“Come? Dove? Quando?” Si apre così il nuovo romanzo di Andrea Vitali “Premiata Ditta Sorelle Ficcadenti” e prima che l’incontro con l’autore abbia inizio è quello che sembra si chiedano gli astanti nell’attesa. Viene letto il primo capitolo ed un mormorio diffuso lo accompagna, risatine qua e la sottolineano ora il ritardo dello scrittore (bloccato in autostrada), ora i passaggi del suo libro. Pochi istanti dopo la lettura dell’incipit Vitali si presenta, saluta e prende a parlare, intervenendo più volte durante la presentazione della relatrice della serata. Non si scusa, come se il suo arrivo non solo non fosse previsto, ma neanche dovuto, per quanto necessario, e non per arroganza, quanto per una spontaneità nell’atteggiamento. Arriva non come se dovesse trovarsi lì quella sera, ma quasi si trovasse di lì a passare. Eppure quel ritardo è un po’ come una storia sospesa… Sento che qualcosa mi sfugge nella sua persona e attendo che sia la presentazione del suo libro a chiarire i miei dubbi. Intuisco da subito, da prima che l’incontro abbia inizio, quale potrà essere l’atmosfera, sbagliando a volte di poco nel ravvisare un riferimento al Fogazzaro (“un grande, ma sempre quel lago oscuro…”) o a Pennac, le cui atmosfere di quartiere sembrano essere state trasferite in un’ambientazione lacustre. Sfogliando il libro si percepisce immediatamente l’impronta di Bassani nell’uso del dialetto e dei modi di dire, la linearità di Celati nei “Narratori delle pianure” (“maestro” lo definirà), Piero Chiara, Soldati, Gadda (come sottolineerà parlando con i lettori al momento degli autografi in relazione al “Pasticciaccio”, ma confidandomi poi riferimenti più diretti, quantomeno per quanto riguarda l’ambientazione dei suoi libri, soprattutto alla “Cognizione del dolore”), Camilleri, Sciascia. Quando poi comincia a raccontare i suoi aneddoti, più o meno legati al testo presentato e derivati dalla sua esperienza di medico di base a Bellano, dietro ai grandi autori sopra menzionati, si sente un’eco classica, come una leggera armonia d’archi, che rimanda, ad esempio, al Chisciotte (Geremia, il protagonista, come nel romanzo di Cervantes, “non ha tutti i giovedì” e, come l’hidalgo, “una damigiana piena di testosterone” anche a causa di una donna), oppure il notaro, che egli rifiuta di far somigliare ad un Azzeccagarbugli manzoniano (autore questo di cui riconosce la grandezza nello scrivere una storia ricchissima partendo da un plot minimalista ma che non apprezza particolarmente nella retorica che lo circonda e di cui circonda la storia stessa) e che riprende soprattutto Rabelais, a cui fa riferimento anche nella dedica del libro, o ancora, nei dialoghi del testo, un sofisticato e semplice miscuglio di pettegolezzi e strategie sembra riprendere il teatro di Goldoni ed infine, soprattutto, è in Boccaccio che si devono ritrovare i riferimenti più numerosi e rilevanti, dalla malattia (qui il tifo, nel Decameron la peste) che apre il libro alle innumerevoli storie che, cambiando di volta in volta personaggio narrato e narratore, attraversano il romanzo.
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"New vintage - Vitali, uomo d'acqua dolce" di VITTORIO MUSCA
Creato il 06 maggio 2014 da Caffeletterariolugo“Come? Dove? Quando?” Si apre così il nuovo romanzo di Andrea Vitali “Premiata Ditta Sorelle Ficcadenti” e prima che l’incontro con l’autore abbia inizio è quello che sembra si chiedano gli astanti nell’attesa. Viene letto il primo capitolo ed un mormorio diffuso lo accompagna, risatine qua e la sottolineano ora il ritardo dello scrittore (bloccato in autostrada), ora i passaggi del suo libro. Pochi istanti dopo la lettura dell’incipit Vitali si presenta, saluta e prende a parlare, intervenendo più volte durante la presentazione della relatrice della serata. Non si scusa, come se il suo arrivo non solo non fosse previsto, ma neanche dovuto, per quanto necessario, e non per arroganza, quanto per una spontaneità nell’atteggiamento. Arriva non come se dovesse trovarsi lì quella sera, ma quasi si trovasse di lì a passare. Eppure quel ritardo è un po’ come una storia sospesa… Sento che qualcosa mi sfugge nella sua persona e attendo che sia la presentazione del suo libro a chiarire i miei dubbi. Intuisco da subito, da prima che l’incontro abbia inizio, quale potrà essere l’atmosfera, sbagliando a volte di poco nel ravvisare un riferimento al Fogazzaro (“un grande, ma sempre quel lago oscuro…”) o a Pennac, le cui atmosfere di quartiere sembrano essere state trasferite in un’ambientazione lacustre. Sfogliando il libro si percepisce immediatamente l’impronta di Bassani nell’uso del dialetto e dei modi di dire, la linearità di Celati nei “Narratori delle pianure” (“maestro” lo definirà), Piero Chiara, Soldati, Gadda (come sottolineerà parlando con i lettori al momento degli autografi in relazione al “Pasticciaccio”, ma confidandomi poi riferimenti più diretti, quantomeno per quanto riguarda l’ambientazione dei suoi libri, soprattutto alla “Cognizione del dolore”), Camilleri, Sciascia. Quando poi comincia a raccontare i suoi aneddoti, più o meno legati al testo presentato e derivati dalla sua esperienza di medico di base a Bellano, dietro ai grandi autori sopra menzionati, si sente un’eco classica, come una leggera armonia d’archi, che rimanda, ad esempio, al Chisciotte (Geremia, il protagonista, come nel romanzo di Cervantes, “non ha tutti i giovedì” e, come l’hidalgo, “una damigiana piena di testosterone” anche a causa di una donna), oppure il notaro, che egli rifiuta di far somigliare ad un Azzeccagarbugli manzoniano (autore questo di cui riconosce la grandezza nello scrivere una storia ricchissima partendo da un plot minimalista ma che non apprezza particolarmente nella retorica che lo circonda e di cui circonda la storia stessa) e che riprende soprattutto Rabelais, a cui fa riferimento anche nella dedica del libro, o ancora, nei dialoghi del testo, un sofisticato e semplice miscuglio di pettegolezzi e strategie sembra riprendere il teatro di Goldoni ed infine, soprattutto, è in Boccaccio che si devono ritrovare i riferimenti più numerosi e rilevanti, dalla malattia (qui il tifo, nel Decameron la peste) che apre il libro alle innumerevoli storie che, cambiando di volta in volta personaggio narrato e narratore, attraversano il romanzo.
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