Scoprimmo il musicista di origini lucane, da tempo di stanza a Venezia, che era il 2013, l’occasione fu data da un lavoro a nome Fieldnotes. Lì provava a cucire atmosfere dal taglio quasi cinematografico, divise tra elettronica elegante e speziate suggestioni “ambientali”. Con questo Istruttiva Serie (intestazione criptica ed affascinante) il discorso devia verso una maggiore impronta materica – azzarderei “metallica” – peraltro mai minacciosa, che ben si adatta alla rielaborazione di un percorso sempre poco scontato e denso di inaspettati sviluppi, basti fare attenzione ai soundscape dell’iniziale e articolato primo episodio del 12”, di cui occupa tutto il primo lato. Sull’altro le cose si fanno ancora meno addomesticabili, ad esempio nelle volute elettroniche e i crepitii finali del terzo brano, durante il quale si elevano sonorità sinistre, penso alle folate di feedback di stampo quasi bruitista (Giuseppe Ielasi al mastering dà il tocco in più che sa di necessario controllo sulle fonti sonore) come suonate da un menestrello, passatemi la provocazione. Quella stessa “delicatezza” del tratto che riesce a far muovere le onde melodiche di “IV” o la breve sinfonia in reverse di “V”, che chiude un album di non facile fruizione, nel quale Di Croce si mette in gioco con discreto coraggio e stile, supportato da una piccola realtà discografica di Trento che sta pubblicando cose altrettanto complesse (comprese le grafiche, molto curate) e poco etichettabili (Pequod, Giovanni Lami, Metzengerstein).
Dischi 2015, kohlhaas, nicola di croceMagazine Musica
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