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N.K. Jemisin, I centomila regni

Creato il 26 novembre 2014 da Martinaframmartino

N.K. Jemisin, I centomila regniHo iniziato a sentir parlare di N.K. Jemisin ben prima che i suoi romanzi venissero tradotti in Italia. Per forza, i pochi blog che leggo con regolarità sono tutti americani o canadesi, quindi inevitabilmente leggo di libri che in Italia non sono ancora arrivati o non arriveranno mai. E la Jemisin era una di quelle autrici che non potevo non notare visto che il suo nome compare in diverse classifiche dei migliori libri fantasy e che le sue storie (romanzi ma anche racconti) hanno collezionato un discreto numero di nomination a premi quali Hugo, Nebula e World Fantasy Award.

La Inheritance Trilogy è composta da I centomila regni (The Hundred Thousand Kingdoms, 2010), The Broken Kingdoms, 2010, e The Kingdoms of Gods, 2011. A quest’opera è seguita la Dreamblood Series, composta da La luna che uccide (The Killing Moon, 2012), The Shadowed Sun, 2012, e The Fifth Season, previsto per agosto 2015.

Della Luna che uccide avevo già parlato, ma visto che l’ho fatto in un testo in cui ho divagato parecchio taglio le divagazioni e vi riporto qui il passo principale del discorso

 

La Jemisin sa scrivere. La storia scorre bene e i personaggi sono ben caratterizzati. L’ambientazione è decisamente originale. Nel risvolto l’editore ha scritto “un fantasy dall’ambientazione originale e affascinante”, e per una volta condivido le parole e non mi limito a considerare ciò che in genere sono, una semplice trovata pubblicitaria. Allora perché non leggerò il seguito di questo romanzo quando lo pubblicheranno?

 

N.K. Jemisin, I centomila regniIn parole povere, perché ho detestato le caratteristiche che rendevano originale quel mondo. Per me la storia della Jemisin era claustrofobica, anche se a un certo punto le vicende si spostano in spazi fisici piuttosto ampi (ma se la mente ha forti vincoli la sensazione di claustrofobia rimane).

Ora ho letto I centomila Regni. Cristina Donati mi aveva sconsigliato di farlo, sapete? Cristina è uno dei collaboratori di FantasyMagazine, il fatto che sia io a curare la sezione recensioni significa, fra l’altro, che leggo tutte le recensioni che arrivano in redazione, e ovviamente quando il libro mi incuriosisce parlo con il recensore non solo del suo testo ma anche del libro che ha letto. Il suo giudizio è basso, due sole stelle, voto che io ho assegnato poche volte. Però la recensione mi sembrava troppo positiva per quel voto, ero perplessa. Anche Cristina faticava a trovare le parole per indicare il problema del libro, a cui aveva preferito La luna che uccide. Io penso di preferire questo, però…

All’inizio mi piaceva. Davvero, mi piaceva il modo di scrivere dell’autrice e l’ambientazione che aveva creato. Per tutto il libro, ogni tanto, ha continuato a piacermi quello che leggevo. Peccato solo che mi piacesse ogni tanto, e che Cristina avesse ragione su tutti (tranne, per me, su quale dei libri fosse il più bello).

Yeine viene nominata erede al trono insieme a un paio di cugini che è meglio perderli che trovarli, e fin qui tutto bene. Ok anche con i salti indietro nel tempo, anche se non tutti sono strutturati ugualmente bene e a volte mi sono ritrovata ad avere qualche dubbio di troppo sulla politica locale. Forse solo non mi restavano in testa alcuni nomi, confesso che questa è stata una lettura molto frammentaria che certo non ha giovato al libro. Cristina punta il dito sulla difficoltà di inserire gli dei in una storia di esseri umani ed è vero, ci sono momenti in cui il rapporto è un po’ forzato. Va bene quel che ha combinato Itempas, ma ho forti dubbi su Enefa e soprattutto su come Yeine si relaziona a Nahadoth. Inframezzati al tutto ci sono state scene che mi hanno disturbata. C’è un certo compiacimento nella crudeltà, cosa che non posso perdonare.

Lo so, George R.R. Martin con le sue storie non ci va certo leggero. Eppure per me è diverso, mentre Martin scrive così perché è quello che sente ed è funzionale alla storia, altrove (e non mi riferisco solo alla Jemisin) mi sembra che ci sia la voglia di scrivere qualcosa che possa sconvolgere, quasi che l’autore sentisse il bisogno di affrancarsi dal luogo comune che la fantasy è costituita solo da favolette per bambini.

La Jemisin è troppo cattiva. Mi ha infastidita a tratti per quel che ha narrato, e in alcuni punti ho avuto l’impressione che la sua storia presentasse falle. Per dirlo con certezza dovrei rileggere il libro, cosa che non farò. È abbastanza probabile che le nostre strade si separino qui.



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