7 luglio 2014 Lascia un commento
Colmiamo la lacuna ed eccoci a Bologna, al celebre MAMbo che ci accoglie prima di tutto con una personale dello statunitense Nick van Woert. Abbondante lo spazio a lui dedicato ma del resto l’artista si esprime con grandi impianti che richiedono un respiro ampio e meditato.
I suoi materiali sono quanto di meglio l’odierna societa’ industriale puo’ offrire con schiume, plastica, gomme che non di meno si fondono con acciaio, pietra e gesso, sposalizio temporale piu’ che materiale che poi e’ la cifra stilistica del nostro.
Nel lavoro di van Woert il tempo viene semplicemente annullato attraverso operazioni anche molto diverse tra loro ma che infine negano presente e passato, convogliandolo in un futuro solo eventuale, dal sapore distopico, archeologia futura di un’epoca ancora da inventare. Percio’ se da un lato il presente al suo peggio, spazzatura, residui di materiali vari ma anche pietre e rami, sono raccolti in futuristiche teche alcune delle quali percorribili come un labirinto per un viaggio temporale che sia anche fisico e spaziale, enormi totem come avatar di uomini succedanei degli dei, mitizzano il presente in un futuro apocalittico. Si sottolinea questo aspetto attraverso la fusione di materiali antichi e nuovi, disgregazione del passato in un incerto ma caotico futuro. Attraverso i bisogni effimeri del nostro tempo, si idealizza una mitologia futura e con essa un neoclassicismo reinventato da una civilta’ implosa e non piu’ rialzata dopo un crollo rovinoso. Se in apparenza l’atmosfera e’ cupa e deprimente, in realta’ l’ironia fortissima trasforma il dramma in farsa aggiungendo in questo modo una ulteriore chiave di lettura, anzi la chiave di lettura che mi ha fatto apprezzare maggiormente la mostra.
Naturalmente la visita e’ proseguita nella sezione permanente del MAMbo.
Praticamente contiguo all’ingresso troviamo il Museo Morandi, a tutti gli effetti un museo dentro il museo dedicato al grande artista bolognese. Nel ripercorrere la sua carriera attraverso le celebri bottiglie e nei paesaggi di Grizzana sull’appenino bolognese, non soltanto diventa palese il rapporto dell’artista col colore e le forme ma se ne evidenzia la funzione ideologica, verso una sperimentazione che supera la rappresentazione declinandosi alla metafisica, nonche’ all’equilibrio complessivo dell’immagine. Oltre i libri, le analisi e i trattati, Morandi e’ tutto qui e con lui il lascito al mondo dell’arte che ritroviamo soprattutto negli omaggi e nelle infinite citazioni.
Confesso che in generale il MAMbo non mi ha impressionato. Troppo limitato nelle opere e qualcosa da ridire sull’organizzazione generale. Si e’ voluto dedicare ben piu’ di un occhio di riguardo alla bolognesita’ degli artisti in mostra e cio’ e’ giusto, persino dovuto laddove ad esempio l’influenza di Morandi si palesa prepotente ma nel contempo cio’ limita il campo d’azione della galleria. Molto interessanti le sezioni dedicate all’Informale, Forma 1 e l’Arte Povera ma nel contempo il riassunto e’ eccessivo e un singolo Perilli, Burri o Pozzati non vanno oltre il rappresentativo di movimenti ben piu’ vasti e complessi.
Anche la sezione "Arte e Ideologia" regala qualche sorpresa ma nel complesso non trovo sensata una classificazione che dovrebbe invero attraversare trasversalmente tutte le correnti e soprattutto troppo limitata in un discorso che vorrebbe un ben piu’ ampio approccio.
Allo stesso modo le sezioni piu’ recenti riguardanti le nuove acquisizioni e "Focus on Contemporary Italian Art" ottengono l’effetto di un accumulo disordinato coerente solo nella nazionalita’ degli artisti o della loro data di nascita.
Ecco diciamo che non consiglierei il MAMbo come primo approccio all’arte contemporanea ma oltre questo resta uno spazio importante a compendio dell’argomento vasto come l’intero XX Secolo.