“Io sono consapevole – sono stato reso consapevole – di che razza di luogo bizzarro sia New York, di come sia diversa dalla nazione cui vuole sovrintendere […]. Per certi versi, i comportamenti e le abitudini di New York sono remoti da quelli del resto del paese come Venezia lo è dal resto dell’Italia. Non solo remota dal punto di vista geografico, né perché la sua testa ancora si volge metaforicamente verso l’Europa. Remota nei modelli e nelle attività fondamentali della civiltà: muoversi, mangiare, fare il bucato. New York è una città di gente che si muove a piedi, in un paese di automobili; New York è una città in cui la gente porta i panni sporchi al lavasecco del quartiere, scarpinando per tre isolati. Noi ci affidiamo ai piedi e al treno, e qualche pedalata ricreativa in bicicletta, mentre l’America è – prima di tutto, soprattutto e definitivamente – un paese di automobili e di lavatrici.
[...]
“…New York non è l’America…”
Più di qualsiasi altra città, New York esiste al tempo stesso come una città di simboli e associazioni letterari e artistici, e come una città di cose reali. Questa è una verità emotiva, naturalmente – New York è una città di sogni eccentrici e di realtà che disilludono. Tuttavia, essa è anche una verità architettonica semplice e ovvia, una verità visiva, una verità materiale. Da lontano, la città appare in un modo – come un profilo pieno di simboli che invita pellegrini e visigoti – e più da vicino appare in un altro modo, come una città piena di gente.
[…]
“…è anche una verità architettonica semplice e ovvia…”
Il piacere di vivere a New York è sempre stato il piacere di vivere contemporaneamente in entrambe le città: la città simbolica delle affermazioni simboliche (questo è grande, io sono ricca, prendimi) e la città quotidiana delle necessità, della tessera dei mezzi pubblici, dei caffè, delle lunghe attese e delle scarpinate ancor più lunghe. […] È la città simbolica che ci attira qui, ma è la città reale che ci fa restare.”
Adam Gopnik, Una casa a New York
“È la città simbolica che ci attira qui, ma è la città reale che ci fa restare.”
________________________________________________________________________________________
INFO
“Una casa a New York”
«Adam Gopnik scrive per il New Yorker dal 1986. Ha vinto tre volte il National Magazine Award for Essays and for Criticism e il George Polk Award for Magazine Reporting. Vive a New York con la moglie e i loro due figli».
Il libro “Una casa a New York” è edito da Guanda ed è possibile acquistarlo in tutte le librerie e online (ISBN 978 88 6088 739 9).
[Le informazioni riguardanti l'autore sono state tratte dal sito www.guanda.it]