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Nino Ballariano e la battaglia contro la passiva accettazione del ritardo come prassi

Creato il 01 dicembre 2011 da Yellowflate @yellowflate

Nino Ballariano e la battaglia contro la passiva accettazione del ritardo come prassiSicilia, un caso, forse, di malasanità. La storia  è quella di Lorenzo Ballariano di Capo d’Orlando e chi ce ne parla è suo figlio Nino , dello spazio Patti Radio Web. Lorenzo Ballariano, 57 enne, si ricovera per sottoporsi ad un intervento presso il reparto di Ortopedia dell’ospedale di S.Agata Militello. Il primario, dott. Sabatino Carianni, dichiara che l’operazione è avvenuta con successo.

Pochi giorni dopo però il paziente si sente male e muore. Era il 30 novembre 2001. Lorenzo ballariano, di Capo d’Orlando, andato in pensione proprio per quella osteoporosi che voleva curarsi per dedicarsi all’amata campagna e alla famiglia. Da quella data, Nino cerca la verità per lui e la famiglia e per il  ricordo dell’amato padre al quale non ha potuto far vedere i figli che ha poi messo al mondo.

Esposti, denunce, riesumazione della salma, autopsia, perizie. Dieci anni sono trascorsi e la scomparsa di Lorenzo Ballariano resta un mistero.

Il caso di Lorenzo Ballariano è riassunto in una serie di atti che hanno visto, tra l’altro, nel maggio 2002, anche la riesumazione e l’autopsia della salma, svoltasi al cimitero di Capo d’Orlando dove è sepolta.

Abbiamo rivolto alcune domande a Nino .

Sig. Nino Ballariano, ci vuole dire cosa è accaduto nella vicenda di suo padre?
“Malasanità- risponde Nino Ballariano-, errori medici, disgrazia, destino, non lo so, dopo 10 anni ancora non lo so…La mia vicenda e quella della mia famiglia è simile a molte altre, per questo la voglio raccontare, per stimolare chi, come me, pensa di avere subito lo stesso torto e rinuncia dopo i primi intoppi, le prime falsità. I medici fanno il loro lavoro, spesso bene, ma a volte dovrebbero chiedersi:”Abbiamo fatto tutto?”

Mio padre, una vita dedicata al lavoro ed alla famiglia, una persona meravigliosa, che ha dedicato la sua esistenza con umiltà e dedizione alle persone care e ad i suoi alunni. 
Dapprima mio padre avvertì un piccolo fastidio alla gamba, si trattava di una osteoporosi e così, nel settembre del 2001, dopo la pensione decise che quella gamba doveva sistemarla con un piccolo intervento per potersi dedicare senza soffrire alla campagna che amava tanto.

Entrò in ospedale a S.Agata Militello sereno, fiducioso che questo intervento concordato lo avrebbe poi riportato ad una vita normale. Seguimmo l’intervento, come in tutte queste situazioni,  in sala d’aspetto con ansia e trepidazione, dopo qualche ora il chirurgo anche primario e medico di fiducia, dott. Sabbatino Carianni, ci rincuorò: tutto era andato per il verso giusto. Invece dopo tre giorni di sofferenza grave, si evidenziarono complicazioni, poi in sala rianimazione, reparto dal quale mio padre uscì ormai senza speranze. Era il 30 novembre del 2001 quando da S.Agata Militello fummo spediti in ambulanza a 70, allora a Messina, al Policlinico, chissà perché …In tarda mattinata ci annunciarono che non era stato possibile salvarlo.

Sono trascorsi dieci anni- prosegue Nino Ballariano-, la vicenda giudiziaria è  un vero e proprio pellegrinaggio continuo, avvocati, tribunale, periti, testimoni, Associazioni Consumatori, giudici…e sempre una speranza diversa per il mio desiderio di giustizia.”

Giustizia, una parola grossa sig. Ballariano, quando si tratta di un presunto caso di malasanità come nel caso di suo padre.

“Infatti. Tutto ha inizio dalle conclusioni della perizia del consulente medico legale  che evidenzia varie irregolarità in cartella clinica ma conclude che in quella situazione di emergenza i medici non erano nella condizione di intervenire in quanto le attrezzature della struttura ospedaliera di S.Agata Militello non consentivano di intervenire. Mio padre è morto perché la protesi inserita aveva provocato una piccola emorragia che dopo tre giorni lo portò al coma…Avventurarsi in queste controversie legali significa  fare delle scelte, trovare la forza di affrontare un eventuale processo lungo, interminabile ed emotivamente forte, disfarsi di qualunque bene si possiede. La mia è una battaglia contro la passiva accettazione di un sistema per cui “il ritardo è  prassi”. Prostrarsi per chiedere agli impiegati dei vari uffici che ti guardano con compassione, quasi con pena, oggi la pratica dov’è, ancora non è stata protocollata, sentirsi dire il giudice non c’è, poi capita che lo trasferiscono e tu aspetti e parli con l’altro e spieghi… Alcune vicende si devono vivere per capirle. Occorrono tenacia, tanti soldi, non bisogna mollare, perchè tanti casi di presunta malasanità non vanno a giudizio proprio per questo, perché poi ci si arrende, non è facile ogni volta dopo ogni tappa proseguire”.

A distanza di dieci anni lei e la sua famiglia cosa cercate?
“Sono dieci anni che cerco la verità per me e per la mia famiglia, una verità che non arriva, la giustizia per un uomo, mio padre, che per errore di qualcuno o per qualcosa che non fu fatto. Quando perdi una persona cara in queste situazioni non è facile rassegnarsi, la tua coscienza vuole sapere di chi è la colpa. Oggi i miei figli, mia nipote non hanno un nonno. E’ questo che mi ha spinto sino ad oggi ad andare avanti, a cercare giustizia. La vicenda giudiziaria ad oggi ha escluso la responsabilità dei medici che hanno fatto l’intervento. In questi anni nessuno dei miei familiari si è costituto parte civile, abbiamo solo inseguito la eventuale responsabilità penale. Proseguo- conclude Nino Ballariano- alla ricerca di accertare la responsabilità della struttura ospedaliera di S.Agata Militello perché non ha messo in quel caso i medici nella condizione di salvare la vita a mio padre.”


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