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Neoliberismo: la genesi di una disgrazia lessicale [terza parte]

Creato il 12 aprile 2015 da Ilbocconianoliberale @ilbocclib
TERZA PARTE DEL PAPER “NEOLIBERALISM: THE ORIGIN OF A POLITICAL SWEARWORD” DI OLIVER MARC HARTWICH. QUI LE PUNTATE PRECEDENTI.

La nascita del neoliberismo

La crisi economica tra la fine degli anni Venti e l’ inizio dei Trenta aveva lasciato alla Germania una pesante eredità, riparazioni di guerra comprese. La disoccupazione aveva raggiunto il picco di oltre sei milioni di persone nel 1932, la povertà era diffusa e la situazione politica della Repubblica di Weimar sempre più fragile. I partiti si trovavano nell’impossibilità di assicurarsi maggioranze parlamentari per nessuna delle loro proposte politiche, il paese era governato attraverso decreti di emergenza e tutto ciò aveva rafforzato il Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi, che avrebbe poi portato il suo führer, Adolf Hitler, al potere.
L’illusione della “prosperità eterna” era stata distrutta dagli eventi innescati dal venerdì nero di Wall Street, e non solo in Germania. La crisi economica globale era stata ampiamente considerata prova del fallimento del liberalismo. Nel quindicesimo anniversario dell’Unione Sovietica, nel 1932, i suoi leader avevano celebrato la fine del capitalismo con parate monumentali, negli Stati Uniti il presidente Franklin D. Roosevelt aveva promesso “un nuovo patto per il popolo americano”, orientando il suo paese verso politiche più interventiste, mentre in Gran Bretagna l’economista John Maynard Keynes lavorava alla sua Teoria Generale con cui intendeva spiegare (e superare) le instabilità intrinseche del sistema capitalistico.

La situazione economica e politica della Germania era catastrofica, e così era anche lo spirito degli accademici e intellettuali di orientamento liberale: il liberalismo sembrava essere un sistema di idee ormai screditate, un anacronismo da diciottesimo secolo, un’ ideologia fallimentare.
Uno dei pochi intellettuali che nutriva ancora simpatie per l’economia di mercato era Alexander Rüstow. Nato nel 1885, studiò matematica, fisica, filosofia, economia e psicologia a Gottinga, Monaco e Berlino. Conseguito il dottorato all’Università di Erlangen nel 1908, lavorò per una casa editrice prima di diventare ufficiale durante la Prima Guerra Mondiale. Dopo la guerra, Rüstow si unì a diversi circoli socialisti, pur iniziando a subire l’influenza dell’economista Franz Oppenheimer, che aveva indicato una “via di mezzo” tra il socialismo marxista e il capitalismo liberale.

Divenuto consigliere al Ministero degli Affari Economici (Reichswirtschaftsministerium) nel 1919, Rüstow si occupò della politica dei cartelli, essendo direttamente coinvolto nella stesura del Cartel Act del 1923, menzionato in precedenza. Tuttavia, nonostante il progetto originario fosse a favore di più stringenti regole anti-trust, le misure finali risultarono molto più deboli rispetto alle raccomandazioni dell’economista, che imputò la responsabilità dell’ insoddisfacente (a suo modo di vedere) risultato all’intensa azione di lobbying da parte di potenti gruppi di interesse.

E’ nella metà degli anni Venti che Rüstow cambiò schieramento. Dopo aver lasciato il suo incarico al Ministero nel 1924 fu messo a capo del dipartimento di economia del “Verein deutscher Maschinenbauanstalten” lobby di piccole e medie imprese manifatturiere impegnate nella promozione di una campagna contro la concentrazione del potere economico nelle mani di poche grandi industrie loro concorrenti.
La sua filosofia di riferimento non era ormai più quella socialista, ma liberale. Secondo il suo biografo Jan Hegner, la disillusione di Rüstow derivò dalla realtà messa in atto in Unione Sovietica, e dalla realizzazione del fatto che la pianificazione economica era incompatibile con la libertà. D’altra parte, il nostro economista non aveva smesso di essere dedito all’obiettivo di ridurre le disuguaglianze sociali ed economiche.

Durante tutta la sua vita, Rüstow fu sempre di idee al confine tra liberalismo e socialismo. Tuttavia, costante nella sua vita intellettuale fu un forte scetticismo riguardo al potere in tutte le sue forme, fosse esso di natura politica o economica. Inoltre, se lo leggessimo oggi, troveremmo difficile classificarlo come un liberale, semplicemente poiché spesso non ci suona come tale: questo è lo stesso Alexander Rüstow che ha  inventato il termine “neoliberismo”, che divenne popolare tra i suoi colleghi tedeschi e che trovò poi consenso all’ interno di un gruppo di pensatori liberali che includeva Ludwig von Mises and Friedrich August von Hayek.
Ma allora, qual era l’ idea di neoliberismo di Rüstow? Perchè aveva sentito la necessità di coniare un termine del tutto nuovo? Cosa è accaduto al neoliberismo nel corso degli anni?
L’anno in cui Rüstow formulò il programma neoliberista era il 1932. La principale società di economia del tempo, la Verein für Socialpolitik, lo aveva invitato alla sua conferenza annuale a Dresda. Il presidente dell’ associazione era Werner Sombart, a capo della cosiddetta Kathedersozialisten (“cattedra socialista”) della Historical School of Economics. Sombart, aperto sostenitore del nazionalsocialismo, non aveva alcuna simpatia per il liberalismo, e aveva pianificato di fare della conferenza di Dresda una piattaforma di lancio per la sua causa. Tuttavia fu il discorso tenuto dal semi-sconosciuto Rüstow, dal titolo “Freie Wirtschaft, starker Staat”(libera economia, Stato forte), in seguito pubblicato e ripubblicato diverse volte, ad attrarre a sé tutta l’attenzione. Lungi dal supportare la visione nazionalsocialista di Sombart, Rüstow criticò l’ eccessivo interventismo durante la crisi, mettendo in guardia dall’affidare allo Stato il compito di correggere ogni sorta di problema economico. Un chiaro rifiuto di uno Stato coinvolto nei processi economici, ma che fissi le regole e le faccia rispettare: un ruolo limitato, ma che necessita di uno Stato forte. Un “no” al protezionismo, ai sussidi, ai cartelli – a ciò che oggi chiamiamo capitalismo clientelare, cattura del regolatore, corporate welfare -, pur riconoscendo che un interventismo limitato possa avere un ruolo, purché vada nella stessa direzione delle leggi del mercato.

Più tardi, durante la sua carriera accademica, Rüstow sviluppò oltre la sua visione di neoliberismo, pubblicando numerosi saggi e libri – molti dei quali scritti in esilio – in cui elaborò la sua idea di economia di mercato sottostante un sistema di rule of law e un limitato ruolo dello Stato. Dopo che la Gestapo perquisì il suo appartamento, nel 1933 decise di lasciare la Germania accettando una cattedra ad Istanbul. Rimase in Turchia finché non fece ritorno nel suo paese nel 1949 per insegnare all’Università di Heidelberg.

[fine terza parte]

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