Freddy Ciccione risponde dopo molti squilli. ‘C’è qui un tuo amico che ti cerca’, gli dico. ‘Chi è?’, fa il Ciccione con la voce impastata. ‘Dice di chiamarsi il Romano, lo conosci?’
Faccio entrare l’amico di Freddy all’interno del parcheggio. Mi dà un’ultima occhiata con sospetto. Il Ciccione scende quasi subito, deve essere una visita importante per averlo tirato giù dal letto così. Li sento che discutono nel parcheggio. Quello che fa il mio servo non ha segreti per me. Vedo attraverso i suoi occhi e sento tutto. Poi il Romano torna in auto e mette in moto. Passa sotto la mia cabina, saluta e va via.
Freddy Ciccione si avvicina per un saluto, ‘tutto a posto’, mente, ‘era un parente’. Un tempo avrei preso totalmente la mente del mio servo, senza lasciargli alcuna autonomia, ma ora non mi importa, trovo più divertente lasciarlo libero di agire, per vedere cosa fa. È il mio teatrino personale e io sono il burattinaio.
Assecondo la meschinità del Ciccione, lo lascio libero di continuare le trame che ha sempre tenuto al Nightfall Motel, anche prima del mio arrivo. Ho scelto questo posto anche per questo. Mi piace la clientela del Nightfall Motel. Posso mettere il mio servo in condizione di non nuocere quando voglio. Non mi importa che Freddy faccia un pò di smazzo all’interno del Motel per potersi pagare la sua parte di vizio. Non mi frega cosa ci sia nello zaino che il Ciccione tiene in spalla. Continuo a leggere il libro che tengo in mano. Freddy senza aggiungere altro torna nella sua stanza.
Tra poche ore sorgerà il sole e Jerry sarà qui. La madre lo accompagna sempre, lui scende, saluta ed entra da me per due chiacchiere. Mi chiede com’è andata la notte, gli dico tutto ok, nessun problema. Lui prende una sedia e mi fa compagnia fino alla fine del turno. Prende un fumetto dalla cesta, un topolino che avrà portato lui stesso, e inizia a sfogliarlo. Una macchina in entrata suona al cancello in fondo al vialetto. Controllo il monitor e apro.
Jerry guarda fuori senza dire niente. ‘A che pensi, ragazzo?’ gli chiedo. Abbiamo un buon rapporto. Jerry è un bambino mai cresciuto, è un puro, un buono. Si fida di me perché mi considera come un vecchio zio. Guarda fuori e fa ‘io non ho mai dormito fuori casa’, gli dico che non è mica granché dormire in posti come questi. Lui non sembra convinto ‘tu e Freddy state qui però’. Dico a Jerry che io e il Ciccione siamo troppo in la con l’età per stare ancora a casa con la mamma. ‘Anche io voglio andare a vivere da solo’ fa Jerry, ‘mia mamma non mi fa mai guardare i cartoni alla televisione’, rido. Lo ascolto e basta, non gli dico mai che ormai ha quasi trent’anni e i cartoni dovrebbero essere solo un ricordo d’infanzia. Non dò mai nessun consiglio al ragazzo non perché non mi vada a genio, anzi, ma perché ho scoperto che dopo così tanti anni sono diventato totalmente disinteressato alle sorti degli esseri mortali. Ne ho visto passare talmente tanti che le lacrime delle loro esistenze si perdono nell’enorme cisterna del tempo.
È quasi finito il mio turno quando si avvicina sotto la mia cabina un’auto in entrata. Arriva sotto la guardiola per le formalità. Non capita spesso a quest’ora ma non è neanche così raro. Un tipo sulla quarantina tira fuori i documenti e sorride, a fianco una bionda sbadiglia girata verso il suo finestrino. Sembrano molto stanchi. Poi guardo bene la bionda che si gira in quel momento.
Mi ricordo di lei. L’ho già vista e so benissimo in che occasione.
Continua Venerdì 26 Ottobre: 5/12 La Bionda