Magazine Famiglia

Nell’era moderna assenti i modelli di vita

Da Agueci

Sminuiti i ruoli delle figure educative

Tutti nell’era moderna siamo stati a scuola e tutti abbiamo avuto o abbiamo una famiglia dalla quale attingere esempi, insegnamenti, modelli di vita, consigli per impostare l’esistenza nel modo migliore. Eppure tutti notiamo la grande differenza che c’è tra i giovani d’oggi e quelli di una volta. Ma dove sta la diversità? Io non voglio esaminare le differenze tout court ma mi voglio soffermare su un aspetto che per me è importante, soprattutto oggi: i giovani non hanno dei punti di riferimento, sono privi di modelli di vita, sia di persone e sia di esperienze. Abbiamo una società in negativo, anche se di cose positive, a ben vedere, ce ne sono parecchie.

Fino a un po’ di anni fa tutti ci ricordavamo di un maestro, di un insegnante, di un genitore, di un nonno e volevamo somigliare a lui perché ci aveva colpiti, in un modo o in un altro, personalmente, anche senza aver fatto nulla di straordinario ma forse perché la sua opera, come diceva Plutarco, non era consistita nel riempire un sacco, ma nell’aver acceso una fiamma, da essere da noi individuato come modello per la nostra vita futura.

Se analizziamo la famiglia di oggi, troviamo una grande differenza nei genitori: lavorano fuori casa, non hanno il tempo per dialogare, giocare con i figli e, per sopperire alla loro mancanza, li accontentano economicamente e danno loro gli strumenti per quietarli: la tv e internet. Eppure, scriveva Winston Churchill: «È più facile governare una nazione, che educare tre bambini». Il risultato è che i figli non vedono nei genitori dei modelli da imitare e li sostituiscono con altri esempi che incontrano online, anche se i bambini – scriveva un anonimo – sono formidabili imitatori: si comportano come i genitori, nonostante tutti gli sforzi per insegnare loro le buone maniere. I preadolescenti e gli adolescenti, così facendo, non sentono il bisogno d’imparare. Loro conoscono tutto, almeno dicono, perché l’hanno appreso dai mezzi di massificazione e dai loro coetanei, hanno tutto, fanno le prime esperienze, anche sessuali, in tenera età. Così la famiglia che una volta era, per il settanta per cento, il mezzo educativo, oggi la percentuale del suo ruolo è scesa al sei per cento.

Non migliore sorte ha avuto la scuola. Spesso si sente dire, anche dai genitori degli alunni: Che cosa fanno a scuola? Perché gli insegnanti non li educano? Non è che gli insegnanti non fanno il loro lavoro, almeno la maggior parte di essi, ma l’errore, anche da parte della famiglia, sta nel non sentirsi co-educatori dei figli e molto spesso delegano questo ruolo esclusivamente agli insegnanti. La conseguenza è che, quando tornano a casa, i ragazzi non sono supportati dai genitori: gli insegnamenti trasmessi loro in ambito scolastico non trovano terreno fertile, quindi interlocutori nei genitori. Nelle famiglie i cui genitori sono separati o divorziati si delega l’uno all’altro il ruolo di seguirli a scuola e nelle attività educative, scrollandosi di dosso la responsabilità, con risultati sotto gli occhi di tutti. Spesso capita anche che per difendere semplicemente i loro figli, senza rendersi conto del loro comportamento, attaccano gli insegnanti, sminuendo la loro figura e ruolo, mettendoli spesso alla berlina.

Anche la Chiesa ha avuto la sua responsabilità. Venendo a mancare gli oratori, luogo d’incontro umano, sociale e spirituale, aperto ai ragazzi di tutte le età, son venuti meno quegli elementi morali che erano alla base di una formazione sana. Alcuni esempi negativi al suo interno hanno contribuito a snaturare il ruolo di agenzia fondamentale della società. Eppure essa ha una formidabile tradizione pedagogica con innumerevoli esempi e testimonianze: S. Filippo Neri, S. Giovanni Bosco, don Lorenzo Milani…

Un’altra considerazione va fatta. Oggi i ragazzi sono privi di soluzioni alternative. La scuola è divenuta obbligatoria per tutti fino al diciottesimo anno d’età. La conseguenza è che vanno a scuola non perché sentono l’interesse di apprendere ma perché sono obbligati dalla società. Così, privi del desiderio di conoscere, diventano passivi, distratti, svogliati e, peggio, trovano alibi per il bullismo e per altri comportamenti negativi. La “complicità” tra scolaro e insegnante viene a mancare da ambedue le parti, con conseguente aggravio per la società, per le famiglie e per l’alunno: bocciature su bocciature, costi per il recupero e prolungamento degli anni di scuola che potrebbero essere utili sia per l’attività lavorativa e sia per l’aiuto che il figlio potrebbe dare in famiglia.

A tutto questo è da aggiungere che il ragazzo, nell’epoca moderna, venendo meno due orientamenti fondamentali di una volta, quali l’apprendistato e il servizio militare, non ha più punti di riferimento per sperimentare i valori dell’ubbidienza, del rigore, del sacrificio. Con ciò è venuto meno anche il valore dell’autorità, sia nella scuola, sia in famiglia che nella chiesa e nella società. Lo Stato stesso non è da esempio ai cittadini; c’è una dicotomia tra comportamento di esso e quello dei soggetti che lo compongono ai quali si chiede tutto e subito, cosa che non avviene al contrario.

Si è passati dalla rigidità educativa a un mero lassismo. Da metodi troppo rigorosi a un permissivismo assoluto. La società non ha saputo mediare. Gli adulti sono stati poco testimoni e non hanno dimostrato, in diversi campi, dal sociale, al politico, al religioso, al morale, di essere credibili.

Si sente oggi l’esigenza prepotente di coniugare i tre verbi: educare, istruire e formare. Bisogna ripristinare il valore profondo di questi termini e dare a essi quel significato che hanno avuto per secoli, se si vuole preparare l’uomo maturo del domani. Il percorso formativo delle tre agenzie primarie della società, scuola, famiglia e chiesa, è che devono ritornare a parlarsi e a collaborare. Sembra che ciò, sulla carta, sia avvenuto con l’istituzione degli organi collegiali, soprattutto con i Consigli d’Istituto e di classe ma si sono rivelati un fallimento. Come anche con l’autonomia della scuola che si è aperta al territorio, sembrava che, coinvolgendo più istituzioni, questi si sarebbero parlati e avrebbero trovato soluzioni alternative. Invece abbiamo assistito a un egoismo istituzionale, senza comprendere che la scuola e la formazione dei soggetti sono a fondamento di una società. A Confucio, chi gli chiedeva da dove avesse iniziato a rimodernare la Cina, questi rispondeva categoricamente: dalla scuola.

O si recuperano i ruoli di ognuno o, così facendo, andremo sempre più verso la deriva pedagogica e sociale e assisteremo al tracollo di tutti i valori in essa contenuti che sono stati costruiti nei secoli. I giovani, la società, hanno bisogno oggi, più che mai, di punti di riferimento e di trovare senso del vivere per scoprire il loro ruolo e ritornare a innamorarsi delle cose per riavere una risposta esauriente al bisogno di felicità. Bisogna immettere in loro il desiderio della scoperta perché la loro vita sia una continua rivelazione del bene, del sapere, dell’amore che deve unire tutti i popoli in un afflato comune.

Riprendiamo, partendo dal nostro microcosmo, a essere operativi e a svolgere quella missione che a ciascuno di noi compete, memori che, come scriveva August  Gillé: «Se tu entri in classe come si va in vacanza; se il tuo cuore batte più forte vedendo i tuoi allievi; (…) se la tua opera ti sembra incompleta; (…) se le inevitabili difficoltà ti trovano sorridente; (…) se ogni giorno che passa ti trova migliore; se tu sai istruire ma meglio ancora educare; se sapendo tante cose tu non ti credi sapiente; (…) se al posto di sempre insegnare tu sai ascoltare; se al posto di interrogare tu sai soprattutto rispondere; se tu sai essere fanciullo pur restando maestro; se tu sai essere maestro senza sentirti maestro; (…) se la tua vita è lezione e le tue parole silenzio; (…) e se i tuoi allievi vogliono somigliarti, allora, allora tu sei maestro!».

SALVATORE AGUECI


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :