“Niente è come te” di Sara Rattaro

Da Vivianap @vpicchiarelli

Due scatole colme di libri, pupazzi e tante fotografie. Tutto il mondo di Margherita è racchiuso in quelle poche cose. In spalla il suo adorato violino e tra le mani un biglietto aereo per una terra lontana: l’Italia. La terra dove è nata e che non rivede da quando è piccola. Ma ora è lì che deve tornare. Perché a quasi quindici anni Margherita ha scoperto che a volte è la vita a decidere per noi. Perché c’è qualcuno che non aspetta altro che poterle stare accanto: Francesco, suo padre. Il suono assordante dell’assenza di Margherita ha riempito i suoi giorni per dieci anni. Da quando sua moglie è scappata in Danimarca con la loro figlia senza permettergli di vederla mai più. Francesco credeva fosse solo un viaggio. Non avrebbe mai pensato di vivere l’incubo peggiore della sua vita. Eppure, ora che Margherita è di nuovo con lui, è difficile ricucire quello che tanto tempo prima si è spezzato. Francesco ha davanti a sé un’adolescente che si sente sbagliata. Perché a scuola è isolata dai suoi compagni e a casa passa le giornate chiusa nella sua stanza. Ma Francesco giorno dopo giorno cerca la strada per il suo cuore. Una strada fatta di piccoli ricordi comuni che riaffiorano. Perché le cose più preziose, come l’abbraccio di un padre, si possiedono senza doverle cercare. E quando Margherita ha bisogno di lui come non mai, Francesco le sussurra all’orecchio poche semplici parole per farle capire quanto sia speciale: “Niente, ma proprio niente, è come te, Margherita”.

Sara Rattaro ha una scrittura delicata, pesa l’equivalente di una piuma nonostante i macigni delle storie che racconta. Le tematiche che affronta sono sempre incandescenti, spaccano il cuore e mettono in subbuglio l’anima, ti rincorrono e non ti lasciano andare, perché ti si avvinghiano attorno e non ti danno scampo, e le lacrime pretendono di uscire, tuo malgrado. In particolare, questa storia ti annienta perché siamo poco avvezzi a sentire di padri che lottano per i propri figli sottratti da madri senza cuore. Perché di madri senza cuore è pieno il mondo, ma pare che il mondo per primo faccia fatica a riconoscerlo, quasi a volerne tutelare a tutti i costi l’immagine salvifica e a tratti angelica che neanche i più efferati delitti degli ultimi anni sono riusciti a scalfire. Sara, durante la presentazione del libro ad Assisi, è stata chiara: la scelta di riservare alla madre il ruolo della cattiva non è voluto e non risponde ad alcuna logica volontaria di sessismo inverso, eppure io ci ho voluto leggere una fortissima presa di posizione: essere madre non significa poter godere di una superiorità genitoriale a prescindere. Ma l’aspetto principale su cui ruota l’intero impianto narrativo sta nella necessaria presa di coscienza del fatto che troppo spesso continuano ad essere i figli a pagare il prezzo più alto per i capricci di individui che, forse, i genitori non avrebbero dovuto mai diventarlo, e per questa distorsione sembra non esistere soluzione, a mio avviso.


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