Ninuccia e le scarpe degli Angeli.

Da Gattolona1964

Cari amici, dolci amiche, stamane sono serena e credo, contenta! Contenta o felice, per me è una parola molto grossa ed impegnativa. Da parecchio tempo non mi è più consentito usarla con facilità, anzi raramente affermo che sono contenta! Le situazioni pesanti da digerire nella mia vita sono ancora tante, qualche matassa dei miei gomitoli parecchio aggrovigliata, ancora ai giorni nostri, in queste ultime gelide giornata di dicembre 2012. Con l’ Anno Nuovo, vorrei dipanarne due o tre in particolare, ma per farlo ho bisogno anche di Voi. Sì proprio di Voi che mi leggete, anche se di fretta, ho bisogno di certezze, di sincerità totale, di affetto, ho bisogno che sentiate e recepiate che io sono qui e sono pronta se lo desiderate, a fare altrettanto, ad esservi Amica con la A maiuscola. Non mi sono trasformata in Madre Teresa di Calcutta, per l’amor del Cielo! Ho maturato la convinzione che per essere sereni e contenti, c’è anche il bisogno fisiologico di sentire dentro di è, che sulal tal persona o tal altra ci puoi veramente contare. Non a part time, contare a full time!  In cambio, sono pronta a dare a chi lo meriterà, dimostrandomelo sul “campo” altrettante certezze, amicizia, aiuti morali e reali nel limite delle mie possibilità, in poche parole, Fabiana Schianchi desidera essere una persona amabile, nuova, dolce, sincera ed affettuosa. Non è poco per me, che ho un carattere scontroso e spigoloso per natura! Ma è anche il risultato delle mie esperienze dolorosissime del passato, ho dovuto diventare acida, per proteggermi e per costruirmi una corazza ermetica attorno al mio corpo ed alla mia mente. Se riuscirete a scalfirne un millimetro e a crearvi un piccolo varco, c’è la possibilità di entrare, altrimenti porte chiuse! Sono pronta a rimettermi in gioco, ancora una volta, non mi tirerò indietro e giocherò le partite fino alla fine del torneo 2013. Dopo la serata magica trascorsa ieri sera, agognata da diverso tempo, temuta, sognata e voluta tra mille ansie e timori, dopo i fiumi di chiacchiere, stamane mi ritrovo senza voce, con il mal di testa perchè non sono più abitutata a fare mezzanotte. Oggi con la temperatura scesa sotto lo zero, la mia cervicale si fa sentire moltissimo, ho messo una pashmina, cioè una bnale sciarpa di lana e cachemire, ho indossato la berretta di lana bordeaux con il pon-pon e ho portato la principessa a scuola. Non importa, prenderò un Orudis retard da 50 mg!! Il mio cuore è leggero, la speranza è tanta,gli occhi sorridono ancora, la fiducia che in questo mondo per me, ci sia ancora spazio per la parola amicizia  è immensa. Certamente bisogna andarci con i piedi di piombo, avere e dare dimostrazioni di stima e fiducia, riconquistare piano piano, la sicurezza che sull’altra spalla che ti viene offerta, ci puoi anche piangere tranquillamente, senza paura di essere derisa. Perciò, ho deciso di farvi un regalo di Natale: vi mando le prime righe del Romanzo per me, più importante e significativo. Avevo ritenuto opportuno non divulgarne nemmemo una riga a parte la sinossi, ma il mio  cuore mi dice di condividere con voi che mi leggete, un pezzettino della storia di questa stupenda Donna e Mamma, che si chiama NINUCCIA ERCOLANI. Lo faccio perchè credo che molte di voi si possano riconoscere in questo personaggio di pura fantasia, da me creato e partorito in due anni di lungo lavoro, due anni di fatica e sudore, due anni di pianti e voglia di bruciarlo e non ultimarlo, due anni nei quali parecchie volte mi sono chiesta chi me lo faceva fare, data la crisi totale dell’editoria! E aggiungiamo la componente ora scontata che gli esordienti devono pagare e pagare salato se vogliono vedersi pubblicati! Io non sono la Clerici, la Paroni, non sono una Velina (sarò velona tutt’al più!), non sono un calciatore, non mi chiamo  Lucianina Littizzetto, non sono nessuno dal cognome altisonante! per mia fortuna  non ho agganci politici, non chiedo aiuti per entrare nel difficile e mondo degli Editori, non volgio pagare tangenti, e non sono disposta ad entrare nel  letto di qualche Direttore Editoriale,  nè tantomeno  accomodarmi sulle loro poltrone di velluto rosso Cardinale, messe nelle loro stanze ovali,  per commettere “atto improprio”.  Vi voglio ricordare che tutti i personaggi che compongono l’opera, all’incirca una quarantina sono frutto della mia fantasia. Invece, come scrissi qualche tempo tempo nella Sinossi, il paese di Castrolibero (Cosenza) e la storia degli scarpari è realmente esistita. Fa parte dell’economia di quel Paese, abbracciando un periodo ben delineato della loro storia che va all’incirca dal 1925 al 1960. Ho ritenuto di legare la storia di Ninuccia alla storia di Castrolibero, mesciandola con fatica, studiando ogni aspetto del mestiere di Scarparo, cioè calzolaio. Quello che ne è uscito è nel libro, che mi auguro con tutto il cuore di vedere pubblicato nell’anno nuovo. So che non sarà per niente facile, dopo la triste esperienza del primo libro pubblicato…. ma ora non ve ne parlo, non è il momento adatto. Per il momento godetevi l’incipit del libro con la richiesta scritta,  questa volta, bonaria naturalmente! di  poter da Voi ricevere commenti e pareri.Vorrei riceverne tanti, anche da chi dice di non avere il coraggio o il tempo di scrivermi: perdonatemi la franchezza, ma non ci credo! Per scrivere due paroline, anche modeste, anche semplici, ma dettate dal cuore non serve una Laurea, serve solo buona volontà, simpatia e desiderio di comunicare con me. Nulla di più. Credetemi, il tempo lo si trova, bastano due minuti per coltivare un’amicizia, per iniziarla o per mantenerla. Sarebbe per me il più bel regalo di Natale che voi vorrei ricevere, senza spendere un euro! Non vale la pena dimostrarmi amicizia con regali monetizzati, non no ho bisogno, non ho bisogno di cose materiali, sono altri i regali che vorrei ricevere.  Oppure più semplicemente potreste esprimere, ciò che sentite  dentro al cuore, credetemi: scrivere è terapeutico,  ed è molto più semplice di quello che pensiamo. Con la scrittura si possono dire cose o esprimere pensieri, che a volte, con la voce non riusciamo ad estrappolare dalle nostre vene, anche se sono lì che desiderano uscire e non vedono l’ora di farlo! Io vi regalo queste prime righe, mi aspetto da voi, un  piccolo dono in cambio! Un abbraccio forte e sincero, un bacio affettuoso a tutti, anche a chi non conosco di persona. Faby.

NINUCCIA E LE SCARPE DEGLI ANGELI.

PRIMA PARTE

PREPARATIVI E RICORDI

Faceva un freddo polare quel mattino del 15 Gennaio alle 7.45, il termometro a Bologna toccava i meno otto gradi.Dalla terrazza del suo splendido palazzo storico si potevano osservare con stupore sempre nuovo, i rami degli alberi ghiacciati che formavano delle strane stalattiti e stalagmiti.L’acqua dell’antica fontana della piazza era completamente ghiacciata e lucidissima, sembrava uno specchio,i soliti bambini ci stavano pattinando come fossero su una vera pista, urlando di gioia.Ogni tanto qualcuno cadeva, dando una grande sederata mentre gli altri ridevano di gusto, prendendo in giro il malcapitato di turno, infine si davano la mano per fare il girotondo.Questa scena si ripeteva davanti agli occhi di Ninuccia ogni inverno, ogni qualvolta il ghiaccio lasciava il posto alla neve soffice e sempre alla stessa ora: le 7.45 del mattino, venti minuti circa prima dell’inizio delle lezioni a scuola.Che belli che erano i bambini di Bologna!Chissà come sarebbe stato il mio bambino…..” si chiedeva Ninuccia, in silenzio e con molta rabbia dentro.Chissà, se anche a lui sarebbe piaciuto pattinare sul ghiaccio…..poi ricacciava in gola questi pensieri, deglutendo forte. Pensieri amari, dolorosi e tristi che le provocavano come di consueto atroci fitte nel petto che veniva trapassato da mille e mille spade ben affilate.Erano così forti da costringerla a prendere la solita compressa per gli attacchi di panico. E come ogni volta, si dava della stupida e della bimba ingenua, per permettere ai pensieri di emergere, di tornare ancora a galla. Che dolci e teneri i bambini di Via Cavour!Con le loro gote arrossate per il gran freddo, i nasini gocciolanti, e gli occhi che sprizzavano luce ovunque, erano un dono speciale che il buon Dio aveva voluto creare e mettere sui nostri traballanti cammini. Ancora una volta stramalediva sua madre, anche se le aveva insegnato a pregare, a tacere sempre e ad accettare; accettare tutto in silenzio con rassegnazione e Ninuccia lo aveva imparato a proprie spese.  I bambini avevano la loro cuffietta di lana, i guantini coordinati, le giacche a vento ben imbottite, un carosello di allegrissimi colori che danzava sui pattini! I passanti intirizziti, mentre camminavano con passo assai veloce, li osservavano divertiti,additando  ora l’uno ora l’altra, per gioire di questo arcobaleno. Per un attimo, complice la compressa che iniziava a fare il suo effetto, complice la scena, a Ninuccia tornava una specie di timido sorriso, che le faceva risaltare le labbra ancora piene e turgide, nonostante i suoi 59 anni.Avessi avuto io un simile e così caldo abbigliamento invernale! E magari anche un paio di pattini, quando ero piccolina!Invece sempre mezza nuda, scalza, con addosso i vestiti usati e regalati dal nostro Parroco del paese, quegli abiti che i ricchi signori scartavano come se si trattasse di immondizia.Forse erano diventati stretti e fuori moda per quei figliuoli viziati? Per me erano sempre troppo corti o troppo lunghi, ce ne fosse stato uno della mia misura! per una volta soltanto adatto a me. E le scarpe? Chiamarle calzature era un complimento, un grosso eufemismo..le ricordo consumatissime, puzzolenti, piene di buchi e colla, per fare stare insieme quel che rimaneva di quelle scarpe prodotte da Mastro Raffaele nella fabbrica.Ma quanto e come erano state usate, quelle che un tempo forse erano scarpe di tela,o scarpe pulcine? Sempre e comunque  “scarpe de’ cartune” come venivano chiamate nel mio Paese, Castrolibero, per la gran quantità di cartone usata come riempitivo nei tacchi. Ricordo bene, che le scarpe erano molto sensibili all’umidità, all’acqua ed alla neve.I grandi ma soprattutto i bambini si ammalavano facilmente, dato che per tutto il lungo inverno avevano i piedini bagnati e spesso ghiacciati. Poverini! Poveri miei piccoli amici, che come me chiedevate solo un buon paio di scarpe per correre lontano da lì: dove siete ora, come state?”Ninuccia avrebbe voluto piangere, ma il pianto non era cosa per lei, non era ancora giunto il momento del tanto sospirato pianto. A parte la pelle di capretto, che era la più pregiata e la si usava solo per scarpe da cerimonia, le altre che indossavamo erano durissime, solo ad infilarci dentro un piede ti usciva un grido di lamento per la durezza.  Ci potevi anche trovare una simice dell’otto, messa lì apposta per arrecare dolore a chi le avrebbe usate dopo di lui.Sunu scarpe e Castrufrancu”, diceva Ninuccia con voce dispregiativa, per alludere alla scarsa ed economica qualità delle scarpe prodotte.Solo molti anni dop,o le scarpe con la suola cucita con le tacce e le altre fatte con le gomme delle prime auto, furono sostituite dai “carrarmati”. Fu Tirotta Mafaldo, chiamato lo storpio, che ebbe quest’idea per primo. Egli voleva fare carriera nella Fabbrica e prendere il posto del suo primo marito Fornasetti Achille,per tutti “il furbo”, che in quell’occasione si rivelò ancora una volta un perfetto ingenuo. Mafaldo, astutamente ed in gran segreto, propose al padrone, di sostituire le suole con i chiodi rampini con i cosiddetti “carrarmati”che altro non erano, se non suole di caucciù con inciso il disegno dei pneumatici. I carrarmati ,venivano fissati sotto alla scarpa per tutta la sua lunghezza, garantendo una maggior durata delle stesse. La nomea che avevano ovunque ,sunu scarpe e de cartune, stava piano piano spegnendosi e Tirotta divenne Capofabbrica.Ingegnoso”, disse a voce alta Ninuccia, altro che storpio, quello era un demonio e ne sapeva già allora una più del diavolo! Mastro Raffaele doveva promuovere me, che seppur donna svolgevo allora il lavoro di due uomini messi assieme,per non parlare di tutto il lavoro che mi portavo a casa la sera!Per fortuna ad aiutarmi dopo cena, c’era Rosina, insieme tenevamo in ordine tutta la contabilità della fabbrica e le buste paga, a patto che non mi sfiorasse nemmeno con un dito. E Mastro Raffaele sembrava rispettare il patto. La durata e la qualità della scarpa era notevolmente migliorata.  Le broncopolmoniti con quelle febbri altissime, assieme alla pandemia di asiacella, che ebbe il suo picco massimo attorno al 1982/ 1988, diminuirono pian piano,anche se avevano già fatto dei danni irreparabili alla salute degli esseri umani. Ninuccia era molto nervosa, camminava su e giù per le infinite stanze del palazzo, andava diritta negli armadi di ebano intagliati a mano, apriva con una furia inaudita le serrature, ed osservava con le braccia conserte e tutta la grinta che aveva in corpo, le migliaia di paia di scarpe che possedeva. Erano state numerate, divise per stagione e colore, messe in ordine di altezza del tacco, con inciso nella propria scatola la data di acquisto ed il calzaturificio che le aveva confezionate per lei. Tutto questo lavoro immane, da vero frate certosino era stato svolto da Rosina aiutata da Aristide, aiutato a sua volta da Laerte.Ci volle un mese circa prima di ordinarle tutte quante! E che scarpe! Le migliori firme del mondo: da Paciotti a Prada, Salvatore Ferragamo, Sergio Rossi e le mitiche Christian Louboutin, con la suola rossa. L’unico rosso che Ninuccia potesse sopportare, perché si trovava sotto al piede e lei lo poteva calpestare.Certo che se mia madre, invece di passare tutte quelle ore in fabbrica mi avesse dedicato un po’ della sua manualità, dato che era anche un’ottima sarta e mi avesse confezionato che ne so, una giacca pesante di lana un paio di pantaloni, delle calze di lana sferruzzate in gran velocità certamente non avrei avuto tutti quei focolai di broncopolmonite che puntualmente ogni inverno bussavano alla mia schiena. Febbri così alte e pericolose che ogni volta mi facevano rischiare di andare a trovare il Padreterno.In casa soldi per le medicine non ce n’erano, latte caldo con i biscotti Merenda, non se ne parlava nemmeno! Solo un po’ di brodo fatto con un pezzo di cappone regalato dalla Iones. Chissà, forse non avendo abortito per tempo come ella desiderava fortemente, si auspicava che una volta o l’altra io chiudessi gli occhi per sempre.Un peso in meno e una bocca in meno da sfamare”, diceva sempre con rabbia e occhi cerchiati da occhiaia spaventose. Se non fosse stato per Don Gaudenzio che ci regalava le medicine, in cambio di qualche favore in sagrestia, non sarei qua a pensarci su ora.” Questi ed altri erano i primi pensieri di Ninuccia, in quel gelido mattino,quando appena alzata dal suo comodo e caldo lettone, guardava fuori dalla finestra, come ogni mattina era solita fare. Come ogni mattina aveva già acceso il maxischermo per seguire i telegiornali, dove immancabilmente un servizio era dedicato a lei.Come ogni mattina, appena scesa dal letto si studiava il viso e si pesava. Abitudinaria fino allo spasimo, piena di fobie e di rituali, non rinunciava mai a nessuno dei suoi già stabiliti gesti. Venivano eseguiti tutti in fila, come veri soldati sull’attenti, nessuno escluso. Poteva anche essere ammalata con la febbre a quaranta, ma i rituali d’obbligo venivano tutti eseguiti.Conseguenza anche questa di un passato disastroso dal punto di vista psicologico, frutto di manie ossessivo compulsive delle quali, assieme ai suoi miliardi di euro, Ninuccia era colma. Anche se Rosina le aveva acceso di buon’ora il caminetto nella sua camera, come piaceva a lei, nulla poteva riscaldare il freddo glaciale che la percorreva da capo a piedi, procurandole dei brividi che la facevano tremare.E’ solo il solito freddo psicologico, il freddo dell’anima, che tu ben conosci e non è influenza, lo sai benissimo e non hai bisogno di sentirtelo dire da me ogni volta!” Questo le ripeteva con voce ancora impastata per il sonno,il suo analista al cellulare, il prof. Ugoletti Fortunato. Lei annuiva, scocciata per la risposta conosciuta, mentre con una mano teneva l’eterna tazzina del caffè,bevanda che adorava da una vita e nell’altra la solita prima sigaretta del mattino.Sarà anche freddo psicologico” si diceva nervosamente tra se e se,ma io sto gelando e tremo, tra poco mi verrà un attacco di panico da farmi rotolare in terra come un tossicodipendente in piena crisi d’astinenza. Tutto questo mentre urlava a Rosina di aggiungere altra legna nel camino. Urla nevrotiche,  urla da climaterio, diceva lei, ridendoci su, con una voce così stridula e sgradevole che non si riconosceva più. Rosina le rispondeva con la solita amorevole pazienza di stare tranquilla e calma,  glielo diceva dal salone principale,cioè dall’altra parte della casa, così Ninuccia,avendo anche perso un po’ di udito nell’orecchio sinistro se lo faceva ripetere almeno tre volte. Nonostante le consuete tre volte, stamane Rosina non riusciva a calmarla.La voce antipatica che si ritrovava,  l’aveva cambiata anni prima, dopo un intervento alla tiroide durante il quale il chirurgo per sbaglio, le aveva toccato una corda vocale, facendole nascere questa specie di corvo gracchiante in gola. Certo che gliene erano successe di cose, da Castrolibero fino ad oggi! Come aveva fatto a sopportarle tutte e ad arrivare così in alto, nonostante il destino giocasse dei doppi tiri, barando in continuazione con lei? Se da una parte la riempiva di trionfi, successi personali, viaggi nel mondo, case ovunque, diamanti, uomini, e ogni bene voluttuario creato, dall’altra le toglieva giustamente, sempre un pezzo della sua anima e della sua salute.Era ancora avvolta nella sua splendida vestaglia rosa di chiffon, naturalmente di Dior, mentre appoggiata alla finestra guardava la neve cadere, ed ogni fiocco corrispondeva per lei ad una delle comodità e degli agi che stava volutamente per lasciare. Ogni fiocchetto di neve che si depositava in terra le faceva ritornare in mente un fallimento amoroso, o un premio conquistato a duro prezzo con una tenacia ed una forza sorprendenti, che non le appartenevano ma che inspiegabilmente nella sua lunga vita aveva dovuto tirare fuori.La decisione oramai era stata presa. Niente e nessuno l’avrebbe fatta desistere dal suo inconcepibile proposito, né tanto meno le avrebbe fatto cambiare idea.Testarda come un mulo di montagna sei! come una capra con il latte acido, come un montone rimasto solo per mesi e mesi”, le diceva sempre la sua adorata nonna materna, Nonna Divina. Divina di nome e di fatto per lei, avendola amata come sua madre non sapeva fare. Quella madre che non l’aveva voluta, quella madre che ora stava morendo in una lussuosissima casa di riposo per anziani, quella madre odiata e amata che doveva abortirla, così come aveva ordinato per lei. Quella madre alla quale lei attribuiva i suoi errori e i suoi disagi e per questo ed altro, Ninuccia raramente le faceva visita. Se avesse potuto l’avrebbe uccisa con le sue mani, a poco a poco, facendola soffrire come aveva fatto con lei, da sempre, togliendole un pezzettino di carne e di dignità per volta. Sarebbe stato troppo facile spararle un colpo in mezzo alla fronte, troppo comodo e di nessunissimo dolore per la madre.Una madre che avendo un rapporto ammalato  con il sesso maschile, le aveva inculcato nozioni fuorvianti su di esso. O meglio, le aveva fatto credere che ogni marito o uomo in generale,era un traditore per il solo fatto di possedere un pene tra le gambe.Le aveva fatto il lavaggio del cervello su tutti gli uomini, la mandava sempre con il padre Biagio, al Bar del paese come guardia del corpo,o al mercato, con l’ordine ben preciso di riferirle se si appartava con qualche sgualdrina. Povera Ninuccia! Non poteva lasciarlo un attimo, nemmeno se le scappava forte la pipì e chiedeva di assentarsi un minuto. Come un fedele cane da guardia, sempre incollata ai suoi pantaloni che sapevano di scarpe doveva rimanere e purtroppo diverse volte arrivava a casa con le mutandine bagnate, ricevendo non solo due schiaffi da sua madre ma anche un mare di insulti per come si era comportata. Ogni uomo che fosse veramente uomo per la madre, che di nome faceva Angelica, ma solo di nome, doveva avere un’amante ufficiale con la quale poter fare tutte quelle cose “sporche” che con una brava moglie non si fanno. In più doveva  possedere in ogni senso, diverse sciacquette da usare alla bisogna una mezz’ora e basta. Senza implicazioni sentimentali o tanto meno ricompense in denaro.Questo Ninuccia aveva imparato fin da bambina:uomo uguale a traditore, sempre, dovunque e con chiunque femmina,fosse anche un animale a quattro zampe! Cosa che purtroppo, succedeva spesso, in certi sperduti paesini di montagna, dove non c’erano leggi ed umanità, dove l’uomo o la donna, erano peggio degli animali stessi di cui abusavano puntualmente, per soddisfare impellenti e gravissimi bisogni sessuali. Persone ammalate di una solitudine così grave e severa che invece di essere seguite e curate da un buon medico se la prendevano persino con le povere bestiole!Che schifo! Che cosa orripilante” pensò Ninuccia, mentre le nuvole di fumo avevano invaso la camera da letto.Guardando le valigie di Louis Vuitton preparate sul letto, i beauty stra pieni, i bauli colmi, e la ventiquattr’ore con il portatile Ninuccia si fermò di colpo.Ma poi a cosa mi servirà tutta questa “robaccia”? domandò a Rosina incredula.Se voglio veramente ricominciare da meno zero, non posso portare con me un pezzo della mia attuale vita.” Aprì le valigie con una rabbia cieca e le svuotò completamente,le scaraventò tutte in terra,facendo un grosso rumore. Il rumore attirò Rosina in camera che con aria tranquilla le disse”Che cosa ti avevo detto io? Ti dovrò prendere la vecchia valigia di cartone che ho riposto nell’armadio del passato, il numero sei ,ci metteremo dentro gli indumenti indispensabili alla tua follia, le  medicine e poco altro. Se vuoi compiere la pazzia, fallo pure a questo punto, ma almeno usa l’intelligenza. Sei d’accordo con me?” Aspettando la scontata risposta, Rosina si mise a raccogliere gli abiti sparsi per terra,  cercò di ripiegarli sul letto in attesa dei nuovi ordini di Ninuccia, che ancora pensosa ma in sintonia con lei, le disse”Hai ragione tu, come quasi sempre in queste situazioni. Vai pure a prendermi la valigia marrone di cartone, ed io cerco di fare mente locale, grazie Rosa.”Intanto la tazzina del caffè era vuota, ne già voleva un altro, pensando a quando tra pochi giorni non avrebbe potuto più berne uno così buono e cremoso proprio come piaceva a lei.Posò delicatamente il piattino di Limoges dell’ottocento con incise le sue iniziali in oro, uno dei doni del suo secondo marito, mentre lo salutava per l’ultima volta, una smorfia di disappunto le disegnò una ruga sul viso.Incredula, leccava l’angolino della bocca dove spuntava la ruga.Avrebbe voluto piangere,anche solo una lacrima le bastava, ma non vi riuscì, non ricordava più quanti anni prima era riuscita a versare una.Cercò di concentrarsi solo sulle incombenze di lavoro, prese l’agenda di pelle scamosciata blu, per leggere ed annotare con cura e precisione le ultime commissioni da sbrigare prima della partenza.Chiamò ancora una volta Rosa e telefonò subito al Dottor Ambrosetti per accordarsi a voce sull’azienda e sui compiti da assegnare.Mentre era sotto alla cascata d’acqua della sua sala da bagno, si rimirava beandosi nell’immenso specchio di Murano inciso in oro zecchino, trovandosi ancora molto bella e piacente, nonostante quelle rotondità in più causate dagli squilibri ormonali.Non è poi così male avere due taglie in più di reggiseno! Non è vero Rosina?” Lo chiese con fare civettuolo e voce stranamente dolce, alla sua fidatissima amica, cameriera, sorella, consigliera che le allungava l’accappatoio bianco e le ciabattine di raso. ma la risposta, che non tardò ad arrivare, era sempre la stessa. “Mi pare di avertelo ripetututo milioni di volte, che quando eri magra e secca come un bastone, con una tavola da surf sul davanti non eri così appetitosa come ora, ma tu sono ben più di cinquanta anni che non mi credi! Quindi, rinuncio anche ora e ti dico che non sei bella e morbida, anzi sei proprio una brutta befana” disse Rosina, ridendo di gusto mentre riceveva in viso la spugna intrisa di sapone, che restituiva puntualmente a Ninuccia e iniziavano il solito gioco di quando erano piccole. Si buttavano acqua e schiuma addosso, fino a che anche Rosina era inzuppata fradicia. A furia di acqua e risate, spugne in faccia e urla sembravano bambine, mentre Ninuccia si stava calmando. Solo Rosa poteva permettersi di darle del tu, era talmente grande e forte l’amicizia ed i segreti che le univano, che a lei e solo a lei spettavano i compiti più importanti che riguardavano la vita vera di Ninuccia.Una Ninuccia segreta, intima e umana come solo Rosa conosceva, alla quale potersi rivolgere nella fiducia più completa.Solo Rosa aveva accesso a Ninni, diminutivo di Ninuccia, così come la chiamavano da piccina i suoi nonni.Ella non permetteva a nessuno di chiamarla così, ma Rosina poteva farlo. Questo la riempiva enormemente di orgoglio e riconoscimento estremo per Ninuccia: sorelle per sempre, per la vita e oltre.Questo si ripetevano nelle serate storte, quando dopo un paio di nocini  fatti in casa, ridevano di tutto raccontandosi di quando, piccine, si scaldavano dormendo abbracciate strette strette per il gelo e la paura, piangendo per quello che era successo prima a Rosina poi a Ninuccia.Il segreto terribile, complice l’alcool che ambedue non reggevano molto, chissà perché ma tornava puntualmente a galla.Lo so, sono la solita rompiscatole ma ti voglio bene, e non ti cambierei con nessuna al mondo!” In quel momento Rosina arrossì, le chiese se si era ricordata in mezzo a tutto quel caos,di stilare, verbalizzandolo, l’elenco completo dei gioielli, delle pellicce, dell’argenteria, delle proprietà immobiliari, delle auto, dei cavalli e quant’altro avesse accumulato e a quale delle due gemelle erano destinati uno per uno, non riuscendo a sapere quale disdicevole quantità ne aveva accumulato negli anni!Questo nel caso di esito negativo del suo viaggio, se lei per qualche motivo non fosse riuscita a ritornare indietro.Ne possedeva talmente tanti e tutti di rara e squisita bellezza, che Rosa con l’altrettanto fidato maggiordomo Aristide ci impiegò una settimana per inventariarli tutti.Perché strepiti così tanto?”, chiese Ninuccia mentre oramai aveva terminato di vestirsi e con grandissimo stupore entrava ancora, nei consunti jeans di mezzo secolo prima, i famosi Roy Rogers, e riusciva anche ad indossare la sua maglietta preferita la “Fruit of the Loom”, a manica lunga comprata con i primi risparmi.Strepito, perché se per caso mi sono sbagliata e ho distribuito male le tue porcherie, le tue adorate figliole mi sbranano! Quelle sono veramente figlie del Diavolo, non tue perciò amano solo le cose materiali, quelle non sanno nemmeno da dove si comincia a guadagnarsi un pezzo di pane al latte, noi invece.. vero Ninuccia?Hai ragione come sempre, sono veramente due ingrate pretenziose e non vedono l’ora di ereditare tutto quanto,anche se Pietro aveva già destinato loro una parte considerevole del suo patrimonio. Troppo per i miei gusti!Pover’uomo, non essendo mai divenuto padre le amava come fossero veramente sue figlie ed ha fatto per loro l’impossibile! Meno male che gli hanno voluto bene per davvero, se lo è meritato ampiamente al di là delle sue ricchezze.Se solo sapessero che dovranno dividere con un’altra persona tutto questo immenso impero, forse se ne starebbero un po’ più buone.Ma penso ce ne sia a sufficienza per tutti e tre i miei figli!Smettila Ninuccia, disse Rosina, mentre si faceva seria, lo sai benissimo che è morto, non c’è più, piantala di rimurginarci sopra….. è andata così e indietro non puoi tornare.”Ninuccia divenne di colpo rossa in viso come un pomodoro maturo e urlò”non è vero, non è morto!Io so che è ancora vivo, e lo troverò, dovessi morirci in quel paese.!”

Cari amici, dolci amiche, stamane sono serena e credo, contenta! Contenta per me è una parola molto grossa ed impegnativa. Da parecchio tempo non mi è più consentito usarla con facilità, anzi raramente affermo che sono contenta! Le situazioni pesanti da digerire nella mia vita sono ancora tante, le matasse dei miei gomitoli parecchio aggrovigliate, ancora ai giorn onostri, in queste ultime gelide giornata di dicembre 2012. Con la’Anno Nuvo, vorrei dipanarne ancora, ma per farlo ho bisogno di certezze, di sincerità totale, di affetto senza limiti e di essere “contenta e serena”. Non chiedo di meglio, sono pronta a dare in cambio altrettante certezze, sono pronta a mettermi in gioco ancora una volta, non mi tirerò indietro e giocherò le partite fino alla fine del torneo 2013. Dopo la serata magica trascorsa ieri sera, dopo i fiumi di chiacchiere che ho fatto con un’altra persona, stamane mi ritrovo senza voce, con il mal di testa perchè non sono più abitutata a fare mezzanotte e anche stamane con la temperatura scesa sotto lo zero, la mia cervicale si fa sentire moltissimo! Non importa, il cuore è leggero, la speranza è tanta, la fiducia che in questo mondo ci sia ancoraspazio per la parola amicizia  è immensa. Certamente bisogna andarci con i piedi di piombo, avere e dare dimostrazioni di stima e fiducia, riconquistare la sicurezza che sulla’altra spalla che ti viene offerta, ci puoi anche piangere tranquillamente, senza paura di essere derisa. Perciò, ho deciso di farvi un regalo di Natale: vi mando le prime parole del mio Romanzo più importante e a mio avviso significativo. Avevo ritenuto opportuno non divulgarne nennemo una riga a parte la sinossi, ma il mi ocuore mi dice di condividere con voi che mi leggete, un pezzettino della storia di questa stupenda Donna e Mamma, che si chiama NINUCCIA ERCOLANI. Lo faccio perchè credo che molte di voi si possano riconoscere in questo personaggio di pura fantasia, da me creato e partorito in due anni di lungo lavoro per ultimare il Romanzo. Vi voglio ricordare che tutti i personaggi che compongono l’opera, all’incirca una quarantina sono frutto della mia fantasia. Invece come scrissi qualche tempo tempo nella Sinossi, il paese di Castrolibero (Cosenza) e la storia degli scarpari è realmente esistita. Fa parte dell’economia di quel Paese, abbracciando un periodo ben delineato della loro storia che va ll’incirca dal 1925 al 1960. Ho ritenuto di legare la storia di Ninuccia alla storia di Castrolibero, mesciandola con fatica, studiando ogni aspetto del mestiere di Scarparo, cioè calzolaio. Quello che ne è uscito è nel libro, che mi auguro con tutto il cuore di vedere pubblciato nell’anno nuovo. So che no nsarà facile, dopo la triste esperienza del primo libro pubblicato, ma ora non ve ne parlo, non è il momento adatto. Per il momento godetevi l’incipit del libro con la richiesta, questa volta, bonaria naturalemente di ricevere commenti e pareri.Vorrei riceverne tanti, anche da chi dice di non avere il coraggio o il tempo di scrivermi: perdonatemi la franchezza, ma non ci credo! Per scrivere due paroline, anche modeste anche semplici, ma dettate dal cuore non serve una Laurea, serve solo buona volontà, simpatia e desiderio di comunicare con me. Nulal di più. credetemi, il tempo lo si trova, bastano due minuti per coltivare un’amicizia, per iniziarla o per mantenerla. Oppure più semplicemente per esprimere, ciò che si sente dentro al cuore, credetemi: scrivere è terapeutico ed è molto più semplice di quello che pensiamo. Con la scrittura si possono dire cose o esprimere pensieri, che a volte, con la voce non riusciamo ad estrappolare dalle nostre vene, anche se sono lì che desiderano uscire e non vedono l’ora di farlo! Io vi regalo queste prime righe, mi aspetto da voi, un  piccolo dono in cambio! Un abbraccio forte e sincero a tutti!



Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :