Ataollah Rezvani, 52 anni, in compagnia della sua famiglia prima di essere ucciso
Una storia incredibile arriva dall’Iran: pochi giorni fa, infatti, un giudice iraniano di Bandar Abbas ha sentenziato che la morte di Ataollah Rezvani – noto esponente della Comunità Baha’i – doveva essere classificata come “suicidio”. La decisione della Corte, come suddetto, è stata davvero surreale: ciò, non soltanto per le numerose prove portate dalla famiglia in merito all’inconsistenza dell’ipotesi del suicidio, ma soprattutto perchè Atollah Rezvani, 52 anni, è stato trovato morto il 24 agosto scorso nella sua macchina con una pallottola conficcata nella parte posteriore della nuca.
Nonostante l’impraticabilità fisica del suicidio, la Corte non ha voluto ascoltare la famiglia e soprattutto non ha voluto neanche cercare un cittadino di origine afghana che da tempo lavorava per la famiglia Rezvani. Di quest’uomo, infatti, non ci sarebbero tracce di questuomo proprio dalla data della morte di Atollah Rezvani, aspetto che difficilmente può essere considerato una coincidenza.
C’è di peggio: nell’omocidio Rezvani protrebbero essere coinvolti gli stessi esponenti dell’intelligence e gli esponenti della del clero di Bandar Abbas. Atollah Rezvani, in quanto membro della Comunità Baha’i, è stato da sempre soggetto di persecuzioni all’interno della Repubblica Islamica: da studente è stato espulso dalla facoltà di Scienza e Tecnologia, mentre da businessman è stato oggetto di boicottaggi da parte delle autorità locali. Rezvani, infatti, era diventato un importante venditore di pompe per l’acqua. Visto il suo successo, però, l’intelligence iraniana si era adoperata affinchè l’Autorità per l’Acqua di Bandar Abbas rompesse tutti i rapporti commerciali con la compagnia di Atollah Rezvani. Altri clienti di Rezvani, invece, sono stati fermati, interrogati ed intimiditi dalle forze di sicurezza. Insomma, una vera e propria campagna di odio verso l’esponente Baha’i. Nelle ultime settimane, denunciano gli esponenti Baha’i di Bandar Abbas, anche l’Imam locale si era reso protagonista di accesi sermoni contro i Baha’i, invitando i fedeli ad agire contro gli “apostati”.
Purtroppo la Comunità Baha’i è da sempre perseguitata all’interno della Repubblica Islamica: considerati come infedeli, i Baha’i sono soggetti ad arresti indiscriminati e umiliazioni pubbliche: solo pochi mesi fa, lo stesso Ayatollah Kahmenei ha emesso una serie di fatwe (editti religiosi), tra cui una che ordinava al popolo iraniano di non avere contatti con i Baha’i.
A dispetto delle belle parole, quindi, nell’Iran di Hassan Rohani si continua a morire per il proprio credo religioso. Una nuova conferma del fatto che non esiste nessuna nuova era della moderazione nella Repubblica Islamica e che le aperture a cui stiamo assistendo in questo periodo, sono solo un vile tentativo di rafforzare il regime con la benedizione della Comunità Internazionale.