Fra le cento specie più infestanti del mondo, secondo un elenco tenuto dalla IUCN, c’è il gambero della Louisiana (Prokambarus Clarkii). Questo animaletto, allevato anche in Italia per le sue carni deliziose, ha finito per disperdersi nell’ambiente colonizzando i corsi d’acqua e facendo fuori la maggior parte dei gamberi d’acqua nostrani. Piccola catastrofe ecologica che dovrebbe insegnarci quanto sono pericolosi i gamberi. Perché vanno all’indietro. E il gambero dovrebbe essere l’animale eponimo di questo paese, un modello Ikea montato evidentemente con la testa alla rovescia (e i genitali al posto del cervello) che guarda dietro e si sforza di arretrare, finendo per capitombolare ogni tre passi. Sui giornali si parla del ’43 o del ’68 come se fossero fatti successi oggi. Alla TV ci sono solo repliche in bianco e nero. Disponiamo di un governo che si sforza di andare indietro ai bei tempi degli anni Ottanta, quando si rubavano fiumi di soldi e tutti affettavano una felicità quasi ideologica. Una destra clericofascista che si sforza di andare indietro ai tempi della famiglia naturale, della sposa in bianco e del maschio forte. Dei bordelli, delle caserme, di ognuno al suo posto. La Fiat che vorrebbe tornare indietro ai tempi dei cappelli a cilindro, dei sigari e dei padroni delle ferriere. Gli scalmanati della Lega che vorrebbero arretrare addirittura a una mitica antichità celtica, che cerca di coniugare la clava con i SUV (riuscendoci anche, con giubilo dei tifosi dell’Atalanta e dei fini notisti politici del Corriere della Serva). In tutto questo percorso involutivo è inutile sbracciarsi per sottolineare come questi mitici obiettivi del passato, l’Italia da bere degli anni Ottanta, l’Impero Fascista, i bei vecchi tempi, la civiltà celtica, sono tutte invenzioni del presente e che comunque il tempo e le caratteristiche del nostro tempo ci spingono a calci in culo verso un inevitabile futuro.
Il paese è infestato dalla gamberite. Ora cosa posso pensare quando Bersani si affaccia sulle pagine di Repubblica e annuncia che vuole un nuovo Ulivo? Ma sì, torniamo ai bei vecchi tempi del governo Prodi, quando tutti eravamo felici e il cielo era più blu. Peccato che quei tempi io non me li ricordi. E non mi ricordo un’altra cosa negli ultimi vent’anni. Un leader politico che abbia saputo parlare a me e agli altri del futuro.