Ma, poco fa, ho assistito a una scena che mi ha colpito. All’incrocio tra due vie, ferma sul marciapiede, c’era una giovane donna. Indossava un cappotto chiaro e sulla spalla portava una borsa piena di libri. Nella sua mano teneva quella di un uomo, il quale le rivolgeva la parola facendo nuvolette con il respiro. Il loro sguardo puntava di tanto in tanto all’altro capo della strada dove, di fronte all’ingresso di un liceo, stazionava una piccola folla. Mi sono ricordato allora che, quella mattina, doveva svolgersi un concorso e la donna era probabilmente tra i candidati. Non udivo distintamente ciò che i due si dicevano, però mi sembrava che l’uomo la rincuorasse, con il desiderio di rendere più sopportabile l’attesa. Cingeva affettuosamente i suoi fianchi e lei si affidava al contatto, volgendogli speranzosa il capo. Ad un certo momento la giovane donna ha posato la borsa in terra e, sfoggiando un sorriso dolcissimo, si è messa ad annodargli la sciarpa che aveva intorno al collo. Un gesto semplice che ha inondato la via come un fascio di luce. Quello scambio delicato di attenzioni lasciava percepire un sentimento di condivisione intima e piena che nessun discorso amoroso avrebbe potuto esprimere meglio. Di fronte all'angoscia che minacciava di irrompere nel loro mondo, essi stavano custoditi e protetti, invulnerabili, nell’argentea corazza della fiducia.
(Dicembre 2011; la frase conclusiva è ripresa da Martin Buber. Fotografia scattata da L.)