[Japan] Lui non è neanche trentenne, ha già un matrimonio fallito alle spalle e lavora in un'agenzia pubblicitaria che bene o male si è fatta strada nel mercato di Tokyo, nonostante il suo socio sia un alcolizzato. Lei, a parte le orecchie bellissime, è una ragazza come tante: sbarca il lunario con lavoro noiosi di giorno e di notte tra le braccia di sconosciuti. Insieme, vanno alla ricerca di una pecora anomala, con una macchia a forma di stella sul dorso; non sanno neanche loro perché, sanno solo che non farlo costerà loro molto caro. Nel segno della pecora (1982, tit. or. 羊をめぐる冒険, Hitsuji wo meguru bōken) di Murakami Haruki è un romanzo tutto sommato tradizionale, è un viaggio di ricerca (sia pure di una creatura insolita), ma si distingue perché reca tutti i tratti dell'autore maturo, del narratore capace di strapparci fuori dalla nostra città e perfino dalla poltrona alla quale rimaniamo incollati per leggerlo.
Sorprende e seduce, il mistero che aleggia tra le 300 e più pagine di questo vecchio romanzo del maestro giapponese. Si tratta, è vero, di un romanzo di consumo, che difficilmente lascerà più di qualche impressione nell'immaginario dello spettatore, ma la sua suggestione sta proprio nell'arte di allontanarci dalla quotidianità, facendo ricorso a figure e scenari tinti di realismo. Il fiabesco - di cui si parla sulla quarta di copertina - è una categoria che possiamo forse ricollegare al ricordo della lettura, più che alla lettura stessa: capita, cioè, come in un sogno, che tutto ciò che noi vediamo ci sembra plausibile, ma via via che lascia le sue impronte, tale cammino - pur non perdendo mai di verosimiglianza - ci sembra magico.
È ovvio che il realismo finisce dove noi decidiamo che le azioni non abbiano più un corrispettivo nella realtà; ed è inutile la guerra di trincea su ciò che sarebbe accettabile. Murakami si inserisce proprio in questa barricata scavata con fatica dalla ragione per riconoscere il mondo in cui opera. Il protagonista di Nel segno della pecora è un giovane senza più aspettative, ma proprio per questo nella sua mente desertificata c'è spazio per una missione assurda e impossibile come quella che deve affrontare. L'apertura al mondo è, in questo caso, un azzeramento delle speranze, la ragione non avanza più pretese di ogni sorta e si sofferma solo sui problemi minuti, sui piccoli passi, sui dettagli, sui dati che servono all'occorrenza.
A dirla tutta, Nel segno della pecora di Murakami Haruki non è un romanzo dalle prospettive ampie, mi sembra: tutto sommato rimane entro un solco comunque di letteratura di genere, quel genere che partendo da situazioni normali prende il volo verso una dimensione fantastica parallela. Tuttavia, tale "realismo magico" è, a sua volta, frutto di un linguaggio maturato entro una pluralità di discorsi, primo fra tutti quello musicale. Ma ciò che mi seduce di più nelle opere di Murakami è proprio l'emergere della vita quotidiana, questo parlare del protagonista di e con sé stesso in toni scabri, estremamente confidenziali, e nello stesso tempo asciutti, impersonali e, al contempo, molto "virili". Questa è la cifra della scrittura di Murakami che riecheggia in me in ogni romanzo e la ragione per cui continuerò a leggerlo.