Se tantissimi anni fa Oriana Fallaci con il suo Lettera ad un bambino mai nato aveva affrontato il delicato tema dell’aborto, adesso, Simona Sparaco lo ripropone con un romanzo scorrevole, brutale ed accattivante. Nessuno sa di noi (Giunti) mette in luce una tematica spesso trascurata nel nostro paese: l’aborto terapeutico oltre i limiti concessi dalla legge italiana; argomento delicato ma affrontato dall’autrice con estrema precisione e senza falsi moralismi. Luce e Pietro, fidanzati e conviventi ormai da diversi anni, dopo mesi di calcoli esasperati e di «sesso a comando», riescono, finalmente, ad avere la lieta notizia: Luce rimane incinta. Tutto sembra procedere bene, ma quando i due si recano in ambulatorio per fare una delle ultime ecografie prima del parto li attende una triste verità. Il viso del piccolo Lorenzo appare sullo schermo; il suo corpicino è però troppo piccolo e la ginecologa, incredula, si sofferma a guardare quell’immagine. «Vostro figlio è affetto da displasia scheletrica». Parole struggenti, crude, dirette e devastanti. In un istante tutto si sgretola, quei termini così contorti, oscuri, assurdi arrivano dritti al cuore, devastandolo; tutto perde di significato ed il futuro, improvvisamente, diventa incerto e la vita stessa di Luce perde di consistenza e di valore con quella frase capace di distruggere tutta quella delirante felicità che aveva accompagnato la coppia negli ultimi mesi. Il suo tanto agognato sogno di diventare mamma si tramuta in un calvario senza fine, forse, perché «l’immaginazione non sempre segue lo stesso sentiero della vita». L’aborto terapeutico potrebbe essere una valida soluzione, ma Luce si chiede quale madre può riuscire ad uccidere quel figlio che fino ad allora ha sfamato nel suo ventre, che ha accudito, accarezzato, sentito scalciare. L’interruzione di gravidanza diventa così per la scrittrice un punto focale sul quale tessere l’intero romanzo. Dubbi, perplessità ed insicurezze lacerano il fragile animo del personaggio principale del racconto, mettendo a dura prova il solido rapporto d’amore costruito con Pietro.
L’aborto alla ventiduesima settimana in Italia non è consentito dalla legge, per cui la coppia sarà costretta ad abbandonare il proprio paese e a sopportare il dolore del lutto in una terra sconosciuta, in una Londra imbruttita dal grigiore dei loro pensieri, dall’amarezza di un futuro che non sarà mai come l’avevano programmato. Da questo viaggio Luce ritorna debilitata, non più protagonista ma spettatrice della propria vita, inconsolabile, vittima di un crudele destino ed incapace di sopportare persino l’uomo che ama; si affida così ad altre donne che come lei hanno vissuto il suo stesso dolore ed Internet diventa la sua forza, i blog diventano la sua quotidianità. Luce, da giornalista che consola le sue lettrici, si trasforma in internauta in cerca di quel conforto che altre, come lei e prima di lei, hanno trovato in rete. La scrittura diventa pertanto salvifica, valvola di sfogo, terra di conforto, luogo in cui perdersi per poi ritrovarsi. Pietro, invece, un uomo sicuramente forte ma provato allo stesso tempo da quel lutto inaspettato, cerca in tutti i modi di aiutare la donna con la quale ha scelto di trascorrere la sua intera esistenza, la sorregge e la conforta come si fa con un bambino che muove i primi passi in una terra sconosciuta, la tiene per mano dandole quel coraggio di cui necessità. Un libro che parla di amore in tutte le sue forme. Di amore mancato, di amore di madri e di figli, di amanti e di mariti. Di amore intenso, confortante, distruttivo, maturo, paziente. Di amore forte in quanto sentimento indispensabile per il superamento di tutte quelle prove che la vita ci riserva. Il titolo dell’opera è certamente evocativo e sta ad indicare tutti quei figli che non potranno mai venire al mondo e tutte quelle madri che soffrono per una tale condanna. L’autrice utilizza per i suoi personaggi dei nomi simbolici: Luce e Pietro. Luce rievoca il duro cammino della protagonista, quel suo ridarsi appunto alla luce, alla rinascita grazie alla forza e alla fermezza di Pietro. Un volume che va letto tutto d’un fiato, con cuore aperto e occhi sgorganti di lacrime per quel dolore immenso, viscerale, descritto in maniera semplice ma efficace. Un romanzo che spinge a riflettere e a reagire.