Ninuccia e le scarpe degli Angeli (primo capitolo).

Da Gattolona1964

Chiamò ancora una volta Rosina, telefonò al Dottor Ambrosetti per accordarsi sull’azienda e sui compiti da assegnare. Mentre era sotto alla cascata d’acqua della sua sala da bagno, si rimirava beandosi di quanto vedeva riflesso nello specchio di Murano, trovandosi ancora molto bella e piacente, nonostante quelle rotondità causate dagli squilibri ormonali.“Non è poi così male avere due taglie in più di reggiseno, non è vero Rosina?” Chiese con fare civettuolo e voce stranamente dolce alla sua fidatissima governante, l’amica di una vita intera nonché preziosa consigliera, che le allungava l’accappatoio bianco e le ciabattine di raso.“Te l’ho sempre detto che quando eri magra e secca come un chiodo, non eri così appetitosa come ora, ma tu sono ben più di cinquant’anni che non mi credi! Quindi, rinuncio anche ora e ti dico che non sei bella e morbida, anzi sei proprio una brutta befana!” disse Rosina ridendo di gusto, mentre riceveva in viso la spugna intrisa di sapone, che restituiva puntualmente a Ninuccia, iniziando il solito gioco di quando erano piccole. Si buttavano addosso acqua e schiuma sino a che anche Rosina era inzuppata fradicia. A furia di acqua, risate, spugne in viso e urla sembravano ritornare bambine, mentre Ninuccia si stava rilassando. Era talmente grande e salda l’amicizia ed i segreti che le univano, che solo a Rosina spettavano i compiti più importanti che riguardavano la vita vera di Ninuccia. Una Ninuccia segreta intima e molto dolce come solo Rosa Giudici conosceva, alla quale potersi rivolgere con fiducia assoluta. Solo Rosa aveva accesso a Ninni, così come, i loro nomignoli di quando erano bimbe. Ella non permetteva a nessuno di chiamarla così, ma Rosina poteva farlo: sorelle per sempre, per la vita e oltre. Questo si ripetevano nelle serate storte quando, dopo parecchi bicchierini di limoncello preparato da Rosina stessa, ridevano di tutto. Poi, all’improvviso si rabbuiavano, mentre affioravano i ricordi di quando per addormentarsi, si abbracciavano strette strette per il gelo e la paura, con lacrime calde a far loro compagnia. Piangevano sommessamente per non farsi sentire da Angelica,avevano sempre davanti agli occhi quello che era successo prima a Rosina, poi a Ninuccia. Il segreto terribile che condividevano, complice l’alcool che ambedue non reggevano molto, ritornava puntualmente a galla. “Lo so” disse Ninuccia, “Sono la solita rompiscatole, ma ti voglio bene e non ti cambierei con nessuna al mondo!” In quel momento Rosina le chiese, se si era ricordata in mezzo a tutto quel caos, di stilare l’elenco completo dei gioielli, delle pellicce, dell’argenteria, delle proprietà immobiliari, delle auto, dei cavalli e quant’altro avesse accumulato. Soprattutto di specificare a quale delle due gemelle erano destinati uno per uno, non riuscendo a sapere con esattezza quale disdicevole quantità ne aveva accumulato negli anni! Questo nel caso di esito negativo del suo viaggio, se per qualche strano motivo non avesse più voluto ritornare a Bologna. “Perché strepiti così tanto?” Chiese Ninuccia, mentre aveva terminato di vestirsi e, con grandissimo stupore constatava di poter ancora entrare nei jeans di mezzo secolo prima, i famosi Roy Rogers, riuscendo anche ad indossare la sua maglietta preferita a manica lunga, comprata con i primi risparmi. “Strepito perché se per caso mi sono sbagliata e ho distribuito male le tue porcherie, le tue adorate figliole mi sbranano! Quelle sono veramente figlie del diavolo non tue, amano solo le cose materiali! Quelle due non sanno nemmeno da dove si comincia a guadagnarsi un pezzo di pane al latte, noi invece.. vero Ninuccia?”.“Hai ragione come sempre, sono veramente due ingrate pretenziose e non vedono l’ora di ereditare tutto quanto, anche se Pietro aveva già destinato loro una parte considerevole del patrimonio. Una parte enorme, per i miei gusti! Pover’uomo! Non essendo mai divenuto padre, le amava come fossero veramente figlie sue, ed ha fatto l’impossibile per loro! Meno male che gli hanno voluto bene per davvero e lo hanno sempre rispettato, se lo è meritato ampiamente, al di là delle sue ricchezze. Se solo sapessero che dovranno dividere con un’altra persona tutto questo immenso impero, forse se ne starebbero un po’ più buone. Ma penso ce ne sia più che a sufficienza, per tutti e tre i miei figli!” “Smettila Ninuccia!” disse Rosina, mentre si faceva seria, “Lo sai benissimo che è morto, non c’è più, piantala di rimuginarci sopra, è andata così e indietro non si può tornare”. Ninuccia divenne di colpo paonazza in viso e urlò”Non è vero, non è morto! Io so che è ancora vivo e lo troverò, dovessi morirci in quel paese”. Così dicendo, era tale la rabbia e la convinzione che mise nel pronunciare la sua sentenza, che si strappò senza accorgersene una manica della maglietta, rimasta intatta per tutti quegli anni. Questi indumenti erano stati conservati con cura e canfora da Rosina che prontamente, prese ago e filo dal cestino del cucito ed iniziò un rammendo ad arte, anche se fatto in gran velocità. Poi estrasse da un vecchio armadio che si trovava nella soffitta, un Loden verde un poco sbiadito, che però faceva ancora il suo uso. Le prese anche quattro gonne di tessuto scozzese a ruota, i pantaloni a zampa d’elefante e le camicette di cotone un po’ sgualcite, ma che tutto sommato si erano conservate bene. “Ma i maglioni di cachemire? Almeno un paio li metto nella valigia di cartone? Chissà che freddo sentirai laggiù e se come penso non troverai i termosifoni, per le tue emicranie saranno guai!”. “Ma non se ne parla nemmeno di cachemire, stai scherzando vero? Non vorrai che mi riconoscano, ci sono i televisori e le radio, ed il mio viso potrebbero riconoscerlo.(fine primo capitolo, seguirà il secondo)



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