«Ho odiato ogni minuto di allenamento, ma mi dicevo 'Non rinunciare. Soffri ora e vivi il resto della vita come un campione!'» Muhammad Ali
E' proprio necessario soffrire in allenamento per rendere al massimo in gara? Quanto paga nel podismo il "lacrime e sangue"?
Personalmente, penso che il detto vada inteso non letteralmente, ma come la capacità di perseguire i propri obiettivi sopportando rinunce, sacrifici, delusioni temporanee, in vista di un fine che attira. Questo poichè il dolore fisico ( pain) nel podismo è il più delle volte l'accendersi di una spia che prelude ad un possibile infortunio di cui la logica conseguenza sarebbe uno stop forzato.
Non sempre mi diverte uscire ad allenarmi, specie quando la seduta mi obbliga a seguire dei ritmi prefissati, sopprimendo la parte istintiva del mio correre. Trovo la giusta motivazione, il più delle volte, pensando che il mio "soffrire ora" significhi soffrire meno poi, in gara, oppure ricordando tutto l'impegno profuso negli allenamenti precedenti per arrivare allo stato di forma attuale, o ancora, per l'ambizione di migliorarmi. Così, dopo i primi chilometri della solita strada di cui ogni metro è stato marchiato con il mio sudore, l'inerzia mentale viene dissolta dal dinamismo del corpo. Il solo fatto di mettere alla spalle un pò di chilometri basta per motivarne altri. Insomma: no pain no gain lo intenderei come un concetto, che può essere applicato alla vita in generale: le conquiste sudate si apprezzano di più.