Credo che ricorderò l’11 settembre 2001 per tutta la vita. Ero rientrata da pochi giorni dalla Thailandia e, con il crollo delle torri gemelle, tutto il mondo iniziò a cambiare. Ho ancora negli occhi le immagini trasmesse dalla tv con i camion dei pompieri, la gente che si buttava dai palazzi e la disperazione negli occhi di tutti.
Il 9/11 Memorial a New York, però, non è un luogo di morte quanto di rinascita. Una lunga coda e tre check point conducono all’interno del giardino di rose, che ospita due grandi vasche al posto dei grattacieli. Per costruirlo fu indetto un concorso dall’associzione no profit a cui fa capo il tutto, con l’intento di ricordare, onorare e rispettare coloro che sono morti, riconoscere il coraggio di chi ha messo a rischio la propria vita per salvare quella degli altri e riaffermare il rispetto della vita. Il progetto fu poi realizzato dall’architetto Michael Arad e del paesaggista Peter Walker, che crearono due piscine, da 4.000 mq ciascuna, circondate da possenti cascate che si gettano nella profondità delle vasche come infinite ed eterne lacrime.
Grazie al rumore dell’acqua, che attenua i rumori della città, sembra di essere nell’occhio di un ciclone, dove tutto tace mentre fuori infuria la tempesta. I bordi delle piscine sono formati da 76 placche di bronzo dove sono stati iscritti i nomi delle vittime, che sono stati disposti secondo un processo e un algoritmo che ha creato una sorta di “relazione” tra essi. Ad esempio i nomi delle vittime che si trovavano nella Torre Nord sono stati collegati a quelli dei passeggeri del volo United Airlines che colpì la torre stessa.
Tradizione vuole che il giorno del compleanno delle vittime venga posta una rosa bianca in corrispondenza del nome. Poco distante, a sorvegliare il Memorial e tutta New York City, c’è il nuovo, e non ancora completato, One World Trade Center: 1776 metri, che ricordano l’anno della dichiarazione indipendenza degli Stati Uniti.
Un luogo per ricordare e meditare, rispettando l’innaturale silenzio in cui è immerso.