Piotr Kuncewicz
Nikolaj Rerich
Piotr Kuncewicz (1936-2007), scrittore, poeta, critico letterario e teatrale, storico della letteratura, pubblicista radiofonico e televisivo, è stato per molti anni presidente dell’Unione dei Letterati Polacchi. Nel 1979 uscì la sua raccolta di feuilleton letterari W poszukiwaniu niecodzienności (Alla ricerca dell’insolito). Da essa ho tradotto il testo Pośrednik (Il mediatore), dedicato a Nikolaj Rerich, una delle figure più luminose del simbolismo russo, pittore, filosofo, scrittore, poeta, viaggiatore, scenografo della celebre compagnia di Balletti Russi fondata da Diaghilev.
Il mediatore
Chi fu in realtà? Difficile dirlo. Anzitutto un pittore molto conosciuto, i cui quadri si possono ammirare nelle più importanti gallerie del mondo. Non sono pochi: si calcola che abbia lasciato circa settemila tele, senza contare gli affreschi dipinti nelle chiese ortodosse prima della rivoluzione. E’ noto soprattutto come pittore delle montagne dell’Himalaya. E qui comincia la sua singolarissima avventura, l’avventura di tutta la sua vita. Ma Rerich non si accontentò della pittura. Già agli inizi del secolo guidò una spedizione scientifica durata cinque anni nei luoghi meno esplorati dell’Asia.
Non si separò tuttavia dal mondo, anzi a modo suo prese parte anche alla politica. Si trattava più esattamente della cultura. Quando fu approvato il patto sulla tutela dei beni culturali, il contributo di Rerich fu così grande, che al patto fu dato il suo nome. Rerich si stabilì ai confini dell’Himalaya e visse un po’ alla maniera di Tolstoj. Del resto similmente a quest’ultimo, diventò a poco a poco una grande autorità morale. Ogni tanto visitava l’Unione Sovietica, anche se là il contenuto delle sue meditazioni e dei suoi scritti non poteva di certo suscitare entusiasmo. Eppure Lunačarskij e in seguito a quanto pare anche Stalin, trovarono tempo per lui. Per una figura di quel calibro, non c’è da stupirsi. Rerich fu un filosofo alla maniera indiana – non senza motivo tra i suoi amici più intimi c’erano Gandhi, Tagore, Nehru.
Dipingeva l’Himalaya, conventi e castelli sui monti, dipingeva il Tibet. La sue tele dai viola e gialli intensi, raffiguranti paesaggi rocciosi, sobri, suscitano un’impressione incredibile, c’è in essi un certo simbolismo in armonia con la creazione poetica. Nelle sue poesie si avverte un cammino, una esperienza interiore, emerge da esse un ben preciso piano di valori. Nel mondo sono stati lasciati dei “segni sacri” e l’uomo è tenuto a trovarli, o almeno a cercarli. Ognuno è chiamato e ognuno può ricevere la chiamata. Purché la sappia sentire, perché la chiamata è sempre inattesa. L’interpretazione della sua arte non deve essere soltanto religiosa, ma deve includere anche e soprattutto il senso della vita e del proprio destino, che ogni uomo dovrebbe scoprire e realizzare. Quella di Rerich è una morale assai elevata. Purtroppo, il più delle volte non raggiungiamo la nostra vocazione, qualunque essa sia. Forse per questo un autore come Rerich provoca in noi a volte un senso di insofferenza – ci rammenta cose che non è comodo ricordare nella vita di ogni giorno. Anche per questo motivo forse è un poeta che non troverà mai un gran numero di lettori. Ma se ci sono, essi si distinguono per le loro alte qualità – tra gli ammiratori di Rerich e della sua poesia oltre a Tagore c’era anche Gor’kij…
Le sue poesie sono molto semplici e al tempo stesso complesse. Semplici perché a volte in esse non c’è ombra di ritmo, ed è del tutto assente la rima. Di regola sono parabole, allegorie, che non vanno capite alla lettera. Ma il precetto morale, sempre presente, è letterale e concreto.
Mi vergogno ad ammetterlo, ma fino a poco tempo fa la mia conoscenza di Rerich era assai nebulosa. Ora, lo dico pienamente convinto, considero Rerich una delle figure più straordinarie del XX secolo.
Poesie di Nikolaj Rerich tradotte da Paolo Statuti
Gocce
La Tua felicità riempie
le mie mani. E’ tanta da versarsi
attraverso le mie dita. Non posso
trattenerla tutta. Non faccio in tempo
a scorgere i lucenti rivoli di ricchezza. La Tua
buona onda attraverso le mani si versa
in terra. Non vedo, chi raccoglierà
il prezioso liquido? Le minute stille
su chi cadranno? A casa non giungerò
in tempo. Di tutta la felicità nelle mani
strette con forza riuscirò a portare soltanto
gocce.
La perla
Di nuovo o messaggero. Di nuovo il Tuo
comando! E un dono da Te!
O Signore, Tu mi hai mandato
una Tua perla e hai comandato
d’inserirla nella mia collana.
Ma Tu sai, o Signore,
la mia collana – è falsa.
Ed essa è lunga, come sono
lunghe soltanto le cose
false. Il tuo dono scintillante
tra i ninnoli offuscati
annegherà. Ma Tu
hai ordinato. Io eseguirò.
Ehi, voi, bighelloni di strada!
Nella mia collana
c’è datami
dal Signore
una perla!
Col sorriso?
O messaggero, mio messaggero!
Tu te ne stai lì e sorridi.
E non sai cosa mi hai
portato. Tu mi hai portato il dono
della guarigione. Ogni mia lacrima
guarirà una malattia del mondo.
Ma, Signore, dove prendere
così tante lacrime e a quale
dei mali del mondo devo consacrare
il primo torrente? O messaggero,
mio messaggero, te ne stai lì e
sorridi. Non c’è in Te
l’ordine di curare l’infelicità
col sorriso?
Si rallegra
Dietro la mia finestra di nuovo splende
il sole. Dell’iride sono rivestiti tutti
i fuscelli. Sui muri sventolano
le raggianti bandiere della luce. Di gioia
la vivifica aria tremola. Perché
sei inquieta, anima mia? Ti sei spaventata
per ciò che non sai. Per te
il sole s’è oscurato. E si sono spente
le danze dei felici fuscelli.
Ma ieri, anima mia, tu sapevi
così poco. Così grande è
la tua ignoranza. Ma a causa della tormenta
era tutto così povero, che tu ti sei
considerata ricca. Ma ecco il sole
oggi è sorto per te. Per te
le bandiere della luce hanno sventolato.
I fuscelli la gioia ti hanno portato.
Tu sei ricca, anima mia. A te
giunge il sapere. La bandiera della luce
su di te risplende!
Si rallegra!
La mattina
Non so e non posso.
Quando voglio, penso, -
qualcuno vuole più fortemente?
Quando apprendo, –
non sa qualcuno ancora più fermamente?
Quando io posso, – non può
qualcuno meglio e più a fondo?
Ed ecco io non so e non posso.
Tu, che vieni in silenzio,
senza parlare dimmi, nella vita cosa
volevo e cosa ho raggiunto?
Posa su di me la tua mano, -
di nuovo potrò e bramerò,
e ciò ho bramato di notte verrà in mente
la mattina.
(C) by Paolo Statuti
Alcuni quadri di Nikolaj Rerich