Nella testa di un Black-Bloc (una specie di lettera)
Creato il 25 ottobre 2011 da Ilgrandemarziano
Che cosa ti mulina nel cervello quando ti armi di mazze e bastoni e te ne vai in giro mascherato a spaccare tutto quello che ti capita a tiro, come una specie di supereroe al contrario? A più di qualcuno - puoi scommetterci - verrà voglia di rispondere: «Niente! È proprio questo il punto». Eppure io non ne sono convinto, e anche tu sai che liquidare la faccenda in questo modo non rende giustizia al tuo agire. Perché se alla maggioranza non sembrerà ci sia bisogno di grosse giustificazioni per un'attività come la tua, se non quelle della rabbia e della barbarie, in realtà in qualche modo tu hai comunque bisogno di giustificare a te stesso le azioni che intraprendi, tanto più quanto più sono potenzialmente rischiose e pericolose per la tua incolumità (della tua fedina penale non ti frega un cazzo, lo so). Del reso non è così che succede sempre? Tutti noi dobbiamo giustificare a noi stessi i nostri comportamenti, tutti noi ci costruiamo i nostri alibi. Dunque so bene che il movimento cui appartieni è assai variegato e trasversale, difficilmente inquadrabile, ma anche tu hai i tuoi "precettori morali".
Leggo da un giornale una specie di intervista a quello che dovrebbe essere una sorta di teorico del movimento (sei forse tu?), uno che conosce le tecniche di eversione urbana, uno che sa come muoversi, ma che è ben consapevole anche del perché. «Bruciare un’auto o spaccare le vetrine sono gesti che hanno il valore simbolico del nichilismo che rappresentiamo, come la scritta “Gameover” fatta con lo spray su diversi muri della città». Quindi non c'è alcun valore, se non la distruzione. Perché «nella società si è creato uno spazio vuoto, così come al corteo di sabato. E noi lo abbiamo riempito con la nostra rabbia: l’unico spazio organizzato per noi è quello che produce rottura, tutto il resto della nostra componente è rappresentato dall’individualità», aggiunge. Dunque «sabato (il 15 ottobre, NdA) l’obiettivo, raggiunto, era dimostrare che manifestare in corteo non ha più senso: bisogna realizzare il conflitto, attuare la rabbia, rendere la violenza plastica ed evidente».
E io che ero convinto che ce l'avessi a morte con il sistema! Che ti battessi anima e (soprattutto) corpo contro il capitalismo selvaggio. Che fossi una specie di No Global che non ci sta più con la testa e ha deciso di darci dentro sul serio. 'Fanculo a tutti quanti! Io pensavo che quando ti accanivi contro i bancomat, li usassi come friabili metafore delle teste dei banchieri, vampiri del mondo. Che avevi comunque un obiettivo ideologico. Mostrare qualcosa al mondo. E usare la violenza per evidenziarlo, perché i media sono assai più sensibili a un vetro rotto che a un fischietto. Non che questo avrebbe giustificato il tuo agire, o che mi avrebbe fatto sentire più vicino alle tue modalità, ma almeno avrei avuto a disposizione delle coordinate di pensiero leggibili, comprensibili, interpretabili, entro cui incasellarti. Invece oggi scopro che forse ho sbagliato tutto. O forse che sono solo rimasto indietro di dieci anni. Forse.
Allora eccolo lì: nichilismo innanzitutto. La mancanza di una visione futura che rende il presente inutile e dunque passibile di una distruzione immune da sensi di colpa. Dunque sbagliano di grosso quelli che ti dipingono oggi come un moderno "rivoluzionario", come una specie di Che del nuovo millennio. Non sei affatto un Robin Hood postmoderno, che vuole rubare ai ricchi per dare ai poveri. Nessuna ideologia politica di mezzo. Perché per te lo scontro sociale non è (più) un mezzo necessario all'instaurazione di un cambiamento, bensì è esso stesso divenuto un fine, anzi "il" fine. Per te esiste solo la rottura. Come una protesta che non solo non sa come uscire dalla propria spirale di opposizione per diventare proposizione, ma cui in fondo non interessa neanche cercare un modo per farlo. Da strumento, la protesta diventa scopo, puro, distillato, perché la speranza è morta e sepolta, perché non credi in niente, se non nella tua rabbia inesauribile. Eppure a me pare di intravedere un paradosso in questo ragionamento. A te no?
Se sei nichilista, se non credi nel sistema, se non ti importa del sistema, se non ti frega un cazzo del sistema, perché allora gli muovi "guerra"? Se pensi che davvero l'anarchia sia l'unico modo per uscirne, se le "cose" per te sono solo sovrastrutture inutili di una società capitalista da distruggere e quindi di cui non ti importa un fico secco, perché non ti levi dai coglioni e ti ritiri a vivere in un bosco, anarchicamente, nichilisticamente, lontano da questa società (e dalle sue vetrine, dai suoi bancomat, dalle sue griffe e dai suoi centri commerciali) che odi? Perché rivolgere tutte queste energie nei confronti di una cosa in cui non credi? Non si combatte forse per (contro) qualcosa che in qualche modo sta a cuore? Ah già, sì certo, scusa, tu mi hai parlato di combattere per combattere, perché dici che è (solo ed esclusivamente) nella rottura che trovi un'espressione di realizzazione e di identità. Ma non ti pare che questo sia un atteggiamento che manifesta di fatto un istinto suicida che non ha il coraggio di esprimersi per quello che è, rivolgendosi all'esterno invece che all'interno? Un'alternativa è invece che, in questi tuoi proclami, tu stia mentendo a noi, come (forse) tu fai con te stesso o che i tuoi "precettori morali" fanno con te, e la tua rabbia derivi in ultima analisi dalla tua incapacità di integrazione in un sistema che fa con te come l'uva con la volpe. Forse a ben vedere ti converrebbe.
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