge l'iceberg alla deriva con un movimento lento, impercettibile ma continuo, e tu, che osservi dall'alto, ti lasci trasportare sentendoti impotente e senza la possibilità di arrestare quel moto perpetuo.
La metafora utilizzata vuole rendere l'idea della complessità delle molteplici relazioni che si instaurano intorno al mondo scuola. Relazioni che non sono mai quelle che sembrano e, sicuramente, non sono più quelle di una volta, dove, ad esempio, il docente godeva di fiducia piena e, insieme alla famiglia, faceva parte degli adulti educanti che ruotavano intorno al minore. Ma non sono più nemmeno quelle dove la famiglia delegava alla scuola l'insegnamento. Non sono più quelle dove il discente pendeva dalle labbra del docente. Non sono più quelle dove "rispetto" era una parola di senso. Non sono più... e ci siamo già persi nella complessità, nel labirinto dal quale, con un filo di Arianna tra realtà e immaginazione, proveremo, in questo spazio, a percorrere insieme la strada per vedere una possibile "luce". Una luce che provi a gettare uno sguardo diverso, a partire dalle riflessioni e dai punti di vista che guidano il nostro centro che si caratterizza proprio per il costante rapporto che instaura con le scuole e gli insegnanti dei suoi pazienti/clienti, scuole e insegnanti che sono parte integrante del nostro modello di intervento.
Appare chiaro che, se il tuo sguardo va oltre ciò che appare, non puoi fare a meno di accorgerti delle molteplici complessità che si palesano all'interno della classe. Gestire la classe oggi significa contemporaneamente essere in classe (cosa non così scontata come potrebbe apparire; troppo spesso per molti insegnanti essere in classe non corrisponde all'essere in classe) e, soprattutto, interagire con un gruppo classe e con le singole individualità che lo compongono.
Certo, in letteratura possiamo leggere cose meravigliose, come: gestire la classe non è mantenere la disciplina, non è la capacità dell'insegnante di esercitare il potere sugli alunni costringendoli a rispettare l'ordine e le regole, non è solo motivare i ragazzi.... Ma, al di là di queste belle e pure importanti intenzioni, vorremmo qui, in questo spazio, stimolare il lettore a riflessioni che dischiudano sul mondo della scuola possibili orizzonti capaci di unire ad ogni sana teoria a un altrettanto sana e pragmatica concretezza .
I punti di vista sono e saranno molti, perché molte sono le persone che abitano la scuola, ne occupano gli ambienti e ne condizionano il modo di viverla.
Maddalena Cervo