Ninna nanna per la morte di mia madre di Juan Ignacio Siles del Valle ( Sinopia, 2010).
Il titolo della raccolta apre direttamente al cuore delle venti poesie scritte dall’autore negli ultimi giorni di vita della madre, la storiografa boliviana Maria Eugenia del Valle.
In Canción de cuna para la muerte de mi madre il poeta, come scrive la traduttrice Manuela Magnoni nella nota finale “tutto quello che vuole raccontare e imprimere sul foglio bianco è il grande senso di impotenza, angoscia e abbandono da cui si è sentito travolgere nel momento dell’addio”. Il dolore non è urlato, è quasi sussurrato, i versi accompagnano le tappe del distacco annunciato che scorre parallelo ai primi giorni di vita del figlio Santiago, nato quando ormai la madre dell’autore si stava spengendo.
Ecco che il primo testo non poteva che essere una ninna nanna:
Canción de cuna para la muerte de mi madre
Duerme, duerme Madre
y mientras mi hermano
recuenta hasta el ùltimo
hueso de tus manos, duerme.
Aunque los leones
te devoren las entrañas,
sueña, madre, sueña,
que un halo
de crisantemos ya te enciende.
Sólo el adiós trasparenta
tu mirada, duerme.
Recuéstate sobre la piel.
Cuando tus hijas velan tu delirio,
mi padre renace uno a uno
en tus latidos, sueña.
Amaina ahora el soplo,
quel el corazón se te descuerda,
duerme,
y un ángel de fuego
aguarda tu deshora,
Duerme, madre, duerme,
pues hoy me toca a mí
mecer la cuna de tu muerte.
Ninna nanna per la morte di mia madre
Dormi, dormi, madre
e mentre mio fratello
ti conta ogni singolo
osso delle mani, dormi.
Anche se i leoni
le interiora ti divorano
sogna , madre, sogna,
ché un’aura
di crisantemi già ti illumina.
Solo l’addio traspare
dal tuo sguardo, dormi.
Adàgiati sulla pelle.
Quando le figlie vegliano il tuo delirio,
mio padre rinasce, a uno a uno,
nei tuoi battiti, sogna.
Ammaina adesso il soffio,
che il cuore ti si scorda,
dormi
e un angelo di fuoco
attende il tuo tardare.
Dormi, madre, dormi,
che oggi tocca a me
cullare la tua morte.
“La nenia” scrive Claudio Cinti nella quarta di copertina “non conosce i parossismi dell’urlo, né le sincopi provocate dal singhiozzo, ma solo le cadenze del respiro creaturale, che essa assorbe e rimodula e in cui anche le cesure e i silenzi sono ricondotti a ciò che << tocca>>: il dovere di accarezzare con dolenti, ma fermissime parole, la presenza per sempre radiosa dell’essere amato. Per sempre radiosa: anche nel punto in cui essa trascolora in abisso, in perdita inconsolabile, in muto enigma dell’assenza”. Ma nelle piaghe della morte s’infiltra la speranza, una nuova vita, la nascita del figlio Santiago, quasi una resurrezione dopo la passione:
Santiago
Eres ofrenda nueva
pan elevado al cielo
vino que es vida
cuerpo en cera y sangue envuelto.
Simiente
vertiente
eres corazón naciente.
Surges, hijo, del cáliz de tu madre:
se parte al fin, cruje, da fruto.
El nudo lo cortas con el borde de tu aliento
para hacerte llanto
grito, altar y canto.
Pan en mi pesar, espiga y miga
carne que arde
vino y viñedo, traes niño
la sal en adviento.
Santiago
Sei offerta nuova
pane alzato al cielo
vino che è vita
corpo in cera e sangue avvolto.
Semente
sorgente
sei cuore nascente.
Sgorghi figlio, dal calice di tua madre:
si spezza infine, scricchiola, dà frutto.
Il nodo lo tagli con il filo del respiro
per farti pianto
grido, altare e canto.
Pane delle mie pene, spiga e mica
carne che arde
vino e vigna, porti bimbo
il sale dell’avvento.
A tratti la memoria torna a momenti di vita quotidiana, al ricordo della nonna che prepara la merenda , alla studiosa che lascia nei libri la sua impronta di storica, al fermarsi dell’orologio pochi giorni prima della morte.
Impercetible tic el segundero tac
Imperceptible -tic-mente
el segundero se detuvo tac
para siempre tic se detuvo
tac ni nos dimos cuenta
el reloj pocos días tic
antes de tac por siempre
tic se detuvo el tiempo tac
poco días antes de tu tic
tac tic tac de tu muerte tic
… tac
… toc
Impercettibile tic la lancetta tac
Impercettibil – tic-mente
la lancetta si fermò tac
per sempre tic si fermò
tac né ci rendemmo conto
l’orologio pochi giorni tic
prima del tac per sempre
tic si fermò il tempo tac
pochi giorni prima della tua tic
tac tic tac della tua morte tic
… tac
… toc
Con l’avvicinarsi della fine, la consapevolezza della perdita si intreccia alla consapevolezza della non rassegnazione (“ …de que no voy a resignarme/ y maldigo el cruel final y/ prematuro de tu destino madre” ) ma anche alla grande paura dell’abbandono :
Verso final
- Y tú, padre, …te irás también un día?
Un solo verso per esprimere l’atavica paura della perdita, l’angoscia della morte e il dover vivere il futuro assieme alla marcata mancanza delle persone più care.
Juan Ignacio Siles del Valle è nato nel 1961 in Cile, da padre boliviano e madre cilena. Laureatosi in letteratura ispanoamericana presso l’Università della Georgia ( Stati Uniti) ha insegnato alla Universidad Mayor de San Andrés( La Paz), ha ricoperto incarichi diplomatici ed è stato Ministro degli Esteri della Bolivia. Attualmente lavora allaSecretaría General Iberoamericana a Madrid. Oltre a Canción de cuna para la muerte de mi madre, ha pubblicato i libri di poesia Con las manos vacías de mariposas muertas ( La Paz 1987); Medulamor ( La Paz, s.d.) e il romanzo Los últimos días del Che ( Barcellona 2007, prima ed. Que el sueño era tan grande, La Paz 2001) tradotto anche in italiano ( Gli ultimi giorni del “ Che”, Milano 2009).
Sandra Palombo