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Nelle grandi e nelle piccole cose

Creato il 20 novembre 2015 da Massimo Citi

Nelle grandi e nelle piccole cose

"Dai, i quattro gatti che seguono questo blog lo sanno fino alla nausea, trova qualcos'altro".

Fammi finire. Dicevo. Forse non sapete che nel mio ultimo romanzo, "Settembre", scritto tra ottobre del 2014 e settembre del 2015, parlo (per metafora) di Daesh, ovvero dello Stato Islamico.

Non importa. Abbiano pazienza. È un discorso serio.

Uno dei problemi che mi ha perseguitato per il tempo della scrittura - e che a maggior ragione mi perseguita ora - è la reale somiglianza non tanto nelle azioni - anche se è inevitabile creare nel corso dell'azione una rete di gesti efferati e gratuitamente crudeli, dal momento che il Daesh vive anche di queste - quanto nella dinamica dell'arruolamento, nella povertà di scopi realistici alle azioni di guerra, nella metastruttura religiosa che sostiene la propaganda dell'organizzazione. In sostanza è l'apparente follia di Daesh che risulta difficile immaginare e perseguire.

In sostanza ciò che mi sono imposto è stato creare un'organizzazione di stampo confessionale ma priva di una vera religiosità, il cui scopo è quello di creare terrore, sostenuto e diretto da individui il cui scopo mistico è largamente secondario a interessi del tutto mondani e formato da militanti socialmente svantaggiati o membri della malavita, categorie spesso sovrapponibili. Ultimo particolare: la presenza di una sostanza stupefacente a creare insieme disciplina ed esaltazione nei militanti. Era questo elemento, introdotto nel romanzo senza alcun riscontro, che ha avuto un'inattesa conferma in questi ultimi giorni con la scoperta dell'uso da parte dei membri dell'ISIS di Captagon, una sostanza a base di anfetamina e teofillina, che: "Crea una specie di euforia: non dormi, non mangi ma le energie non ti mancano" (da: Il Corriere della Sera/Esteri, 18 novembre 2015).

Nelle grandi e nelle piccole cose

In sostanza ho potuto per il momento tirare un respiro di sollievo. Se i combattenti di Daesh, tanto per dire, avessero mostrato una forte e genuina convinzione religiosa e non il bla-bla-bla da boia bigotto con il quale condiscono ogni loro azione, avrei dovuto ritirare il romanzo dal commercio, invece finora - e ripeto, finora - non ho motivi per farlo.

Resta aperta la domanda: " Perché scrivere un romanzo per raccontare una storia che tutti conoscono? E perché un romanzo di fantascienza, genere notoriamente di evasione? "

L'ho scritto per me, innanzitutto.

Perché dovevo fare qualcosa contro l'ISIS.

Dal momento che non ho più l'età per partire per la Siria o l'Iraq e dare manforte ai Curdi ho fatto l'unica cosa che - bene o male - so fare: scrivere. Aver scritto di loro mi ha permesso di comprenderli, mi ha spinto a studiare, a informarmi, a smontare il loro disegno e analizzarlo. Tutto ciò non mi risparmierà una morte improvvisa e maligna dovessi mai incontrarli sulla mia strada, ma mi ha dato la possibilità di capire, ovvero uno dei motivi fondamentali per i quali esistiamo, oltre che la principale molla della nostra evoluzione.

Quanto al fatto che tutti conoscano la vicenda di Daesh e dei suoi miliziani permettemi di dubitarne. La visione dei musulmani e dell'Islam che gira in Italia non è né aggiornata né, il più delle volte, intelligente. [*]

Nelle grandi e nelle piccole cose

Staccare una serie di fatti dalla sfondo dell'attualità permette di comprenderne i motivi profondi e giocare con la nostra tradizione cristiana mi ha permesso di fare un passo avanti: si può "giocare" con qualsiasi Dio e qualsiasi religione per presentarne i moventi più profondi e più inconfessabili.
In fondo sono ateo e marxista...
E si può raccontare l'apparente caos dei motivi, le complicità, i sostenitori celati, con una serie di accostamenti successivi, fino a metterli a fuoco.

Per motivi di libertà narrativa, innanzitutto, non avrei potuto scrivere un romanzo "realistico" sul terrorismo islamico a meno di non avere incontri, colloqui, discussioni. Un lavoro pressoché interminabile.[**] E in secondo luogo perché la fantascienza può avere una compattezza narrativa di tipo storico e cronachistico che pochi altri generi concedono. E in terzo luogo perché amo la fantascienza e, a parte quella, so scrivere soltanto fantastico psicologico, del tutto inadatto per raccontare una vicenda pubblica.

Spero di essere stato chiaro.

A questo punto lascio la parola a uno dei personaggi di "Settembre", il miliziano Paulo Tan Low, prigioniero dei combattenti di Amphipolis e combattente tra i Gioanniti, i terroristi del Daesh di un futuro possibile:

...E voi perché siete qui? Voi dell'Armata di soccorso, voi comeniti, voi di Settembre? Perché siete qui? Che diritti avete su questo pianeta? Che diritti avete di costruire una società umana senza il Redentore? - Tace improvvisamente e chiude gli occhi. È riuscito a impallidire ancora e muove la mandibola come in un tic che non riesce a fermare. Ricomincia a occhi chiusi: - Siamo stati inviati qui, come rifiuti o immondizia gettata giù da una nave. La nostra fede è contagiosa, rabbiosa, potente. Siamo orfani di Dio, i soli a ricordare un Dio morto e un Dio sconsolato che ha perduto il proprio figlio. Gesù Cristo è morto senza speranza... La Resurrezione è una pietosa balla che la Chiesa Romana ha sempre presentato come verità. L'umanità ha perduto la sua unica occasione e adesso con la Diaspora stiamo portando la confusione e il dolore tra le stelle. Noi siamo gli angeli del Dio morto e siamo qui per vendicarlo. Noi portiamo l'apocalisse. Noi siamo l'Apocalisse.

[...] Affonda il capo nel cuscino e fa un movimento vago con la mano: - Lavoravo per una multisistemi. A scavare terre rare dalle viscere di Disnomia. Qualche tonnellata al mese. Ma c'era chi lavorava sugli asteroidi, le stesse terre rare a un prezzo minore. Abbiamo aumentato i ritmi, lavorato per salari più bassi. Un giorno sono andato a lavorare ed era tutto spento. Ci siamo trovati senza lavoro, senza salario... La Exa aveva fatto le valige, aveva fermato le macchine e se n'era andata.[...] Io non ho altro, non ho altro. Soltanto loro. Mi hanno permesso di capire... voi non avete visto il cielo di Disnomia, il sole troppo lontano per essere riconoscibile, Eris, grigio e immobile sull'orizzonte. Le luce delle navi che scendono e che non portano novità per nessuno...

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