Le ultime elezioni in Nigeria sono da molti considerate uno spartiacque per questo paese che assume un ruolo centrale nel panorama africano essendo il più popoloso del continente con 170 milioni di abitanti.
Il primo punto di svolta è stata l’alternanza. Nel 1999 i Generali lasciarono ai civili il potere di costituire un governo. Da quell’anno a queste elezioni, la Nigeria è stata sempre guidata dal People’s Democratic Party. Con la sconfitta del presidente uscente e la vittoria di All Progressive Party guidato da Muhammadu Buhari, il paese africano ha sperimentato per la prima volta l’essenza della democrazia, l’alternanza.
L’altro aspetto di cambiamento, decisamente legato al primo, è l’alternanza pacifica. Goodluck Jhonathan, ormai ex presidente, ha accettato la sconfitta e si è congratulato con il suo avversario. Un evento poco frequente in Africa dove i capi di Stato perdenti cercano di rimanere attaccati al potere con ogni metodo e le opposizioni nella stessa maniera provano a delegittimare il voto se sconfitte.Anche la Nigeria alle precedenti elezioni del 2010 ha sperimentato caos e violenza con un bilancio di 800 vittime.
Buhari è un musulmano delle regioni del nord ed ex militare che ha governato la Nigeria negli anni Ottanta dopo il colpo di Stato del 1983. Dopo il 1999 si è presentato tre volte alle elezioni nazionali uscendone sempre sconfitto. Quest’anno oltre alla maggioranza del voto dei musulmani (circa la metà della popolazione per lo più situati nelle regioni del nord dove è vigente la sharia, la legge islamica) ha ottenuto un importante risultato anche nelle regioni centrali e a Lagos, la capitale commerciale della Nigeria.
Il suo partito ha molto da provare. Buhari ha proclamato se stesso un messaggero del cambiamento. Ha conquistato i voti dei disgustati dalla lancinante corruzione del quindicennio del People’s Democratic Party e dall’incapacità dello stesso di far fronte alla minaccia degli insorti islamici di Boko Haram che hanno fatto 15.000 vittime nel nord est del paese. Non a caso il suo slogan elettorale di maggior impatto è stato “We will end Boko Haram”.
Malgrado la brutalità del regime repressivo guidato da lui stesso negli anni Ottanta, il popolo ha enorme fede in The Man Buhari. La sua fiera denuncia della corruzione e il suo stile di vita frugale hanno affascinato i poveri che sono la maggioranza della popolazione della Nigeria.
In Nigeria, il presidente è seguito ogni momento della sua vita, come se vivesse in una gabbia e le aspettative sono sempre alte per la sua attività politica. Ora nella gabbia c’è Buhari che ha già messo le mani avanti sulle aspettative annunciando: “non posso promettere miracoli”.
Una nuova Nigeria all’orizzonte? Ci vediamo fra quattro anni con The Man Buhari.
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