Micio è tornato a casa. Un po' pelato sulla pancia dopo l'ecografia e un po' rasato sulla zampa per le flebo, in realtà è più coccolone e affettuoso che mai e ha pure ripreso peso.
In compenso dobbiamo proseguire con le terapie per qualche giorno: puntura di antibiotico al mattino, piccole flebo di soluzione idratante e antibiotico la sera.
Ora la bravissima veterinaria ha un bello spiegarmi che non c'è problema, che è facile, che basta sollevare la pelle poco più giù della collottola, che la flebo va giù in fretta. Io non ce la faccio. Pusillanime, non so fare le iniezioni. Mia madre e mio padre ridono di questa mia incapacità, ai loro occhi grave più o meno come se non sapessi attaccare un bottone. Mio marito sostene che se lui ha imparato a farsi le iniezioni, data la mia scarsa propensione a far da crocerossina, non vede motivi per cui debba continuare a ostinarmi nel mio rifiuto.
La prima iniezione glie la ha fatta lui, con il mio valido e indispensabile aiuto nel ripetere al gatto il mantra su-su-tranquillo-su-su. La prima flebo di nuovo lui con l'aiuto della veterinaria. Domani si replica, ma lui minaccia una trasferta, pur di inchiodarmi alle mie responsabilità.
E io ho cominciato a esercitarmi con gli aghi e le arance. Che almeno non miagolano.
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