Nel nome dei patres

Creato il 03 ottobre 2013 da Pasquale Allegro
In scena il nuovo spettacolo di Scenari Visibili


di Pasquale Allegro

 
Per la decima edizione di Ricrii, la rassegna teatrale della compagnia teatrale Scenari Visibili, è andato in scena “Patres”, il nuovo spettacolo di e con Dario Natale e Gianluca Vetromilo. Raccogliendo il testimone del testo Onora il Padredel drammaturgo Saverio Tavano, la piece vede la collaborazione artistica dello stesso Tavano e quella tecnica del sempre accanto Pasquale Truzzolillo.
Nell’epoca del tramonto del padre, per cui non c’è sgomento più grande che crescere senza punti fermi da cui partire e a cui approdare, s’apre il sipario su un novello Telemaco, cieco dalla nascita, intento a guardare il mare (“metto le mani avanti e lo sento”), nell’attesa che quel padre ritorni, che qualcosa che rassomigli a un padre faccia ritorno. Dario Natale, irsuto in volto come da navigato pescatore, è quell’Ulisse dapprima premuroso ma poi in fuga da tutto, da sempre, per una smania di ricerca o per una fuga da troppe responsabilità.Il testo, trascritto in vernacolo, e puntellato anche dei racconti di un padre visivamente acciaccato dal dovere di crescere ed educare un figlio, si svolge poetico e a tratti sprezzante, divertito nei suo accenni alla leggerezza di un vivere al di fuori della realtà, in un rapporto tra padre e figlio che si fonda sulla narrazione di quel mondo: “A me piace quando mi racconti delle storie...”, è la ricorrente preghiera del giovane affascinato dalle gesta degli eroi dei mari, in una candida interpretazione di Gianluca Vetromilo, il quale riesce a condensare la tenerezza ingenua di una tabula rasa di sensazioni con le physique du roledi un ragazzone avido di esperienze.Ricalcando quello che ormai è uno stile incarnato dalla compagnia, nell’assenza di una costruzione visuale artificiosa, nella tipica ricerca di essenzialità del lavoro sulla presenza scenica - cosicché dai soli movimenti scaturiscono improvvisi messaggi e drammaturgie - in un unico atto si stempera un ritmo alto, ma con il consueto tono dimesso.Certo, trattare temi come quello della piaga dell’abbandono, della perdita del ruolo atavico e autorevole di pater, può far correre il rischio di trattenere un messaggio al di qua degli steccati artistici, di ricercare l’adesione immediata del pubblico, lo scroscio degli applausi; di promuovere insomma un’operazione di retorica e moralismo. E invece nello spettacolo vengono messi a fuoco dei profili così fuggevoli dagli stilemi della semplice critica al costume, da ospitare in scena la poetica di una favola amara: un principino di un regno tutto suo, che cresce nell’ambito di un nodo alla caviglia, lo stesso spazio i cui confini invece l’immaginazione del suo sguardo interiore non conosce:“Quando mi racconti le storie, io ci vedo”.E così Patres c’invita forse a dare un futuro ad ogni Telemaco, acolmare l’assenza; si rivolge a noi che non sappiamo più essere padri, noi che siamo sì estranei alle arti della scena, ma siamo pur sempre spettatori e pertanto tenuti a chiudere il cerchio, perché “gira e rigira qua si torna” dice Telemaco, davanti al mare che non si riposa mai.
(da L'Ora della Calabria, 03/10/2013)
foto di Pasquale Cimino

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