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New directions (come quelle del Glee)

Da Aboutaphoto

New directions (come quelle del Glee)

M. Varela, dalla serie Personal


Quando ho visto lo stile di questa ragazza ho capito che DOVEVO scriverci qualcosa sopra. Non solo per le foto in sé (non che non sia un motivo sufficiente), ma anche perché mi permettono di parlare di un altro tema molto discusso.
Comincio col dire che chi fa – o cerca di fare – questo “mestiere” vede parecchie immagini al giorno, per parecchie intendo centinaia. A volte mi capita di dover scrivere a un fotografo che già conosco (anche professionista) e chiedermi “che foto fa lui?” e quindi dover tornare a vedere il suo sito; per quanto riguarda Melissa Varela, invece, ho ben presente qual è il suo stile, cosa le piace e cosa no; è un fatto: le sue foto ti arrivano dritte come una secchiata di acqua gelida e te le ricordi, e questo, indipendentemente dal fatto che poi piacciano o meno è già di per sé un pregio. Il suo amore sfrenato per il colore, per la spontaneità, per la composizione APPARENTEMENTE non curata, per la foto “buttata lì come viene viene”, la rendono fresca, nuova, contemporanea. Sarà un caso che è una spagnola, che ha viaggiato parecchio e ora è stata adottata da Roma?

New directions (come quelle del Glee)

M. Varela, dalla serie Personal

New directions (come quelle del Glee)

M. Varela, dalla serie Personal


Ho così già accennato alla questione dibattutissima, casus belli di fior di litigate con “signori” professionisti del magico mondo della fotografia. Il fatto è che c'è sempre qualcuno che salta fuori col dire che queste sono immagini “ad cazzum”: c'è troppo contrasto, c'è troppo poco contrasto, “lo vedi che sul cappello il bianco non è perfettamente bilanciato?” e poi: ma cosa vuol dire questa inquadratura?, ma a chi interessa fotografare questa cosa? e il mai passato di moda “lo potevo fare anch'io!”. Ecco: non lo potevate fare anche voi e se potete, sbagliate comunque perché copiate!A parte che qui, a livello di postproduzione, il trucco c'è ma non si vede, poi c'è ricerca, c'è il mettersi in discussione (non solo il mettere a fuoco), lo scoprire nuovi linguaggi, nuove forme di comunicazione. Il punto è che Settimio Benedusi ha ragione (diononvoglia che scriva un'altra volta “Benedusi” e “ragione” nella stessa frase) quando dice che nel 2011 chi vuole fare il fotografo non può avere come massima aspirazione l'immagine “esasperatamente” perfetta, ma dovrebbe concentrarsi anche sul concetto di immagine, sul senso che può avere ancora creare foto in una società che ci circonda, che ci comprime di immagini già “esasperatamente” perfette. Io aggiungerei che chi vuole fare il fotografo nel 2011 sarebbe anche il caso aprisse un libro di storia della fotografia. Quando guardi il lavoro di Jacopo Benassi (artista a ragione “promosso” da Benedusi) e scopri che nelle interviste cita la Arbus, gli dai ragione; così come quando guardi le foto di Melissa ti vengono in mente Eggleston e Martin Parr. Concludo qua. Think about it!

New directions (come quelle del Glee)

J. Benassi


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