Appresa , ieri sera, la notizia che, per la morte di Ojukwu, avvenuta all’età di 78 anni, in una clinica di Londra, nel novembre scorso, la Nigeria ha celebrato una giornata di lutto nazionale, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata quella di andare a cercare negli scaffali della mia biblioteca la vecchia copia del libro di Goffredo Parise, reportage di guerra, dal titolo appunto “Guerre politiche”, a suo tempo pubblicato dalla torinese Einaudi e oggi riproposto, per chi volesse leggerlo, dall’Adelphi.
Un libro dalla prosa incisiva, che non si occupa solo di Biafra ma soprattutto della terribile guerra del Vietnam, del Laos, del Cile, eventi di cui i giovani d’oggi sanno ,di certo, poco e niente.
Ma chi era Ojukwu ?
Odumengwu Ojukwu è stato il leader della famosa guerra del Biafra contro gli interessi occidentali, e senza limiti ,delle multinazionali del petrolio del suo tempo.
Una guerra, era il 1967, che portò alla secessione del Biafra dal resto della nazione ma che fece anche conoscere al mondo intero quali fossero le reali inumane condizioni di vita di uomini, donne, anziani e bambini di quell’angolo di Africa, dove si galleggiava sul petrolio ma la cifra dei morti per denutrizione (leggi fame, fame vera che noi non conosciamo neanche per finta) si aggirò, a conflitto terminato, a quel che riferiscono i documenti del periodo, quanto meno, se non di più, intorno alle seimila unità.
E, a casa nostra, con il consueto umorismo qualunquista, biafrano divenne poi subito sinonimo di persona scheletrica, cadavere ambulante, morto di fame.
Tralasciando i ricordi e la bella efficace prosa di Parise, che mi riporta indietro all’autunno in cui cominciai a frequentare l’università , attualmente la Nigeria continua ad essere (vedi, ad esempio, le condizioni di vita nel delta del Niger) la polveriera che abbiamo sempre conosciuto proprio per tutte le contraddizioni presenti nel Paese.
Abbiamo, infatti, da una parte ricchezza e benessere (e si tratta di una fetta consistente di popolazione), servizi efficienti per quelli che sono gli standard africani nei grandi centri, banche d’affari, università funzionanti e di prestigio, un’industria cinematografica che si difende bene.
E, dall’altra, una grossa povertà, addirittura miseria, tra contadini, pastori, pescatori.
Una povertà spesso tale da fare paura.
Quella stessa che porta, poi, alcune ragazze nigeriane, vittime di “papponi”,quasi sempre connazionali, a battere sulle nostre strade per fare il “mestiere” più antico del mondo.
E causa scatenante di questa vergognosa povertà o miseria, come può piacere chiamarla, sono sempre e solo i profitti derivanti dal petrolio o da altri loschi affari, quelli insomma che finiscono inevitabilmente sempre e solo nelle stesse tasche, o meglio, negli stessi conti correnti .
In Nigeria talora ma meglio all’estero.
A fare da contorno all’assenza di pace si può anche aggiungere quelli che la stampa estera fa passare per ripetuti conflitti etnici (rivalità per appartenenza ad etnìe differenti) o religiosi, visto che nel Paese si contendono da sempre la leadership politica cristiani e musulmani. E quest’ultimi, alcune frange almeno, potrebbero anche essere simpatizzanti del cosiddetto terrorismo internazionale con tutto quanto ne consegue(si vedano gli ultimi attentanti e le plateali minacce di abbandono della Nigeria a coloro che professano il cristianesimo).
Insomma riflettevo, con tra le mani il libro di Parise e il pensiero alla morte dell’allora giovane e fiero condottiero igbo che, dopo quasi mezzo secolo la storia, quella che i latini definivano “magistra vitae”, ci dice invece a chiare lettere che in Nigeria da allora ad oggi non è cambiato molto.
Forse proprio niente.
C’è sempre il solito bianco a caccia d’affari e il nero che fa da mediatore e intanto intasca bei soldoni.
Un fotografo nigeriano, di cui in questo momento non ricordo il nome, ha vinto in Svizzera un prestigioso premio, lo scorso anno, proprio per aver fotografato i contrasti tra il mondo dorato di chi va in Nigeria a fare gli affari e a vivere la bella vita in alberghi ,ristoranti e night di lusso, solitamente il bianco straniero( ma ci sono anche alcuni nigeriani d’alto bordo) e i poveracci, che escono dalle loro casupole col tetto di lamiera e vanno a rubare un po’ di petrolio magari per usi domestici.
E talora ci lasciano anche la pelle. Come è già accaduto.
Resta il fatto che la Nigeria per gli stranieri ,anche uomini d’affari africani, è comunque e sempre un buon “pollo” da spennare.
Un paese popoloso(160 milioni di abitanti) e discretamente ricco,questo è la Nigeria.
Ecco allora “ Massmart”, il più grande gruppo sudafricano attivo nel settore della grande distribuzione, con 700 supermarket in tutta l’Africa, quotato sul mercato azionario del Sudafrica, voler aprire ben venti supermercati in sei diverse grandi città della Nigeria.
Affarissimi assicurati ovviamente per “Massmart” e per chi, soprattutto, consentirà il suo arrivo.
Gli affari sono affari. Come sempre e in ogni tempo.
I poveri e la democrazia possono attendere.
Ancora.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
Nella foto in basso il leader della guerra del Biafra(1967) , Odumengwu Ojukwu, com'era oggi