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Nel leggendario compositore-genio dell'Indiana, abbiamo qui un marito irreprensibilmente fedele alla musica, contro ogni tentazione carnale, e un uomo disattento alle esigenze più che legittime di una compagna dalla pazienza fiabesca. L'unico lato oscuro di Cole Porter è qui l'istinto viscerale nel fare musica, non c'è nulla che possa rivelare l'anima più sfaccettata e autentica, meno lineare del protagonista di De Lovely di Irwin Winkler. Intendiamoci, forse il più recente - bellissimo! - film biografico, abbattuti gli steccati della vecchia commedia di genere, insiste un po' troppo sull'omosessualità di Cole Porter e sottolinea con enfasi la sua sensiblerie erotica: però l'esito nell'insieme quasi sessant'anni dopo ci restituisce un uomo e compositore meno monolitico.
E direi, in fin dei conti anche meno indigesto. Voglio dire che Cary Grant è adorabile ed è perfino insostituibile, nella misura in cui garantisce a Night and Day il lasciapassare per una commedia in perfetto stile da cinema americano (che qui forse si incrina appena in qualche occasionale e inevitabile momento di commozione). Ma per essere tale - e scongiurare la sia pur minima ricaduta biografica - Cary Grant deve rimanere per tutto il film Cary Grant senza un minimo di immedesimazione ed autocelebrarsi quale genio indiscusso della commedia musicale americana. Il risultato è che il brio impagabile di certi numeri contribuisce ad alimentare il mito muliebre del fascino di un uomo di celluloide qual era in effetti Cary Grant, dando magari qua e là una stoccata più o meno surrettizia a certe voci maligne che volevano Cary Grant - come Cole Porter - interessato più agli uomini che alle donne.
Rimane il fatto che la vita sentimentale del compositore passa qui in secondo piano e viene diluita, anche nella sceneggiatura, nella vita "pubblica", tra grandi sale e solotti, impresari e ballerine. I comprimari e le comparse hanno tutto il peso della spalla nel teatro di varietà. Dalla bella, algida e un po' insipida, Linda Lee di Alexis Smith al macchiettistico e ammiccante Monty Woolley nei panni di se stesso come nella migliore tradizione di intrattenimento americano o alla fatua Carole di Ginny Simms, vorace di ricchezze: tutti, sembra, non devono fare un passo per superare il loro steccato, perché il musical abbia successo. Né si vuole mascherare - anche sul piano tematico - l'interesse piuttosto becero e meschino per l'apprezzamento di massa, per la vendita di un prodotto che, per essere più smerciabile, deve fare appello al livello più popolare possibile. L'arte, in Night and Day, intrattiene solo con ciò che il pubblico capisce e apprezza già, non c'è nessun tentativo di educare all'ascolto; anche il successo di Cole Porter sembra frutto di un fortunato - e quasi rabdomantico - ritrovamento di un filone d'oro di emozioni nell'animo degli spettatori statunitensi (il successo europeo è più o meno una medaglia al merito del genio americano).
D'altra parte, il tentativo di inserire l'uomo Cole Porter nella storia va incontro qui a maldestre e (diciamo così) romanzesche interpolazioni: per fare l'esempio più vistoso, suggerire che l'insuccesso di See America First nel 1916 fosse dovuto all'ansia generale per l'affondamento del Lusitania è un falso storico, perché la prima opera comica di Porter a Broadway semplicemente non piacque né ai critici, né al pubblico (senza considerare che l'operazione militare dei Tedeschi si era svolta l'anno prima). Lo sfondo storico, appiattito e rivisitato, rimane una suggestione di cartapesta, come l'ambientazione in studio; e va benissimo così, a patto di ricordare che Night and Day è e vuole essere solo una commedia americana con Cary Grant, basata sulle splendide musiche di Cole Porter.
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