Come parlare di scienza in modo becero
Le settimane che abbiamo alle spalle non ci hanno risparmiato la valanga di commenti sui rilevanti risultati ottenuti dai ricercatori del CERN di Ginevra e dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso in merito alla velocità dei neutrini, molti dei quali del tutto insensati. E alcuni grandi giornali hanno fatto la loro parte, esibendo articoli sul "pensionamento" di Einstein e della teoria della relatività. Questo a dispetto della cautela dei protagonisti di questa importante vicenda scientifica che, come qualunque scienziato degno di questo nome dovrebbe fare, si sono dichiarati ansiosi che altri colleghi eseguano al più presto esperienze per confermare quanto da loro ottenuto.
In questo panorama avvilente non sono mancati certo articoli di specialisti o di giornalisti scientifici preparati che hanno posto nella giusta prospettiva il senso di quanto accaduto nel "tunnel di Gelmini", ma a riportare l'indice della bilancia della cultura scientifica diffusa dai media verso il pressapochismo e la scienza "per sentito dire" ci ha pensato il quotidiano Avvenire, nella persona di Leonardo Servadio.
Arrivando dopo fiumi di parole già scritte sull'argomento, per il giornalista dell'Avvenire era d'obbligo trovare il modo di rendere appetibile il proprio articolo agli occhi ormai assuefatti dei lettori. E un sistema l'ha trovato, disseminandolo di frasi eclatanti condite con errori scientifici e imprecisioni necessari per attirare l'attenzione. E noi che non siamo maligni, abbiamo pensato subito a uno strappo alla regola, a una scelta consapevole di forzare le cose per costruire il giusto "specchietto per le allodole". Un espediente non onorevole per contribuire alla vendita del giornale.
Se così fosse, una certa sofferenza intellettuale deve averla provata nello scrivere che "la scoperta, compiuta da un gruppo di ricercatori del Cern, mette in crisi la teoria della relatività di Einstein, fondata proprio sul presupposto che "C" sia una costante", visto che la velocità della luce (indicata nei testi di fisica con la lettera c minuscola) continua a essere costante anche dopo la scoperta tanto celebrata. E, se non sofferenza, almeno un certo disagio avrà patito nell'affermare che "il neutrino è il corpo più piccolo di cui si parli [...] al punto che si dubita se abbia veramente una massa", esistendo ormai prove sperimentali convincenti del contrario.
Ma le frasi a effetto non bastano. Una volta attirati i lettori vanno nutriti con i contenuti veri dell'articolo, la cui presenza giustifica la precedente attività ammaliatrice. Ed eccoci serviti! Facendo un'insalata di Marx, liberismo economico e fisica, l'articolista si lancia in un'improbabile analisi epistemologica della scienza che, paragonata alla magia, viene descritta come dispensatrice di "certezze assolute", un'attività che fa del dubbio "il termine cruciale che chi si appella alla scienza vorrebbe esorcizzare, cancellare, sopprimere". E nella mente di chi legge comincia a farsi strada l'idea che l'estensore dell'articolo non sappia di cosa stia parlando. Idea che diventa lampante quando scorrono sotto i nostri occhi le parole spese sulla cosmologia moderna e, soprattutto, sulla teoria della relatività di Einstein definita "una "teoria": ovvero un insieme organizzato [di cosa?, n.d.r.] fondato su ipotesi". Che poi queste idee abbiano una quantità sterminata di verifiche sperimentali che ne fanno una pietra portante della nostra visione del mondo, non importa nulla: l'importante è dare l'immagine di una congerie di affermazioni senza fondamento.
Fortunatamente, come nella migliore tradizione dei film sull'epopea western, una tromba si sente in lontananza: arrivano i nostri! Ormai sbigottiti leggiamo che "l'arrembaggio dei neutrini al castello di carte della fisica einsteiniana offre la grande opportunità di ripensare a questo meccanismo del confezionare certezze basate sulla facile consuetudine" e veniamo informati che è in atto un "assalto dei neutrini alle illusioni [...] di chi ha voluto adottare la teoria della relatività come culla di acritiche certezze in una nuova fede rivestita di scientismo volgare".
Il vero motivo di tanto intento demolitorio a suon d'ignoranza lo capiamo solo leggendo la frase di Chesterton appiccicata sopra le presunte macerie relativistiche: "chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente, perché comincia a credere a tutto. Soprattutto alle certezze preconfezionate offerte col sigillo dell'autorità". Ecco fatto, siamo arrivati al punto. La scienza non può costruire un sistema di conoscenze sul mondo indipendente dal marchio religioso, pena la realizzazione di "castelli di carta". Siamo alle solite critiche strampalate periodicamente diffuse dai giornali cattolici che, per fortuna, non sono unanimemente sottoscritte dai credenti. Più che un drappello di nordisti, quindi, sono in arrivo un esercito di eterei angeli/neutrini vendicatori, il che rende chiaro anche il perché erano stati definiti privi di massa...
Lo sconcerto che proviamo di fronte ad articoli come questo deve aver assalito anche Carlo Bernardini, fisico di prestigio e direttore della rivista Sapere, che non ha esitato a definire "stupidaggini epistemologiche" quelle scritte dall'Avvenire, consigliando a Servadio (un nome, un programma) di studiare.
Noi che non abbiamo l'autorità di Bernardini ci permettiamo di ricordare le parole di uno dei più grandi fisici del XX secolo, Richard Feynman, che a proposito del suo lavoro diceva: "Io ho risposte approssimative, ipotesi ragionevoli e diversi gradi di certezza su alcune cose, ma non sono assolutamente sicuro di nulla". Speriamo che aiutino chi scrive le insensatezze che abbiamo letto sul prestigioso quotidiano cattolico a farsi qualche domanda sulla loro fondatezza, suscitando, è proprio il caso di dirlo, qualche dubbio.