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Nikolaj Rerich (1874-1947)

Da Paolo Statuti

Piotr Kuncewicz

Piotr Kuncewicz

Nikolaj Rerich

Nikolaj Rerich

   Piotr Kuncewicz (1936-2007), scrittore, poeta, critico letterario e teatrale, storico della letteratura, pubblicista radiofonico e televisivo, è stato per molti anni presidente dell’Unione dei Letterati Polacchi. Nel 1979 uscì la sua raccolta di feuilleton letterari W poszukiwaniu niecodzienności (Alla ricerca dell’insolito). Da essa ho tradotto il testo Pośrednik (Il mediatore), dedicato a Nikolaj Rerich, una delle figure più luminose del simbolismo russo, pittore, filosofo, scrittore, poeta, viaggiatore, scenografo della celebre compagnia di Balletti Russi fondata da Diaghilev.

 

Il mediatore

   Chi fu in realtà? Difficile dirlo. Anzitutto un pittore molto conosciuto, i cui quadri si possono ammirare nelle più importanti gallerie del mondo. Non sono pochi: si calcola che abbia lasciato circa settemila tele, senza contare gli affreschi dipinti nelle chiese ortodosse prima della rivoluzione. E’ noto soprattutto come pittore delle montagne dell’Himalaya. E qui comincia la sua singolarissima avventura, l’avventura di tutta la sua vita. Ma Rerich non si accontentò della pittura. Già agli inizi del secolo guidò una spedizione scientifica durata cinque anni nei luoghi meno esplorati dell’Asia.

   Non si separò tuttavia dal mondo, anzi a modo suo prese parte anche alla politica. Si trattava più esattamente della cultura. Quando fu approvato il patto sulla tutela dei beni culturali, il contributo di Rerich fu così grande, che al patto fu dato il suo nome. Rerich si stabilì ai confini dell’Himalaya e visse un po’ alla maniera di Tolstoj. Del resto similmente a quest’ultimo, diventò a poco a poco una grande autorità morale. Ogni tanto visitava l’Unione Sovietica, anche se là il contenuto delle sue meditazioni e dei suoi scritti non poteva di certo suscitare entusiasmo. Eppure Lunačarskij e in seguito a quanto pare anche Stalin, trovarono tempo per lui. Per una figura di quel calibro, non c’è da stupirsi. Rerich fu un filosofo alla maniera indiana – non senza motivo tra i suoi amici più intimi c’erano Gandhi, Tagore, Nehru.

   Dipingeva l’Himalaya, conventi e castelli sui monti, dipingeva il Tibet. La sue tele dai viola e gialli intensi, raffiguranti paesaggi rocciosi, sobri, suscitano un’impressione incredibile, c’è in essi un certo simbolismo in armonia con la creazione poetica. Nelle sue poesie si avverte un cammino, una esperienza interiore, emerge da esse un ben preciso piano di valori.  Nel mondo sono stati lasciati dei “segni sacri” e l’uomo è tenuto a trovarli, o almeno a cercarli. Ognuno è chiamato e ognuno può ricevere la chiamata. Purché la sappia sentire, perché la chiamata è sempre inattesa. L’interpretazione della sua arte non deve essere soltanto religiosa, ma deve includere anche e soprattutto il senso della vita e del proprio destino, che ogni uomo dovrebbe scoprire e realizzare. Quella di Rerich è una morale assai elevata. Purtroppo, il più delle volte non raggiungiamo la nostra vocazione, qualunque essa sia. Forse per questo un autore come Rerich provoca in noi a volte un senso di insofferenza – ci rammenta cose che non è comodo ricordare nella vita di ogni giorno. Anche per questo motivo forse è un poeta che non troverà mai un gran numero di lettori. Ma se ci sono, essi si distinguono per le loro alte qualità – tra gli ammiratori di Rerich e della sua poesia oltre a Tagore c’era anche Gor’kij…

   Le sue poesie sono molto semplici e al tempo stesso complesse. Semplici perché a volte in esse non c’è ombra di ritmo, ed è del tutto assente la rima. Di regola sono parabole, allegorie, che non vanno capite alla lettera. Ma il precetto morale, sempre presente, è letterale e concreto.

   Mi vergogno ad ammetterlo, ma fino a poco tempo fa la mia conoscenza di Rerich era assai nebulosa. Ora, lo dico pienamente convinto, considero Rerich una delle figure più straordinarie del XX secolo.

Poesie di Nikolaj Rerich tradotte da Paolo Statuti

 

Gocce

La Tua felicità riempie

le mie mani. E’ tanta da versarsi

attraverso le mie dita. Non posso

trattenerla tutta. Non faccio in tempo

a scorgere i lucenti rivoli di ricchezza. La Tua

buona onda attraverso le mani si versa

in terra. Non vedo, chi raccoglierà

il prezioso liquido? Le minute stille

su chi cadranno? A casa non giungerò

in tempo. Di tutta la felicità nelle mani

strette con forza riuscirò a portare soltanto

     gocce.

 

La perla

 

Di nuovo o messaggero. Di nuovo il Tuo

comando! E un dono da Te!

O Signore, Tu mi hai mandato

una Tua perla e hai comandato

d’inserirla nella mia collana.

Ma Tu sai, o Signore,

la mia collana – è falsa.

Ed essa è lunga, come sono

lunghe soltanto le cose

false. Il tuo dono scintillante

tra i ninnoli offuscati

annegherà. Ma Tu

hai ordinato. Io eseguirò.

 

Ehi, voi, bighelloni di strada!

Nella mia collana

c’è datami

dal Signore

   una perla!

 

Col sorriso?

 

O messaggero, mio messaggero!

Tu te ne stai lì e sorridi.

E non sai cosa mi hai

portato. Tu mi hai portato il dono

della guarigione. Ogni mia lacrima

guarirà una malattia del mondo.

Ma, Signore, dove prendere

così tante lacrime e a quale

dei mali del mondo devo consacrare

il primo torrente? O messaggero,

mio messaggero, te ne stai lì e

sorridi. Non c’è in Te

l’ordine di curare l’infelicità

   col sorriso?  

 

Si rallegra

 

Dietro la mia finestra di nuovo splende

il sole. Dell’iride sono rivestiti tutti

i fuscelli. Sui muri sventolano

le raggianti bandiere della luce. Di gioia

la vivifica aria tremola. Perché

sei inquieta, anima mia? Ti sei spaventata

per ciò che non sai. Per te

il sole s’è oscurato. E si sono spente

le danze dei felici fuscelli.

Ma ieri, anima mia, tu sapevi

così poco. Così grande è

la tua ignoranza. Ma a causa della tormenta

era tutto così povero, che tu ti sei

considerata ricca. Ma ecco il sole

oggi è sorto per te. Per te

le bandiere della luce hanno sventolato.

I fuscelli la gioia ti hanno portato.

Tu sei ricca, anima mia. A te

giunge il sapere. La bandiera della luce

su di te risplende!

   Si rallegra!

 

La mattina

 

Non so e non posso.

Quando voglio, penso, -

qualcuno vuole più fortemente?

Quando apprendo, –

non sa qualcuno ancora più fermamente?

Quando io posso, – non può

qualcuno meglio e più a fondo?

Ed ecco io non so e non posso.

Tu, che vieni in silenzio,

senza parlare dimmi, nella vita cosa

volevo e cosa ho raggiunto?

Posa su di me la tua mano, -

di nuovo potrò e bramerò,

e ciò ho bramato di notte verrà in mente

   la mattina.

 

 

(C) by Paolo Statuti

 

 

Alcuni quadri di N

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