Il più brutale, esplicito boicottaggio è ovviamente l’assedio di Gaza e il rifiuto di contatti con Hamas. Su richiesta di Israele, quasi tutti i paesi occidentali hanno aderito a questo boicottaggio con inspiegabile impegno. Questo non è solo un assedio che ha lasciato Gaza in uno stato di carenza per tre anni. Né si tratta solo di un completo (e sciocco) boicottaggio di contatti con Hamas, salvo che per i negoziati sul soldato rapito Gilad Shalit. Si tratta di un insieme di boicottaggi culturali, accademici, umanitari ed economici. Quasi ogni diplomatico che cerca di entrare a Gaza per vedere con i propri occhi l’insopportabile scena viene minacciato da Israele.
Inoltre, Israele vieta l’ingresso a chiunque voglia portare aiuti umanitari. Dobbiamo notare che il boicottaggio non è solo contro Hamas ma contro tutta la Striscia di Gaza, contro tutti coloro che ci vivono. La flotta di navi che presto salperà dall’Europa per cercare di rompere l’assedio porterà migliaia di tonnellate di materiali da costruzione, case prefabbricate e medicinali. Israele ha già annunciato che fermerà le navi. Un boicottaggio è un boicottaggio.
Medici, professori, artisti, giuristi, intellettuali, economisti, ingegneri – a nessuno è permesso di entrare a Gaza. Si tratta di un boicottaggio totale che porta l’etichetta “Made in Israel”. Quelli che parlano di immorali e inefficaci boicottaggi lo fanno senza batter ciglio quando si tratta di Gaza.
E continuava… “ Tra i “boicottati” ci sono un pagliaccio che è venuto per organizzare una conferenza, un attivista per la pace che doveva partecipare ad un simposio, scienziati, artisti e intellettuali che suscitano sospetti di sostenere la causa palestinese. Si tratta di un boicottaggio culturale e accademico su tutti i fronti, il tipo di boicottaggio che noi rifiutiamo quando viene utilizzato contro gli israeliani.”. Il fatto nasceva dallo scandalo provocato in Israele dall’autorità palestinese che chiedeva il boicottaggio di prodotti realizzati negli insediamenti. Insomma perché loro si e noi no si sono presumibilmente chiesti a Gaza e dintorni. Sempre parlando di Boicottaggio basti fare un salto in dietro di qualche giorno, quando Israele impedì l’ingresso a Noam Chomsky che avrebbe dovuto tenere una conferenza all’Università palestinese di Birzeit presso Ramallah (Gaza). Torno allora al titolo del Giornale, che dice che Israele ha fatto bene a sparare. Se Feltri avesse ascoltato le voci di intellettuali ed esperti (per lo più Israeliani eh) in queste settimane, avrebbe sentito dire che ormai il blocco di Gaza da parte di Israele non sta ottenendo altro effetto che bloccare Israele stessa, e questa ulteriore dimostrazione di forza non fa altro che andare a sommarsi a questa situazione: adesso Israele è ulteriormente isolata politicamente nella regione, e anche a livello internazionale le cose non paiono prendere una piega migliore. Nell’articolo Feltri scrive anche che a prescindere da chi abbia attaccato per primo “c’è un dato non trascurabile: Israele è da sempre in conflitto con i Palestinesi, ma non lo è con il popolo sofferente e incolpevole, bensì con Hamas che non è un mite partito…”. Ma ne siamo sicuri? Siamo sicuri che la percezione di un palestinese bloccato per ore ai checkpoint, controllato e ricontrollato, boicottato (come abbiamo visto prima), o a cui vengono espropriate terre e impediti diritti sia proprio quella? Se provo anche solo per un secondo ad immaginarmi (ed è comunque difficile) in quella situazione mi trovo a pensare che l’istinto di prendere un sasso da lanciare contro un checkpoint sia molto, ma molto limitativa. A questo punto, come scriveva Gideon Levy “fino a che gli Israeliani non pagheranno alcun prezzo, nulla cambierà” e quel prezzo, oggi, forse dovrebbe essere una sanzione da parte della comunità internazionale.