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Nepi

Creato il 03 dicembre 2011 da Benessere
Il toponimo Nepet, con la variante Nepete e con l'etnico Nepesinus, è latino. Gli scavi nell'area, però, hanno confermato la frequentazione del luogo dove sorge l'attuale Nepi sin da epoca preistorica e protostorica. L'importanza della città come centro falisco legato a Falerii Veteres risale, però, al VII secolo a.C..
La Nepet del territorio falisco viene ricordata dallo storico Tito Livio insieme a Sutri come claustra (porta) dell'Etruria, allusione alla fortunata posizione geografica dei due centri. La conquista romana, avvenuta durante il IV secolo a.C., fu tendenzialmente indolore e dal centro falisco di Nepet si dedusse una colonia latina da collocare al 383 a.C. o nel 373 a.C..
Nepet fu municipio dopo la guerra sociale (91-88 a.C.) e mantenne il suo ruolo di prestigio, dovuto all'ubicazione, anche in epoca imperiale.  La prima fonte storica che ricorda la presenza di una diocesi nel territorio di Nepi è il Liber Pontificalis, in cui si cita un Eolalius in civitatem Nepesinum episcopus nel 418-419. L'attestazione di diversi vescovi in Nepi dal 465, ha fatto pensare, agli studiosi, ad una fondazione di V secolo per la cattedrale della città, la cui ubicazione è comunque ancora incerta.
Coinvolta nella guerra greco-gotica (535-553), oggetto di contesa tra Goti e Bizantini come preziosa postazione strategica, Nepi svolse funzione di difesa del territorio falisco contro i Longobardi, che la distrussero nel 568. Nel periodo in cui i Longobardi invasero la penisola italiana, Nepi venne chiamata Castron Nepes, avamposto per la resistenza ai longobardi.
Nell'VIII secolo Nepi risultava possesso dei Longobardi. Fu conquistata da Roberto il Guiscardo nell'XI secolo e nel 1063 fu occupata dalla contessa Matilde. In seguito la cittadina fu inserita nella Tuscia romana, sotto l'influenza diretta dei pontefici, che ambivano da sempre a quell'importante avamposto sulla via Amerina, poi passò a Lucrezia Borgia (1499)
NEPIal cardinal Farnese (XVI secolo) ed al cardinal Scipione Borghese (1605). Nel 1798 fu pesantemente attaccata dai Francesi.
Quanto rimane delle mura è visibile in prossimità di Porta Romana, e presenta tecniche edilizie diverse che fanno pensare a diversi momenti della sua edificazione. Una di queste fasi può essere quella del V-IV secolo a.C., un'altra può essere quella di epoca imperiale.
In uno dei sotterranei del castello medioevale di Nepi 
NEPIè stata individuata la presenza di un'antica porta in blocchi di peperino e, addossata a questa, i resti di una seconda porta, di epoca successiva. In più parti della città è stata rilevata la presenza di una via basolata. La via Amerina  NEPIentrava in città nel luogo in cui oggi sorge Porta Nica e dove è ancora visibile per una ventina di metri.
La città romana presentava un impianto piuttosto vasto, seppure irregolare. Aveva sicuramente un foro ed una basilica, ma anche altri edifici pubblici e religiosi, la cui esistenza è testimoniata da iscrizioni di carattere sia pubblico sia privato. Un anfiteatro era situato a sud di Nepi, ad est del tracciato della via Amerina: ne è giunta notizia attraverso la cartografia dell'Ottocento. I resti di questo anfiteatro si trovano lungo il lato destro della via Nepesina.
L'attuale impianto cittadino è frutto del rifacimento urbanistico pianificato da Antonio da Sangallo il Giovane, che stilò un progetto specifico, commissionato dal duca Pier Luigi Farnese, il quale si dedicò al destino di Nepi fino a che, nel 1545, fu nominato Duca di Parma e Piacenza.
Entrando in Nepi e partendo dalla piazza del Comune, realizzata nel periodo farnesiano a scapito dell'impianto medioevale, si nota subito il Palazzo Comunale, il cui settore inferiore è attribuito al Sangallo ma che fu completato con i piani superiori solo nel '700. Nel portico l'arcata centrale è occupata da una fontana con torre attribuita a Bernini. Sotto il portico sono, invece, conservati alcuni reperti archeologici di età classica.
Su piazza del Duomo si trova la cattedrale nepesina dedicata alla Vergine Assunta. L'origine paleocristiana della ecclesia Sanctae Mariae in Nepe è attestata da un documento ravennate della metà del VI secolo. Attraverso lo studio della morfologia della cripta e dei capitelli del portico si può datare la costruzione del duomo ad un'epoca non precedente la metà del XII secolo. La chiesa fu soggetta a diverse trasformazioni nei secoli successivi e fu, poi, distrutta durante l'attacco delle truppe francesi per essere, poi, ricostruita per intero. Dell'antico edificio si conservano la parte inferiore del campanile, la parte superiore della facciata con tre finestre e la cripta. L'interno è suddiviso in cinque navate ed è il risultato dell'intervento ottocentesco.
Epigrafe nel portico del DuomoLa chiesa conserva un trittico del XV secolo attribuito a Giulio Romano (1499-1546). La cripta del Duomo risale, quasi certamente, al XII secolo. La pianta appare configurata con tre absidi e nove  piccole navate, separate da colonne, coperte con volta a crociera. I capitelli delle colonne sono in peperino, alcuni sono cubici, altri con figure animali od umane o piccoli esseri mostruosi che gli studiosi pensano siano stati modelli per le cripte di Sutri ed Acquapendente.
Un'altra chiesa di notevole importanza è il complesso di S. Maria delle Grazie e S. Biagio, del XII secolo. La chiesa, con portale romanico ed un interno del tutto rimaneggiato, è collegata tramite un passaggio all'ex Oratorio di S. Biagio, che conserva una piccola cripta. Tra le altre chiese di Nepi si ricordano S. Tolomeo, progettata dal Sangallo, ma incompiuta; S. Pietro, del '700, a pianta ellittica longitudinale e la chiesa di S. Croce.
Chiesa di San Biagio e Madonna delle GrazieIl più importante monumento paleocristiano di Nepi è la Catacomba di Savinilla, poco fuori il centro storico, accanto all'attuale cimitero, lungo un tracciato viario che collegava Nepi a Sutri. La chiesa è in stretto rapporto con la chiesa di S. Tolomeo, che si erge, attualmente, sul luogo occupato da una precedente ecclesia Sancti Tolomei, menzionata in un documento del 1178 come appartenente all'abbazia di Castel S. Elia. La catacomba è scavata nel tufo litoide rosso ed è formata da tre gallerie principali quasi parallele, da cui si diramano tre percorsi principali. Tutte le gallerie risultano occupate da sepolture in loculi ma vi sono anche tombe "a mensa", ad "arcosolio" e formae scavate nei pavimenti delle tre gallerie principali. Vi sono poche iscrizioni funerarie e qualche frammento di decorazione pittorica di fine IV-prima metà V secolo d.C.. Il culto di Tolomeo è strettamente collegato a questa catacomba, in quanto si crede che qui fosse stato sepolto con Romano, vescovi entrambi citati in una passio dell'XI secolo nella quali i due vengono considerati fondatori della comunità nepesina, martiri sotto Claudio il Gotico (268-270), sepolti in catacomba dalla matrona Savinilla.

(Continua...)

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