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Nepal, non si trova il Primo Ministro

Creato il 22 luglio 2010 da Cren

Nepal, non si trova il Primo MinistroE domani si rivota all’Assemblea Costituente per eleggere il 43° Primo Ministro del Nepal. Ieri situazione di stallo che, sembra, destinata a ripetersi. I tre maggiori partiti hanno presentato propri candidati e nessno è riuscito a raggiungere la soglia dei 300 voti necessari. I 22 partiti piccoletti si sono astenuti come i partiti Madhesi (82 seggi) e cercano di mercanteggiare le migliori condizioni. Quasi tutti gli eletti presenti, alla faccia del monsone che sta spazzando via strade e ponti.

Questi i risultati: UCPN Unified Communist Party of Nepal (maoisti) con candidato il leader supremo Pushpa Kamal Dahal (Prachanda) che ha ottenuto 242 voti (tutti gli altri si sono astenuti); NC (Nepali Congress) Ram Chandra Poudel ha ottenuto 124 voti; UML (United Marxist and Leninist-comunisti moderati). Inferocito il candidato del UML (United Marxist and Leninist-comunisti moderati) Jhala Nath Khanal che, malgrado l’appoggio dei maoisti, non è riuscito a coinvolgere il Congresso in un governo d’unità nazionale da tutti auspicato. Adesso è incazzato come una biscia e auspica (e lavora per) un’altra fumata nera per le nuove elezioni di venerdì. “We will not vote in favor of any candidate in the next round of voting”, ha dichiarato gettando nella disperazione chi auspica una soluzione veloce della crisi (cioè tutti).

Giochi di potere, correnti, lotta fra personalità politichestanno frastornando la gente comune che si domanda perché il Congresso che sta appoggiando il governo dimissionario dell’UML non abbia appoggiato il candidato dello stesso partito. Adesso tutti a corteggiare i partitini che fanno i preziosi per ritagliarsi fette di potere. Addirittura il leader maoista Prachanda ha incontrato l’ex ministro degli interni del governo di Re Gyanendra, considerato fino a ieri responsabile di uccisioni e sparizioni durante il conflitto civile per farsi appoggiare dal suo manipolo di deputati. Come ovunque, per beccare un po’ di potere tutto diviene lecito. Anche i separatisti Madhesi (86 voti) hanno ritirato fuori il “madesh mudda”, l’identità nazionale dimenticata quando il loro ministro dell’educazione prendeva le tangenti dagli insegnanti. Anche qui si mercanteggia.

In tutto questo movimento , per ora, inutile l’unica cosa  ferma è l’economia del paese. Negli ultimi quattro anni le esportazioni si sono ridotte di 2/3 e alcuni settori come il tessile sono praticamente crollati (nel mese di giugno l’export verso gli USA, principale mercato del tessile, è stato pari a zero), le piccole imprese artigiane hanno visto ridotto gli ordini dall’estero di oltre il 30%. Si salva solo il caffè che è diventato una moda in Giappone. La bilancia dei pagamenti è talmente sbilanciata che solo le rimesse degli emigranti riescono ad assicurare valuta pregiata per acquistare petrolio, riso, medicine.

Magra consolazione la pioggia che, forse, assicurerà buoni raccolti rispetto al secco 2009. Anche qui si contano sequele di frane, smottamenti, villaggi strappati via, fiume che sono sull’orlo di saltar fuori (come ogni anno il Rapti River). E tutto il corollario d’epidemie di tifo e difterite. Durante il monsone il Nepal torna indietro di 50 anni, le strade scompaiono, i villaggi s’isolano, la gente muore per una febbre. Forse addirittura peggio di 50 anni orsono, almeno allora le terrazze erano curate, gli alberi non esportati di nascosto in India, i canali per le acque tenuti a posto. Si contano decine di morti, migliaia di famiglie senza più un tetto sia nelle montagne e colline (Kavre, Dolpo che nelle pianure (Bardya, Nawalparasi, Banke). Anche qui scorriamo il web alla voce “disaster management nepal” e troviamo centinaia di progetti e organizzazioni che operano (e spendono da anni). E poi qualcuno si ricorda della grancassa sul cambiamento climatico, di Copenaghen  o la vendita dei futuri disastri ha già prodotto gli utili sperati?



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