Ci sono parole in grado di evocare fantasmi, di richiamare alla memoria ricordi dolorosi, di far rabbrividire chi le ascolta. Apartheid è una di queste. L’Apartheid, parola olandese composta da “separato” (apart) e “quartiere” (heid), è stata la piattaforma politica del nazionalismo afrikaner prima e dopo la seconda guerra mondiale. Un sistema creato appositamente per promuovere la segregazione razziale e mantenere il potere nelle mani dei bianchi.
Proprio all’ascesa e alla caduta dell’Apartheid è dedicata un’eccezionale mostra fotografica in corso al Pac di Milano. Pietra miliare nel suo genere e frutto di oltre sei anni di ricerche, il progetto raccoglie il lavoro di quasi 70 fotografi, artisti e registi, dimostrando il potere dell’immagine – dal saggio fotografico al reportage, dall’analisi sociale al fotogiornalismo e all’arte – di registrare e analizzare l’eredità dell’apartheid e i suoi effetti sulla vita quotidiana in Sud Africa.

Nel 1948, dopo la vittoria a sorpresa dell’Afrikaner National Party, l’apartheid è stata introdotta come politica ufficiale del Sudafrica e si è imposta attraverso un’ampia serie di programmi legislativi. Col tempo il sistema dell’apartheid è diventato sempre più spietato e violento nei confronti degli africani e delle altre comunità non bianche. Non ha solo trasformato il moderno significato politico di cittadinanza, ma ha anche inventato una società completamente nuova sia a livello pratico che a livello giuridico: una riorganizzazione delle strutture civili, economiche e politiche che ha coinvolto anche gli aspetti più mondani dell’esistenza, dalla casa al tempo libero, dai trasporti all’istruzione, dal turismo alla religione e ai commerci. L’apartheid ha trasformato le istituzioni mantenendole in vita con l’unico scopo di negare e privare dei propri diritti civili di base africani, meticci e asiatici.


“Rise and Fall of Apartheid: Photography and the Bureaucracy of everyday life”, rassegna ampia e dettagliatissima, curata nei minimi particolari, è frutto di sei anni di ricerche. Ideata dall’International Center of Photography di New York, arriva a Milano dopo il successo riscosso negli Stati Uniti.