Secondo stime attendibili a Kathmandu ci saranno circa 2000 “street children” e oltre 200 ONG (locali e internazionali) che dovrebbero avere cura di loro. C’è un numero verde, decine di workshops e vocational training e montagne di pubblicazioni. In realtà succede poco. I bambini di strada stanno in strada, in gruppi solidali, l’unica loro rete di protezione ed affetto.
Molti bambini lavorano per poche rupie come camerieri o lavapiatti nei ristoranti e nei bhatti (tea shop), portano in giro le tazzè di tè (anche nelle NGO e nel ministero del Welfare and Child Protection), portano mattone e cemento nelle costruzioni, fanno i parcheggiatori. Tutti con salari insufficienti per pagarsi una stanza e quindi vivono sotto le pagode dei templi o negli androni dei negozi. Qui si riuniscono con le bande dei mendicanti, dei raccoglitori di metallo e plastica che non trovano\non vogliono trovare un lavoro e sopravvivono. Quando serve vanno a mangiare (più raramente a dormire) nelle centinaia di homes che dovrebbero salvarli. In realtà queste strutture, di fatto, aiutano i bambini a stare per strada fornendo loro un pasto quando non trovano altro. Così si va avanti da decenni fino a pensare che questo sia un altro dei business umanitari sui quali i funzionari delle ONG campano. Ovvio che assicurare istruzione e
Di attività destinate a creare reddito e motivazioni ad abbandonare la strada (corsi tecnici per fare gli idraulici, gli elettricisti, imparare l’inglese) quasi nessuno le fa. Nell’ultimo anno si era creato un nuovo e redditizio business: la polizia beccava i bambini di strada, li spediva negli orfanotrofi e da lì erano begli “orfani di carta” pronti per essere adottati in occidente. Situazione tale che il governo (pur sfaldato) è intervenuto vietando l’adozione internazionale dal 5 gennaio per i bambini in questa situazione e il Ministro of Women, Children and Social Welfare (MoWCSW) ha informato “ to all concerned that the ministry will start a special campaign for street children found by police.”
In effetti molti bambini di strada hanno famiglia (magari disintegrata dalla migrazione) e sono giunti a Kathmandu dai villaggi in cerca di qualche scampolo di fortuna. Magari i genitori li cercano, come in molti casi è emerso. La dichiarazione del Ministero segue un emendamento alla normativa decisa a fine dicembre, diretto a una più stretta regolamentazione delle Organizzazioni impegnate dell’adozione internazionale (almeno sei anni d’attività nel settore) e scoraggiare la moltitudine di venditori di orfani di carta. Nella norma viene anche un rafforzato il ruolo dei Comitati incaricati di vagliare le adozioni: Probe and Recommendation Committee (PRC) e Family Selection Committee (FSC) per essere certi che i bambini proposti per l’adozioni siano realmente “orphan´ or ´destitute´”.
Curiosa eccezione per “A head of state, head of government or foreign minister of another country, a Nobel laureate, an international celebrity or a person or business entrepreneur with over $300,000 annual income can apply directly to the government body concerned in Nepal along with an official recommendation letter from the head of state, head of government or foreign minister of their country if they wish to adopt children from Nepal banned the adoption effective from January 5”. Insomma Madonna può beccarsi un bambino Nepalese con la scorciatoia.
Il governo nepalese e specie il Ministero del Welfare cerca d’incrociare le richieste dei paesi occidentali (molti di questi, fra cui l’Italia ha bloccato le adozioni dal Nepal) e l’intensa e positiva campagna d ella ONG svizzera Terres des Hommes che giustamente vorrebbe che fosse rafforzata l’adozione o l’affido dell’infanzia in difficoltà a famiglie nepalesi. Risulta però difficile pensare che, allo stato attuale, le fragili istituzioni nepalesi possano creare un sistema efficace di controlli, in grado di contrastare la potente lobby (interna anche al Ministero) che èsi è enormemente arricchita con l’adozione internazionale negli anni del “liberi tutti”.