Magazine Cinema
Sembra più che un ninja un cantante di una boy band!
(poliziotto guardando il protagonista interpretato dal cantante Rain)
Che sorpresa questo Ninja Assassin, ad un passo dal sublime, dal capolavoro, dal fumettaccio grondante sangue e ossa rotte. James Mcteigue forse non riesce a scrollarsi di dosso ancora l'eredità dei fratelli Wachowski e il loro cinema di rallentamenti velocissimi, ma ha un estro nel filmare la morte non comune. Il suo Ninja assassin è in tutto e per tutto un horror camuffato, dall'uso massiccio del sangue, della carne squarciata, dei ninja ritratti come i mostri di Alone in the dark, della messa in scena che echeggia i survival horror con l'oscurità falciata dalla luce di torce.
Non male per un film che nasce, nelle intenzioni, come spin off del vituperato (eppure delizioso) Speed racer, concentrandosi sulle vicende del pilota asiatico interpretato dal cantante Rain, alle prese in una scena con dei ninja. Il progetto strada facendo diventa altro, come si è visto, resta solo lo stesso attore, ma cambia il nome del personaggio, non più Taejo Togokahn ma Raizo, e vengono lasciati da parte i deliri pop per mettere in scena una storia molto classica che prende spunto dal violentissimo film d'animazione Ninja scroll. La pellicola inizia in maniera perfetta, con un prologo scollegato dalla storia, dal sapore appunto di horror (c'è dietro al Dark castle di Sam Raimi non per caso) dove un anziano tatuatore viene messo alla berlina da una gang di mafiosetti armati di tutto punto. Infatti è appena arrivata una lettera contenente soltanto polvere nera.
- Che cazzo è questa?
- Non lo so ma anni fa vidi recapitare la stessa polvere e poi arrivarono loro...
- Chi?
- Non posso dirlo, ma una lama mi trafisse il cuore solo che per un difetto congenito avevo il cuore dalla parte opposta...
Ecco che l'anziano apre il suo kimono e mostra un ninja tatuato.
- Non riuscivi a dire NINJA???
- Non nominare quel nome...
- Sennò che cosa vecchio? Ninja! Ninja! Ninja!
E come la fata dentina di Al calar delle tenebre o il Candyman di barkeriana memoria ecco che arriva un ninja, vestito di nero, con katana e stelline. E' un'orgia di sangue raramente vista in una produzione mainstream: arti che volano, ginocchia tranciate, teste decapitate e poi un'esplosione di shuriken che dilaniano la carne come proiettili in geyser di sangue generosi. Il resto del film è sullo stesso piano con combattimenti crudelissimi da una parte e la storia del ricercato ninja Raizo, abilissimo nell'uso della Kusarigama (un falcetto attaccato ad una catena), dall'altra. Il ragazzo fin da piccolo ha imparato, attraverso prove durissime e sadiche, a non provare sentimenti, a non avere quindi un cuore, ma la morte di un'amica lo costringe a ribellarsi al suo clan e, come un dramma shakespeariano, al suo stesso padre. La pellicola deliziosamente debitrice dei videogame sul tema (Shinobi, ma anche il mai troppo compianto Tenchu) ricorda nei flashback passati il serial Kung Fu con un mai troppo decantato David Carradine, in una poetica di fondo che mischia diversi media, ma soprattutto una concezione di spettacolo classica e una più moderna. I combattimenti sono coreografati magnificamente (uno è stilosamente ripreso in controluce con solo il sangue in evidenza che schizza) ed immaginifici (il pazzesco combattimento in mezzo all'autostrada tra ninja investiti da macchine impazzite). Si può dire che il piatto servito, forte della sua breve durata (80 minuti), è gustoso e non lesina nel finale, forse inconsciamente, a citare un grande classico del B movie di arti marziali, American ninja, con tanto di bazooka alla Cannon dei bei tempi che furono.
Difficile volere di più da un'opera che diventa un moderno caposaldo del genere.
Promosso a pieni voti.
Keoma
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