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Nonostante io sia un'appassionata di fotografia, devo confessare di non aver mai sentito parlare di Nino Migliori prima di questa mostra.
È stato un nevosissimo weekend bolognese e una chiacchiera con un'amica entusiasta della mostra a Palazzo Fava a farmi scoprire questo fotografo bolognese.
La mostra in corso a Bologna è il modo migliore per venire a contatto con questo vero e proprio artigiano della fotografia, in quanto è un'ampia antologia della sua ampia e variegata produzione fotografica. Niente di meglio, poi, che cominciare assistendo al filmato disponibile al terzo piano di palazzo Fava, in cui lo stesso Migliori racconta come sono nati i suoi progetti fotografici, da quelli più realistici degli anni '40 e '50 a quelli molto concettuali degli ultimi anni.
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Così Migliori - dopo aver in qualche modo esaurito le possibilità della fotografia realistica (nell'ambito della quale ha realizzato dei lavori pregevoli e di grande impatto visivo) - ha cominciato a giocare con la luce e la macchina fotografica: lenti polarizzate e cellophane per ottenere colori scomposti ed effetti visivi inediti, interventi arditi in camera oscura con l'acqua e il calore per realizzare fotografie concettuali di grande impatto visivo, stampe da polaroid modificate in tempo reale, scomposte e ricomposte con lamine dorate, opere d'arte pittoriche e scultoree rilette attraverso l'arte fotografica, nature morte sotto vetro, muri e manifesti strappati, installazioni che combinano fotografia, proiezione ed oggetti tridimensionali.
E con questo elenco ho ricordato solo una piccolissima parte dei suoi lavori e di quanto ci viene proposto in questa mostra antologica a lui dedicata.
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Emerge inoltre l'idea di un fotografo aperto a qualunque innovazione della tecnica, desideroso di sperimentare ogni nuova possibilità che la tecnologia mette a disposizione, facendone però in molti casi un uso capovolto ed originale.
Per concludere mi associo a Migliori nel dire che la "cultura è ciò che resta quando si è dimenticato tutto"; speriamo che la nostra memoria non ci tradisca.
Intanto, andate a vedere la mostra. Ché ne vale la pena.
Voto: 4,5/5