Definirei questo spettacolo composto da diversi copioni scritti da Aldo Nicolaj , diretto da Alessandro Stellacci e interpretato dalla compagnia QdF Teatro uno scrigno perfetto dal contenuto tremendo, che altro non è che la nostra pazzesca e dolce amara vita moderna.
Sul palcoscenico, tra nuvole di fumo serpeggiano i nostri malumori, le piccole idiosincrasie che ci rovinano la vita e ci appesantiscono l’animo e i giorni. Assistere a tutto questo in scena ci fa quasi paura, e anche un po’ velatamente sorridere con amarezza, per l’assurdità di alcuni momenti di vita che lo spettacolo volutamente spinge sopra le righe per farci da specchio e costringerci a riflettere.
Tre pièces indipendenti ma con un unico filo conduttore: l’illusione di essere sempre e comunque gli unici artefici del nostro destino e i padroni indiscussi delle nostre vite e, se possibile, anche di quelle altrui.
Un’attrice in crisi, dunque un’artista insoddisfata e bramosa di successo, va a braccetto con un’altra donna cinica e disillusa che sotterra un uomo buono, ma nevrotico ed inconsapevole; l’esatto contrario di un padre, che si crede l’indiscusso capo, di una famiglia singolare, ma in fondo molto comune, con la pretesa di essere perfetta.
Nel primo atto unico, Il telegramma, l’illusione di una carriera per la quale si è disposti a tutto; nel secondo, Il belvedere, un uomo e una donna qualunque, che nel loro casuale incontro-scontro si scambiano opinioni su un terreno comune chiamato male di vivere; ed infine il terzo e ultimo atto, Una famiglia molto unita, che ci ributta addosso le alchimie perverse di dinamiche famigliari, tanto patologiche quanto diffuse ed esilaranti.
Le musiche, la voce di un’attrice fuori campo che si racconta negli intervalli, il buio e la luce, pochi oggetti significativi, fanno da cornice ad una rappresentazione minimalista e visionaria, che merita di essere vista ed apprezzata.