Nichi Vendola, governatore della Puglia e leader di Sinistra Ecologia e Libertà. Ancora per molto?
Uno spera. Spera che almeno un ex militante comunista nonché fervente cattolico non riproduca il classico cliché del politico “amico” e condiscendente con i potentati economici e industriali. E invece nulla. Né Marx né la Madonna di Sovereto, patrona di Terlizzi, il paese originario di Vendola, sono riusciti nell’opera di salvataggio dal più classico dei luoghi comuni: le alte sfere del potere politico ed economico che ruotano assieme in una danza leggiadra fatta di sorrisi, pacche sulle spalle e complice sintonia.
Il Fatto Quotidiano ha pubblicato sul suo sito un’intercettazione tra il presidente della regione Puglia e Girolamo Archinà, ex resposabile delle relazioni industriali dell’Ilva di Taranto oggi agli arrresti domiciliari. Secondo gli inquirenti Archinà sarebbe stato il factotum di tutto quello che di grigio e illecito a Taranto – ma non solo – è avvenuto attorno al pianeta Ilva.
In questa registrazione, seguendo il montaggio del Fatto, si ascolterebbe un Nichi Vendola che, tra il faceto della scena in cui lo stesso Archinà ruba il microfono a un giornalista e il serio del problema della dicotomia tra salute e lavoro, dà di gomito ad Archinà e si premura di far riferire al presidente dell’Ilva Emilio Riva che: «il presidente non si è defilato». La reazione di Vendola è stata giocoforza immediata e diretta: «Una montatura assurda, un’intercettazione montata a video con la musica superdrama». Subito dopo il governatore pugliese ha annunciato di voler querelare per diffamazione a mezzo stampa il Fatto Quotidiano. Ben inteso, giornalisticamente parlando il montaggio del Fatto Quotidiano è effettivamente eccessivamente drammatico e in qualche misura indirizza sin da subito l’ascoltatore. Lecito, ma non correttissimo. Anche la titolazione non è felicissima: “Ilva, risate per le domande sui tumori”. Ma di questo si occuperà eventualmente la magistratura. Il punto, semmai, è proprio di ascoltare le parole dei due dialoganti per quello che sono. E allora, musiche e titoli a parte, un po’ di imbarazzo, per usare un eufemismo, sale. La gogna a cui è sottoposto il giornalista che nell’aula di tribunale aveva provato a chiedere a Emilio Riva un parere sull’aumento dei casi di tumore nella zona di Taranto non è proprio il massimo per un politico del rango di Vendola. Non tanto per l’irrisione di per sé, comunque spiacevole, quanto per il fatto che il potere metta alla berlina e squalifichi il mestiere e l’opera del giornalista. Ridotta ad antipatica macchietta, uno che non sa fare nemmeno il suo lavoro: «Io sì che ho fatto le battaglie contro i tumori e per la vita».
Nulla di illecito, nessun reato si configura nelle parole di Vendola. Che, è bene comunque ricordarlo, è in ogni caso indagato per concussione. E’ tra i 53 indagati dell’inchiesta “Ambiente svenduto”. Per la procura di Taranto, che ha coordinato l’attività investigativa della Guardia di finanza, il leader di Sinistra ecologia e libertà ha fatto pressioni sul direttore generale dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato, perché ammorbidisse il suo atteggiamento nei confronti dell’Ilva. Ma dopo aver ascoltato queste parole resta in bocca, anzi nelle orecchie, una nota di amaro per il fatto che chi nelle sue forbite e barocche orazioni non ha mai mancato di lanciare invettive contro il capitalismo cieco e profittatore e il potere politico connivente si comporti, in privato, allo stesso modo di coloro che critica aspramente. Sarà Vendola a trarre le sue conclusioni personali, ma per colui che ai tempi delle primarie di un anno fa per la candidatura a premieri nel centro sinistra scelse l’hashtag “#OppureVendola” si preannunciano tempi difficili.