Titolo: Nessuno sa di noi
Genere: Letteratura italiana
Data prima pubblicazione: 2013
Casa Editrice: Giunti
Collana: A
256 pagine
Prezzo copertina: 12,00 €
EAN 9788809778047
«Sto leggendo Nessuno sa di noi ed è abbastanza straziante». Con queste parole un’amica mi ha consigliato questo libro. Non è servito dire altro. Né sinossi, né recensione. Sono questi i libri che mi prendono: quelli su cui vado a sensazione. L’ho preso il giorno dopo, in biblioteca, ed è rimasto un po’ sul comodino. Poi domenica, preparando di corsa lo zaino per andare al lago (ci decidiamo sempre all’ultimo minuto), l’ho infilato dentro. A dir la verità avevo appena iniziato Vendere tutto, la storia di Jeff Bezos fondatore di Amazon, ma – almeno all’inizio – è un po’ pesante e per una domenica di relax avevo bisogno di ben altra compagnia. Mai decisione fu più azzeccata. Alle 17, quando siamo andati via dalla spiaggia, ho messo il segnalibro a pagina 170, più di due terzi di libro erano belli che andati.
Parto subito con una premessa. Non è un libro adatto a donne in gravidanza, a neogenitori o a coppie che hanno in previsione di avere, a breve, un figlio (voi saltate direttamente al post dove vi consiglio delle letture utili, e non struggetevi oltre). Forse proprio per questo era il libro adatto a me. Per l’idea di famiglia che mi sono costruita in questi anni di fidanzamento, convivenza e matrimonio, la prole deve poter contare sull’attenzione dei genitori al 100%. Cosa che, al momento, la nostra famiglia non può garantire. Troppi pensieri, lavori in bilico, spese che a volte superano le entrate e l’incertezza del futuro. Certo, non potremo mai essere sicuri di niente, questo lo so. Ma attualmente – scusatemi se potrà sembrare cinico e troppo razionale – non possiamo permetterci un figlio. Credo si debbano considerare un sacco di fattori, prima di mettere al mondo una creatura, soprattutto nell’Italia di oggi. Non possiamo nascondere la testa sotto la sabbia e fare finta di niente, posticipando a domani pensieri (e conti) che potrebbero complicare la vita di tutti e tre. Anche perché – toccando ferro e facendo qualsivoglia gesto scaramantico – c’è sempre da sperare che vada tutto bene, e in me trovate la positività fatta a persona, ma non sempre (anzi, in realtà mai) siamo noi a decidere del nostro futuro.
Un po’ come è successo a Luce, protagonista di questa storia straziante (ha detto bene la mia amica), emotivamente destabilizzante, immensamente triste e tragicamente reale. Un aborto terapeutico al settimo mese di gravidanza ha sovvertito ogni sogno e ogni progetto, ha incrinato la vita di coppia e ha fortemente compromesso la serenità e la felicità di due famiglie.
«Lorenzo è stato una scelta, una scelta ben precisa. Dolorosa e lucida, che ha solo bisogno di essere rivendicata ad alta voce per poter essere compresa. Una scelta che ho preso in coscienza, come madre e come compagna dell’uomo che amo. Abbiamo fatto nostro un diritto, di cui mio figlio era stato privato, dalla scienza o dalla natura, forse anche da Dio. Un diritto semplicissimo, basilare: il diritto di difendersi. E questa scelta, così imprescindibile, ma che poteva solo essere sussurrata, pronunciata a mezza bocca, con il passare dei mesi si è trasformata in una palude mefitica. E adesso che, con un colpo imprevedibile di pinna, me ne sono tirata fuori, ho la sensazione di aver restituito dignità a mio figlio. Di averlo soltanto oggi, in qualche modo, messo al mondo».
Il libro è scritto davvero bene, Simona Sparaco è stata una piacevole scoperta (non per niente si è classificata al 5° posto al Premio Strega del 2013, ndr). L’incalzare dei sentimenti e delle angosce della protagonista – che racconta tutto in prima persona -, l’intermezzo di lettere e pensieri di sconosciuti con i quali, in diversi momenti, si è trovata a dialogare e le profonde riflessioni sulla vita e la morte rendono la lettura scorrevole e drammaticamente intensa. Non riesci ad abbandonare la pagina senza voltarla per andare subito alla successiva, addirittura c’è una tensione fisica che ti attanaglia. Quando sono arrivata a leggere la scena più forte, quella dell’aborto, ho sentito una fitta alla pancia. Non ho mai provato i dolori del parto o le contrazioni della gravidanza, ma il corpo femminile sa riconoscere un dolore quando lo sente, anche se è solo a livello psicosomatico.
«Mi chiedo come si possa sentire una mancanza così struggente, così viscerale, come se mi avessero strappato a morsi un arto, per lasciarmi poi sbrindellata e grondante sul ciglio di un burrone, senza più una forma armonica, un pensiero compiuto, come si possa sentire una mancanza del genere per qualcuno che non abbiamo mai conosciuto».
È un libro potente. Sì, ha il potere di sconvolgerti. Nonostante quello di Luce sia un dolore che «non sempre trova le parole per esprimersi», i pensieri che Simona Sparaco riporta nero su bianco nel suo libro sono capaci di trasmetterti tutta la sofferenza di questa donna, madre per pochi mesi, che pur non avendo mai visto suo figlio lo ama più di se stessa.
E come non collegarci altri temi importanti, come la presenza – o assenza – della famiglia nel momento del bisogno, l’indifferenza e il silenzio della società, che di queste cose non parla, la misteriosa frattura che spesso si forma nella coppia e che è difficile ricucire.
«Lui non lo può sentire Lorenzo che scalcia. Posare una mano o un orecchio sopra l’ombelico una volta ogni tanto non è come averlo dentro ogni secondo. Non può capirmi. E non è vero che siamo in due, sono completamente sola».
O, ancora, il tema eticamente e ideologicamente molto più delicato dell’aborto. Mi è piaciuto come la Sparaco ha deciso di affrontarlo e come ha ribadito, attraverso stralci di (forse ipotetici) commenti su un forum femminile, che possono esserci visioni differenti, più o meno legate alla spiritualità e alla libertà di coscienza, ma le decisioni devono sempre essere prese «nel rispetto di chi amate e di chi vi porterete sempre nel cuore».
Quando chiuderete il libro, rimbalzerà nella vostra mente una domanda: cosa avrei fatto io al suo posto? E la risposta la potete sapere solo voi.
“Non giudicate, per non essere giudicati” (Matteo 7:1).
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