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NEW ORLEANS: before the flood

Creato il 17 dicembre 2013 da Bluesmusic

NEW ORLEANS: before the flood

di Angela Megassini

Ho scritto questo articolo a “botta calda”, subito dopo l’uragano Katrina. Volevo ricordare una città, ma soprattutto “un mondo a parte” che la furia della natura e la stupidità dei potenti hanno devastato per sempre. Mi piange il cuore ogni volta che ripenso a quei momenti passati in una città che non dimenticherò mai più. Nell’anima ho la speranza che un giorno, forse lontano, New Orleans ritorni ciò che è sempre stata e per sempre resterà nei miei ricordi… “New Orleans the land of million dreams…”

…Ho lasciato il mio cuore su una panchina a New Orleans.

Così finiva il mio album fotografico nel lontano maggio del 1992.

Dopo esserci sposati, io e Fabrizio abbiamo fatto il nostro primo viaggio negli Stati Uniti andando proprio a New Orleans.

New Orleans era ed è la patria della musica del mondo, non solo del jazz come molti dicono (ovvero lo è stata ma ora il jazz c’è ma in minima parte), ma è un “calderone” di buona musica, prevalentemente blues, zydeco (il loro blues suonato con la fisarmonica), cajun (la musica degli acadiani, il popolo francese che dal Quebec è arrivato in Louisiana e dopo aver bonificato le paludi esistenti, vi si è stabilito in gran numero portando lingua, cultura, cibo e musica, quella cajun per l’appunto), soul, rhythm’n’ blues e gospel.

Siamo rimasti così folgorati da quella musica, da quella gente, da quel cibo che siamo ritornati anche nel ’94 e nel ’95.

Nel 1992 avevamo scelto il mese di maggio perché nell’ultimo weekend di aprile e nel primo del mese di maggio, c’è un bellissimo festival che si chiama “Jazz and Heritage Festival” che ogni anno raccoglie più di 450.000 persone, si dico bene proprio così tante persone, è uno dei festival più importanti degli Stati Uniti. Per due weekend puoi ascoltare musica dalle undici di mattina alle sette di sera, nell’ippodromo vicino alla città, dove vengono montati dieci palchi con la possibilità ogni mezz’ora di assistere a dieci concerti diversi, avendo l’occasione di ascoltare da B.B.King a Bob Dylan, e tantissimi altri grandi artisti.

Andare al “Fess”, così loro chiamano questo bellissimo festival, è un dovere se ami la musica americana. E’ così importante che si deve prenotare da un anno con l’altro tanta è l’affluenza di gente.

Tra la folla potete vedere famiglie intere con sedie, sdraie, ombrelloni, coperte, tutto per il picnic, bambini di soli pochi mesi, tutti insieme a ballare, ascoltare musica e fare amicizia, nella tranquillità più profonda.

L’organizzazione è perfetta, ricorderò sempre la sera finale che finisce la prima domenica di maggio alle 19 con il grande appuntamento fisso che è il concerto dei Neville Brothers, il più importante gruppo di New Orleans diventato famoso in tutto il mondo anche per la loro originalità musicale, ebbene ho contato ben 45 pullman che aspettavano fuori dal luogo dove si svolgeva il festival per portare le persone in città, non ho mai fatto una coda, mai. Questo mi sorprende ancora di più vedendo quanto è successo ora con l’uragano Katrina .

L’atmosfera che si respira a New Orleans è una sorta di aria di festa, la gente ti saluta quando ti incontra per strada, ti ferma per dirti che hai le stringhe delle scarpe slacciate.

Certo ci sono dei posti poi dove non è sicuro andare, ma anche a Milano ci sono…Basta non andarci.

Il Quartiere Francese è la parte più bella di New Orleans, è il posto più vecchio dove ci sono le maggiori attrazioni. Tanti locali di musica dal vivo, tanti negozi e tanti ristoranti.

Mi ricordo che la prima sera che siamo arrivati in città, eravamo un po’ spaventati sia perché era la prima volta negli States, e poi anche perché in Italia qualcuno ci aveva detto di stare molto attenti.

Così ci siamo diretti da soli a piedi, verso il French Quarter (il quartiere Francese), per andare in Bourbon Street, la via più famosa. In giro non c’era nessuno e così ci siamo leggermente preoccupati, sennonché girato l’angolo di un via e poi un altro ancora, abbiamo incominciato a sentire un certo brusio, ebbene arrivati in Bourbon Street ci siamo letteralmente stupiti nel vedere le centinaia di persone che affollavano solo quella via. Una specie di Viale Ceccarini di Riccione moltiplicato per 50 volte. Era uno spettacolo indescrivibile, musica da ogni porta, profumo di cibo ovunque, gente sorridente e allegra che sembrava venire da un altro mondo.

Già perché dovete sapere che gli americani stessi quando vogliono andare in vacanza a divertirsi vanno proprio a New Orleans. Non per niente è chiamata la “Big Easy” che vuol dire la “grande facile”, dove è facile divertirsi.

Ogni occasione era buona per conoscere qualcuno, poi per noi che venivamo dall’Italia lo era ancora di più. Eravamo quasi due “chicche” e spesso per strada molti si ricordavano di noi proprio perché venivamo da così lontano.

In un certo senso gli americani si sentono inorgogliti quando qualcuno da tanto lontano va a visitare il loro paese.

Al mattino poi non si poteva non andare al famoso “Cafè du Monde” un locale vicino al Mississippi dove potevi prendere il “cafè au lait” una specie di caffèlatte americano con una brioche buonissima fatta con la pasta delle nostre frittelle, con tantissimo zucchero a velo sopra che regolarmente ti cadeva sui vestiti e tutti ci riconoscevamo da quel velo di bianco che spuntava sui nostri vestiti dopo essere stati in quel caffè.

Il quartiere francese al mattino è un po’ assonnato, Bourbon Street meno caotica, quelli che la sera prima hanno fatto tardi ora dormono. Così il verde delle felci che abbelliscono quei particolari balconi ti riempiono gli occhi, ti fa specie vedere su quei balconi oltre ai vasi di fiori, tantissimi oggetti: dalle collane del Carnevale (altra festa bellissima che si svolge a febbraio il Mardi Gras per l’appunto), a sagome di finti alligatori, tanti ombrelli colorati e adornati e chi più ne ha …Così la tua macchina fotografica comincia a scattare foto solo a balconi, ne vale veramente la pena. I colori sono incredibili.

E per le strade tanta musica, tanti “artisti di strada” tutti eccellenti, ricordo un bambino di dieci anni che suonava la batteria, un vero “mostro” nel suonarla, e suo padre che con grande orgoglio raccoglieva le numerose “tips” (mance) che la gente non poteva fare a meno di dare.

E poi bambini che con i tappi di bottiglia sotto le scarpe improvvisavano balletti di tip tap, tutti ballerini stupendi.

Ti capitava anche di incontrare tanti ragazzi vestiti tutti con tuniche dello stesso colore, facevano parte di una stessa scuola di gospel, molto diffuse a New Orleans.

E poi in Congo Square, una delle piazze più famose, c’era la scuola di percussioni che raccoglieva bambini di tutte le età.

Quanti ombrellini variopinti tipici della città, semplici ombrelli colorati sui quali cucivano ogni sorta di pendaglio e poi lo utilizzavano per il sole e per ballarci.

L’uomo con l’ombrello da sempre ha aperto la parata delle “marching band” le bande musicali tipiche della città.

Quando entravi nei negozi non potevi fare a meno di notare i bellissimi oggetti di artigianato locale, nato dalla forte integrazione della cultura afroamericana con quella bianca.

Non dimentichiamo che New Orleans è stata la patria di Louis Armstrong il grande trombettista jazz al quale è stato dedicato sia un museo che una statua.

E il cibo? Come dicevo, a New Orleans si mangia benissimo, tanto pesce, ostriche e poi i loro famosi “crawfish” che sono una specie di gamberetti di fiume che cucinano in tantissimi modi. Puoi anche mangiare l’alligatore, molto prelibato, il famoso “jambalaya” una specie di paella, molto buono anche se molto piccante.

Un giorno ci siamo molto incuriositi perché tutti ci parlavano di questo famoso piatto tipico italiano, allora siamo andati in questo ristorante e ci siamo fatti portare la “muffoletta”: una specie di hamburger gigante crudo, con tanti strati di formaggio, verdura e salse. Ovviamente sono andata dal cuoco e gli ho detto che quello che loro spacciavano per tipico italiano da noi non esisteva proprio. Come dico sempre è il posto oltre all’Italia dove ho mangiato meglio e detto da un’italiana non è semplice.

Non ci siamo fatti perdere neanche la vista delle paludi, i bayou così come li chiamano, con i loro alligatori.

Passare sul lago Pontchertrain mi ha sconvolto, per attraversare il lago passi sul ponte più lungo del mondo e vi assicuro che è un’esperienza emozionante, davvero. Sia a destra che a sinistra solo acqua.

Il nostro risveglio al mattino era addolcito dalle note suonate da un musicista sul battello del Natchez (il famoso battello con la ruota che solca il Mississippi) utilizzando l’organo collegato alle canne fumarie dell’imbarcazione, sembrava di essere nel paese dei balocchi, era un suono che avvolgeva tutta la città che piano piano si stava svegliando.

Attorno a New Orleans ci sono poi le piantagioni con le bellissime case padronali, dove hanno girato tanti film tra cui “Via col vento”, quando ti siedi sulle verande di quelle bellissime case tutte bianche di legno, vorresti che il tempo si fermasse, e vorresti stare lì per sempre, ma poi qualcuno ti chiama e devi andare.

Ora penso a quella panchina che forse non c’è neanche più, ma là ho lasciato il cuore, in quelle paludi, in quelle vie, in quel bellissimo festival musicale, in quei locali, in quel cibo e in quelle meravigliose persone che sempre mi hanno accolto con tanta simpatia… speriamo che presto una magica ruota di un magico battello arrivi ad aiutare tutti coloro che ne hanno bisogno e spazzi via quell’acqua maledetta…

Angelina Megassini


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