Quando analizziamo le saccadi non si considera solo l’aspetto della velocità e l’accuratezza ma anche un’altra caratteristica, cioè la capacità di inibire i movimenti verso un altro oggetto di interesse e mantenere la fissazione oculare. Le saccadi sono sia volontarie che riflesse: io posso guardare rapidamente un oggetto per mia volontà o posso essere attirato da un oggetto e quindi gardarlo come riflesso incondizionato. Se eseguo una saccade e voglio continuare a guardarlo, devo poter inibire l’aspetto riflesso nel caso ci fosse qualcos’altro ad attirare la mia attenzione. Per poterlo fare, dobbiamo usare il nostro cervello, la nostra volontà, il nostro lobo frontale. Quella parte di cervello che ci fa apprezzare la bellezza di un quadro e ci impedisce di guardare da un’altra parte. La stessa parte del cervello che, da bambini (e anche alcuni da adulti), ci fa restare attenti alle magie di un mago con gli occhi fissi.
Quindi se un individuo guarda con una saccade un oggetto di interesse per mantenere l’attenzione e continuare a fissarlo sopprime la voglia di guardare da un’altra parte. Quando non riesce a sopprimere nuovi movimenti saccadici ha difficoltà di attenzione perché in realtà è attento a troppe cose, a tutto, ad ogni nuovo stimolo e si delinea uno scenario di iperattività e deficit di attenzione. Questo scenario tuttavia introduce nel discorso altre aree cerebrali non oggetto ora della nostra conversazione. Quindi per non essere noi stessi in deficit di attenzione non andiamo oltre. Ovviamente non si esercitano le saccadi in un soggetto che non riesce a inibirle; gli renderebbero la vita ancora più complicata.
Continua…