Ci vuole coraggio per svuotare il caos, perché lo scoglio del caos è comodo nel mare della vita. Ci si può aggrappare con entrambe le mani, cullandosi nelle proprie illusioni. Ma arriva il momento del risveglio, arriva il momento in cui si rende necessario aprire gli occhi e avere il coraggio di sgombrare il campo dalle ombre, dalla doxa e da falsi dei costruiti a tavolino e nati da improbabili vergini. Soltanto così si potrà vedere e toccare la consistenza del vuoto senza temerlo, soltanto così, l’attività dello svuotare, darà i suoi frutti. Svincolarsi da ogni dogma, da ogni preconcetto, e pensare come una nuvola che corre nel cielo. Questo non è annullamento ma raggiungimento di una nuova consapevolezza. Morire per poi rinascere, un po’ come facevano gli alchimisti, che dal nero assoluto e dall’indifferenziato postulavano una seconda nascita. Così accade, che a pensarci bene, il nichilismo attivo di Friedrich Nietzsche con la sua volontà di potenza mai cristallizzata ma sempre rinnovantesi nell’esplorazione di nuove riempitive possibilità, appare più zen di quanto possa sembrare ad una superficiale e preconcetta analisi. Niente punti di vista conclusivi. La ricerca del vuoto non ama la preconfezione “consola-anime”. Il vuoto da riempire scioglie ogni certezza, la annienta in nome di più elevate pulsioni vitali, di energie che l’uomo possiede ma spesso dimentica di avere. Conoscere diventa così un riportare qualcosa a qualcos’altro, un regressus in infinitum.
In questo senso il nulla non può essere ridotto alla realtà ontologica, perché tutto è nulla, sia l’essere che il non essere. Il nulla non è sic et simpliciter la negazione della presenza o l’assenza della presenza. L’io stesso è nulla, un’illusione. Tutto è nulla. Lo zen non ragiona per negazioni, perché la negazione conduce sulla strada di falsi problemi. Nulla non è assenza di presenza, di idea o di essere. Non è legato a doppio filo con l’io, l’astrazione o la ricerca ontologica. Nulla è semplicemente spazio da riempire di nuove possibilità. Heidegger diceva che il nulla è muto, solo energia. Il buddhismo supera la metafisica per vedere il tutto nel nulla intimamente legato al tutto. I motti zen hanno lo scopo di distruggere gli schemi preimpostati del pensiero, nello sforzo di nuove connessioni. I kouan, infatti, trascendono il buon senso con lo scopo di creare un vuoto mentale che favorisce la riflessione. E come il nichilismo attivo, lo zen distrugge l’opinione comune, crea un vuoto conseguente alla distruzione e invita a pensare tramite paradossi logici. Distrugge il dio del pensiero comune, per costruire una nuova libertà. Anche il coraggio di dire, “io non sono” perché ogni definizione è dubbio, è un passo avanti sulla strada dell’esplorazione della forza graffiante e caleidoscopica del nulla.
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