Da quando sono tornato dall’Europa, sembra quasi l’inizio di una nuova vita. Sembra che lassu’ qualcuno mi voglia dire che il Giappone non e’ (solo) terra di persone fredde, calcolatrici, conformiste, egoiste e senza passione che mi sto dipingendo nella mia testa da qualche mese a questa parte. O magari e’ solo un caso.
Fatto e’ che stamattina sono andato a ritirare il visto giapponese, l’ho fatto triennale questa volta. Arrivato allo sportello, dovevo consegnare passaporto, marca da bollo da 4000 yen, lettera di conferma del visto e registration card (la carta d’identita’, diciamo, il documento dove c’e’ scritto il tuo indirizzo in Giappone). Solo che, per un motivo che non mi sono ancora spiegato, la mia registration card e’ misteriosamente scomparsa dal portafogli. Sparita.
Beh, crediateci o no. In Giappone, all’immigrazione, un pubblico ufficiale vede che non ho il mio documento identificativo e, invece di mandarmi a casa perche’ non ho rispettato le regole scritte nero su bianco nella lettera che avevo ricevuto, mi dice “vabbe’ dai… hai una tessera, qualcosa, dove posso vedere il tuo indirizzo?”
Morale: ho rinnovato il visto con… la tessera a punti della tintoria! Ci credereste?
In qualsiasi altro paese del mondo senza documento mi avrebbero mandato a casa, c’e’ da scommetterci… chissa’ cos’e’ successo oggi.
Ieri sera invece ero fuori con un fornitore, il quale mi ha gentilmente offerto la cena nella vana speranza di sganciarmi qualche informazione, con domande che mi infilava qua e la’ e cui io rispondevo puntualmente “non so”. A un certo punto, sentiamo tre giappine che ridono e parlano ad alta voce, due tavoli a fianco al nostro… in italiano!
Le tipe in questione stavano ripetendo a turno parole come “piacere!”, “grazie!”, “buonasera!”, “pompino!”, in evidente preparazione per un viaggio in Italia. Ok, pompino no, l’ho aggiunto io.
Figata, penso. In un anno + sette mesi + svariati viaggi non mi e’ mai e poi mai e poi mai successo. Quindi, me ne fotto del fornitore e grido, due tavoli piu’ in la’ (in giappo, ovviamente): “ehi, andate in Italia?”
Loro si girano, una e’ veramente bona. No, mi correggo. Veramente bella. Un faccino delizioso, nasino all’insu’, magra, 25 anni non ancora compiuti (stima), capello lungo e colbacco di pelliccia in testa. E proprio lei mi fa: “si, ci stiamo allenando!”
“Ah… io sono italiano! Volete allenarvi con me?”
Loro ridono, cosi’ iniziamo una conversazione da tavolo a tavolo, con i salarymen tra i nostri tavoli che iniziano gia’ a innervosirsi mentre loro mi urlano parole in italiano e io correggo la pronuncia. Poi mi raccontano, sempre da tavolo a tavolo, che vanno a Roma, Firenze… e Venezia, ma Venezia solo per quattro ore (!!).
Al che prendo l’iphone, apro l’album delle foto di Venezia, passo loro il telefono, e iniziano a guardare le foto. Nel mentre il fornitore e’ visibilmente imbarazzato, non sa cosa dire, e cerca di ributtare il discorso sul lavoro. Ma e’ costantemente interrotto dalle tipe, che comunque dopo un po’ mi restituiscono il telefono e fanno per andarsene. Anzi, le altre due se ne vanno, mentre quella carina resta in piedi vicino al suo tavolo, a parlare con me. Prende tempo, mi chiede cosa faccio, dove lavoro… io rispondo, sorrido, e poi lei mi dice “vabbe’, allora ci si vede!”; io “si si, divertiti in Italia!” e poi se ne va, e io torno a chiacchierare col tipo.
Vi chiederete: tutto qui?
Si’, tutto qui. In realta’ avrei potuto darle un biglietto da visita, solo che mi e’ talmente piaciuto parlare con lei che mi e’ passato di mente.
Mi direte: indiscusso re dei pirla, ma si e’ fermata alla fine, stava aspettando che le dessi o le chiedessi un contatto!
Vi rispondo: lo so benissimo. Ma al momento ero impegnato a sorridere e a guardare quel bel faccino, vi ripeto… mi e’ completamente passato di mente.
Pero’ che bello avere dei contatti umani coi locali, una volta ogni tanto. Quasi ti rende speranzoso nel futuro.