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No more party songs: Mourning Beloveth – Formless (2013)

Da Silente
No more party songs: Mourning Beloveth – Formless (2013)Bisogna prepararsi adeguatamente prima di ascoltare i Mourning Beloveth, perché se il doom è genere per il quale si consiglia una proporzionata predisposizione emozionale/mentale, Formless, il nuovo lavoro del combo irlandese è più che mai un immenso macigno strisciante e sulfureo intriso di malinconica drammaticità: doppio disco, cinque canzoni da quindici minuti ciascuna (più un breve e violento episodio di quattro), è facile capire come la proposta musicale del quintetto sia ancora più ostica che in passato nonostante una certa, miracolosa accessibilità sonora nella costruzione e negli arrangiamenti, in fondo da sempre eccelsa qualità della band.
I riffoni lacerati e laceranti posseggono infatti quella sofisticata varietà da strutturare i lunghissimi brani, le melodie sono ispirate e ben pensate nel generare atmosfere ancestrali, tristi canti che non possono non rimandare a un’Irlanda assai più cupa di come è alcolicamente immaginabile di solito. Il growling potentissimo si incastra con soluzioni molto raffinate a clen vocals dal gran gusto teatrale, il ritmo è ovviamente lento ma devastante come l’avanzata di un carro armato, e quindi, per quanto gli 80 minuti di musica siano pressoché eterni, l’ascolto è sempre interessante, vario e ben lontano dal pericolo di monocorde monotonia, anche quando gli irlandesi si avventurano in territori totalmente acustici ma così espressivi e intensi da non sentire il peso della ripetizione e dell’ossessione sonora.   
La lunga parte strumentale che spezza Enthics on the Prencipice o le tragiche accelerazioni di Dead Channel sono forse i momenti migliori di un album maestoso e imponente, che pur continuando a ricordare Anathema e My Dying Brinde per certe, inevitabili soluzioni con cui in fondo deve fare i conti l’intero movimento doom-death, risalta per personalità e solennità.

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