Quanto mi dai se mi sparo? è l’unico romanzo scritto dal cantautore Sergio Endrigo circa vent’anni fa. A portarlo in scena è Nicola Pecci con la partecipazione di Claudia Endrigo, figlia dell’artista scomparso nel 2005. La riduzione dell’opera e la regia sono di Andrea Bruno Savelli che impreziosisce la rappresentazione, non a caso intitolata Sergio Endrigo L’ultimo concerto, con le bellissime canzoni di Endrigo incastrandole perfettamente nel racconto. Quanto mi dai se mi sparo? ha una trama sempre attuale che porta avanti una critica profondamente tagliente nei confronti della nostra società e del nostro modo di vivere, un’analisi assolutamente condivisibile vera oggi come vent’anni fa. La vicenda è incentrata su Joe Birillo, uomo in crisi che trova come unica strada verso la popolarità la morte e decide di rendere la sua dipartita uno show che possa fruttare molta visibilità e molti soldi.
Abbiamo incontrato l’attore e cantautore Nicola Pecci interprete magistrale di questo toccante spettacolo.
Nicola, come nasce l’idea di questo Sergio Endrigo L’ultimo concerto?
«Lo spettacolo nasce da una mia grande voglia di fare qualcosa su Sergio Endrigo. Ultimamente finisco sempre per unire prosa a musica, una sorta di teatro-canzone con la mente a Gaber. Parlando col regista, Andrea Bruno Savelli, abbiamo fatto delle ricerche e Andrea ha scovato un quasi introvabile romanzo: Quanto mi dai se mi sparo? scritto da Sergio Endrigo. L’abbiamo letto e siamo rimasti folgorati. Era perfetto da mettere in scena. Abbiamo così contattato Claudia Endrigo proponendole l’idea. Lei, con molto entusiasmo, ha accettato addirittura di fare un cammeo (interpreta una giornalista). E, devo dire che, al suo esordio come attrice ha convinto tutti!».
Senti questo spettacolo autobiografico?
«Beh, forse non proprio autobiografico, ma sicuramente ci sono dentro fino al collo. Non ho mai raggiunto il successo, ma lavoro e vivo di musica e di teatro ormai da 15 anni, quindi conosco un tipo differente di frustrazione rispetto a quella dell’Endrigo del romanzo. Ma in qualche modo sono situazioni simili. Ho avuto contratti con major, per esempio, senza mai aver pubblicato con loro dischi. Ne ho viste e sentite di tutti i colori, ho preso le mie distanze dalla ricerca del successo. Preferisco fare le mie cose e farle al meglio, giorno per giorno».
Anche nella tua carriera di cantante proponi cover di Endrigo?
«Sì, certamente. Nei miei concerti non mancano mai cover di quelli che considero i padri della musica cantautorale italiana: Endrigo, appunto, Tenco, Ciampi, Paoli, Lauzi. Sono loro la mia ispirazione artistica».
Quali sono le emozioni che senti cantando le canzoni di Endrigo?
«Io quando scrivo canzoni vorrei sempre che qualcuno che le ascolta mi dicesse: “Somigliano a me”. Ecco, sento di somigliare ad Endrigo quando ascolto e canto i suoi brani, sento vicine le sue parole, e soprattutto il modo in cui lui le usa, che credo sia la vera svolta nella scrittura di una canzone. Un “poi” messo all’inizio della frase piuttosto che a metà può far volare un testo. E in questo Endrigo e Tenco sono stati maestri assoluti».
Non ti fa paura il paragone con un artista del calibro di Endrigo?
«Non mi fa paura perché credo che non si ponga neppure il problema. Per me è solo un onore aver avuto la possibilità di potermi avvicinare così tanto ad una figura enorme della cultura italiana. Grazie a Claudia ho potuto leggere testi inediti di Sergio, e addirittura poterne mettere in musica uno, 1982, che è ormai diventato una canzone che presto pubblicheremo. È quasi incredibile per me, credimi. Ovvio che espormi con un inedito che porta la firma Sergio Endrigo/Nicola Pecci (ma anche Federico Pecci, mio fratello, che ha dato un grosso contributo alla scrittura della musica), mi mette un po’ in ansia, ma è una canzone molto bella, e questo mi tranquillizza. La bellezza mi rassicura e mi dà forza. Sempre».
Porterete in giro questo bellissimo spettacolo?
«Dopo le due bellissime date fiorentine e l’entusiasmo di Claudia, c’è grande voglia di portarlo in giro per l’Italia. Speriamo! La prima tappa vorrei fosse Roma. È fondamentale ripartire da lì. E poi sarebbe bello Trieste».
Raccontaci i tuoi progetti per il futuro
«Portare nei teatri italiani questo spettacolo e promuovere al meglio questa canzone inedita, 1982, che nasce da una poesia di Sergio Endrigo. Un testo solitario e commovente, come quelli che piacciono a me».
Fotografie di Federica Zingarino