Amo le regole, i punti, le linee. Amo i contorni netti, le parole chiare, i sentimenti definiti.
Amo ciò che è bianco e ciò che è nero.
Mi piacciono le persone che rispettano i canoni, che non esagerano. Che pur nella loro passionale fantasia, mantengono una forma.
Credo sia molto più difficile sapersi arginare nella bellezza, che debordare nell’eccesso e con risultati sicuramente migliori.
Amo, se c’è un piano, se mi è richiesto un percorso, di seguirlo mantenendo fede alle promesse aggiungendo il più possibile di me e della mia arte, nella fedeltà del processo.
Così non siamo tutti.
Questo attuale è il mondo in cui tutto è concesso, dove il bianco deve essere nero/grigio/ross/blu/marrone/neutro e viceversa, il sotto, sopra. Dove chi sa non passa e chi non sa viene osannato. Dove il buono viene tacciato di inettitudine e l’assassino premiato da 300 like. (qui un bel post di Romolo su quei folli 300 like)
Tutto è concesso; anche ad una tra le opere più brutte della storia architettonica italiana, l’ecomostro di Alinuri, di vedere la sua nascita nel 1964 e crescita, senza che, almeno per i primi tempi, nessuno ne abbia messo veto.
Un mondo di regole e chiarezza, lo avrebbe vietato da subito. Noi, abbiamo dovuto aspettare 50 anni e battaglie legali e burocratiche per vedere questo ( vedi video qui)
Certo mi viene da sorridere quando leggo la motivazione di un concorso di poesia di Sonetti, ove il vincitore “nell’alludere alla forma tradizionale del sonetto, anzi, nel rispetto apparente delle regole, ne sgretola la struttura eludendo dapprima la rima perfetta e progressivamente il rispetto metro sintassi fino a superare nel finale la misura stessa del verso.”
Che sarebbe a dire: vince il premio di Sonetti, una poesia che non è un sonetto.
E mi convinco che questo sia davvero un mondo in cui tutto è concesso e io sono solo un’antica sognatrice di buone maniere.
Chiara