Incerto, ti spogli di fronte a me.
E la tua voce, profonda, crea vertigini secondarie.
Voglio solo sapere l’origine dei tuoi nei.
Non c’è niente di male a lasciarsi prostituire…almeno un pò…non dico tanto.
Cosa dici?
Mi senti amorale?
Diversa vuoi dire. Non è neanche un offesa.
Hai una luna che non vedi, che non senti e non vuoi capire.
Non si agisce più per abitudine,
anche la rotazione terrestre crea squilibri necessari,
ciò che rimane di un lungo vagare, a volte, non è che una resa.
Così tu non dici e non cerchi.
Ma dovresti chiedere di più, insultami e basta.
E rivelami i tuoi più profondi.
Per quanto mi riguarda posso anche vestirmi da cameriera.
Cosa dici? Sto giocando?
Non voglio più regali in plexiglass in cui mi costringevi anni fa e neanche cieli virginali o uterini.
Neanche le tue psciomanie che si confondevano con le mie fobie. Basta anche con le code nei cinema nell’attesa di incontrare McLuhan.
Nel silenzio delle crisi si creava una lontananza visibile solo agli altri.
Ma ora che tu, tu, si, dico a te, come ti chiami pure?
Ecco, tu.
Ora che sei qui potresti anche farti conoscere un pò.
Però non parlare a lungo. Dammi solo l’essenziale e lasciati comprare un pò.
Dici, corromperti.
In questo mondo di transazioni finanziarie non resta che stabilire solo i termini giusti di uno scambio equo e soddifacente per le parti.
Di questi giorni, di queste religioni, di questi governi, di questi effetti collaterali, perchè non facciamo soltanto una piacevole e tranquilla passeggiata sui viali.
Ma tu dici soltanto di lasciarti un altro giorno per pensare.
Sembrava tutto così perfetto. Quando ci siamo incontrati per la prima volta.
Avevamo soltanto il nome e un ordine tutto nostro delle cose.